Aveva perso 25 chili, diceva di non riuscire a mangiare ma gli operatori del carcere credevano che simulasse. Antonio Raddi, detenuto nel carcere delle Vallette di Torino, morì a 28 anni per una infezione polmonare nel dicembre di due anni fa.

Dopo oltre 700 giorni il suo caso approda in tribunale, dove tra pochi giorni verrà discussa la richiesta dei familiari di Antonio di non archiviare l’inchiesta. La seconda consulenza tecnica ordinata dalla procura, la prima non era stata giudicata soddisfacente, parla di cure non adeguate.

Antonio, condannato per rapine, maltrattamenti ed evasione, entra nel carcere torinese delle Vallette il 28 aprile 2019 con il peso di 80 chili: a novembre la bilancia segna 50 chili, fino al decesso a dicembre.

Un caso che il Garante dei detenuti aveva segnalato più volte, ben nove, alla direzione dell’istituto di pena, sin dall’agosto del 2019, ma senza ricevere alcuna risposta. Antonio non era più in grado di mangiare e bere quando, come testimonia il suo compagno di cella, il 13 dicembre inizia a “vomitare sangue e defecare, e svenire”. Quella sera arriva il trasferimento al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria di Torino: nella stessa notte, alle 4:46, viene comunicato ai familiari del 28enne che Antonio è entrato in coma, fino al decesso alcuni giorni dopo. 

Bastano pochi giorni al Garante dei detenuti per presentare una denuncia sul caso: sulla scrivania del procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo c’è un fascicolo per omicidio colposo. 

Antonio, ex tossicodipendente con una patologia neurologica dall’infanzia, aveva conosciuto i collaboratori del Garante nel giugno del 2019, in occasione della sua domanda di un alloggio di edilizia sociale. Il 4 luglio Raddi, c’è scritto nella denuncia, “esprime un forte disagio per la restrizione all’undicesima sezione: lamentava di non avere un cuscino, un lungo periodo di trattamento con metadone, muffa nel cibo”. Il 7 agosto c’è la prima segnalazione scritta alla direzione del carcere, ma il 20 la risposta è chiara: “Non ci sono particolari criticità rispetto al suo stato di salute”.

La situazione quindi peggiora col passare delle settimane. “C’è un drammatico peggioramento dello stato fisico e psichico. Ha bisogno di supporto psicologico, ma sostiene di avere pochissimi colloqui con la psicologa e di avere visto solo una volta la psichiatra”, scrivono a settembre i collaboratori del Garante, mentre a dicembre è la referente del Serd a scrivere che Antonio “non riesce più a ingerire né solidi né liquidi”, col 28enne che si presenta al Garante il 4 dicembre successivo ormai in sedia a rotelle. Ancora il 10 dicembre il direttore rassicurava sulle sue condizioni: “Il soggetto è ampiamente monitorato”. Tre giorni dopo il collasso in carcere, il ricovero e il coma che lo porterà alla morte. 

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.