La lettera per frenare la scissione
Appello di 19 senatori a Grillo e Conte: “Fate pace o scompariremo”, ma Fico è Di Maio ancora non hanno deciso con chi stare…

Balcanizzato in due fazioni opposte e inconciliabili, quello che era il Movimento 5 Stelle si presenta oggi come un corpaccione senza testa. Contiani da una parte, grillini dall’altra, i maggiorenti si riorganizzano nelle due parrocchie provando a far presa su iscritti ed elettori. E, in mezzo, un gruppo di pontieri instancabili, ancora animati dal convincimento che non possa finire così, più per disperata mancanza di alternative che per un convincimento reale.
In attesa dell’epilogo finale, inevitabilmente, continua frenetica la conta nel Movimento tra i parlamentari – attualmente stimati intorno ad un centinaio – pronti a schierarsi con Giuseppe Conte e quelli fedeli a Beppe Grillo.
Si tratta, tuttavia, di una stima incerta e ondivaga. Non avendo capito chi può meglio garantire loro un nuovo giro di giostra in Parlamento, i miracolati delle Parlamentarie esitano sulla rivendita della lotteria dove andarsi a comprare il prossimo biglietto. Gli esiti variano a seconda della giornata, dei calcoli di ciascun eletto e dell’altalena emotiva collettiva. Sui 161 deputati a Cinque Stelle, secondo rumors di Palazzo, potrebbero essere una quarantina quelli disposti a passare con Conte. Tanti eletti al primo turno sarebbero, infatti, più orientati a restare con Grillo, anche considerata il niet del garante a derogare al tetto del secondo mandato, circostanza che favorirebbe i parlamentari alla prima nomina alle prossime elezioni. Vicini al comico genovese anche Carla Ruocco, il capogruppo Davide Crippa, Sergio Battelli e Vincenzo Spadafora.
L’ex premier, invece, potrebbe far perno su un consistente gruppo di potenziali “fedelissimi”: da Michele Gubitosa a Davide Serritella, da Alfonso Bonafede fino a Luigi Iovino. Ma è al Senato che Conte farebbe il pienone: qui si mormora potrebbero passare con lui gran parte dei 75 eletti. Vengono considerati a lui vicini rappresentanti di spicco della galassia pentastellata: la vicepresidente Paola Taverna, il capogruppo Ettore Licheri, Mario Turco, Vito Crimi e Stefano Patuanelli. Con i “neo-ortodossi” si schiererebbe, tra gli altri, Danilo Toninelli. Proprio oggi 19 senatori, tra i quali l’ex ministro delle Infrastrutture, hanno sottoscritto una lettera per chiedere di tentare una ricomposizione tra Grillo e Conte. Eppure, proprio a Palazzo Madama, si registra un ostacolo concreto per la formazione di un eventuale nuovo gruppo: la necessità di un simbolo che abbia partecipato alle ultime elezioni. I contiani potrebbero mutuarlo da un’altra forza politica (il Maie? Centro Democratico? IdV?) o costituirsi come componente del misto.
La difficoltà maggiore, anche per coloro che hanno le idee più chiare, resta la scelta in sé tra l’andare e il restare: seguire il nuovo (Giuseppe Conte) in un’impresa incerta e dai contorni ancora tutti da definire anche a livello economico, o restare nella casa del “padre” (Beppe Grillo) a raccogliere ciò che lo scontro risparmierà. «Devono parlarsi e risolvere. Ma se proprio ci faranno scegliere, vogliamo parlare faccia a faccia con l’uno e con l’altro», si sfoga un deputato. Così, per evitare fino all’ultimo minuto utile il temutissimo bivio, stanno scendendo in campo tutti i big del M5s – da Luigi Di Maio a Virginia Raggi – impegnati in un’opera di ricucitura incessante. Ma, se strappo sarà, si dovrà tener d’occhio il posizionamento di due pentastellati in particolare: il ministro degli esteri e il presidente della Camera Roberto Fico. Dalle loro mosse dipenderà molto. «Se Grillo non torna indietro, indice la votazione del Comitato direttivo e presenta la sua cinquina di nomi è finito tutto», si sarebbe lasciato sfuggire con i suoi Giuseppe Conte. È la bolla che sigilla il certificato di divorzio.
Le conseguenze della balcanizzazione potrebbero vedere in Virginia Raggi una prima vittima eccellente. La Sindaca di Roma infatti ha perso la maggioranza in Campidoglio e non esprime più alcuna maggioranza interna al M5S. Spalleggiata da Grillo e osteggiata più di una volta da Conte, ha visto abbandonare nelle ultime 24 ore quattro consiglieri comunali che si sono dimessi dal Movimento e dunque dal gruppo consiliare. Il M5S nella capitale aveva da poco vissuto l’abbandono di Marcello De Vito (doveva essere candidato sindaco a Roma, all’ultimo scelsero Raggi) che se ne è andato con Forza Italia, e praticamente non esiste più come organizzazione. Non ha una sede e un titolare, e nessuno risponde più a un organigramma, nelle more del tutti contro tutti.
Una situazione tanto paradossale da far dire agli esperti di campagne elettorali che chiunque oggi potrebbe andare a depositare una candidatura quale Sindaco dei Cinque Stelle, diversa o alternativa da quella di Virginia Raggi: nessun tribunale riconoscerebbe facilmente la legittimità dell’una rispetto all’altra. Non a caso ieri Raggi si è risvegliata da anni in cui si tiene al di fuori delle vicende politiche nazionali e ha telefonato a Conte ufficialmente per spendersi come mediatrice, in realtà per assicurarsi di essere ancora in sella come candidata a Roma anche presso la sua parrocchia. Certo, viene da pensare, se Raggi in questo finale melodrammatico pensa di mettersi al sicuro raccomandando l’anima a Conte, uno spiraglio si apre affinché i romani non la debbano più vedere neanche come candidata.
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