“L’anno appena trascorso ha visto la magistratura impegnata nel dare attuazione alle riforme del processo civile e penale varate nel 2022. Si è trattato di uno sforzo corale animato da grande senso di responsabilità e da scrupolosa attenzione agli aspetti organizzativi”, ha affermato la prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, aprendo ieri la cerimonia di inaugurazione dell’Anno giudiziario. La cerimonia, svoltasi alla presenza del capo dello Stato e delle massime autorità del Paese, è stata come sempre l’occasione per fare anche un bilancio dell’attiva giurisdizionale dell’anno appena trascorso. L’arretrato, pur con qualche diminuzione, resta sempre eccessivo. E lo stesso dicasi per i tempi di definizione dei processi, ancora troppo elevati rispetto alla media europea. Per la presidente della Cassazione, nonostante gli sforzi fatti, ciò sarebbe dovuto alla “rapida successione di leggi”, spesso “ispirate da logiche settoriali” e che determinerebbe quindi “pesanti ricadute sul funzionamento della giustizia, attesa la stretta interdipendenza esistente tra regole sostanziali e processuali e modelli organizzativi proiettati a garantire la corretta e utile celebrazione di processi nell’osservanza dei diritti fondamentali”. Fra le emergenze giudiziarie, per Cassano, al primo posto i femminicidi e poi le morti sul lavoro, oltre al sovraffollamento carcerario che ha ormai raggiunto livelli di guardia.

Il rapporto di fiducia con i cittadini

L’intervento del vice presidente del Csm Fabio Pinelli ha riguardato invece il rapporto fra il cittadino e la magistratura. “Una democrazia che non ha più fiducia nella classe politica e nella sua magistratura, così come nella scienza e nelle istituzioni educative, e smarrisce un nucleo condiviso di valori, è una democrazia in pericolo, aperta alle scorciatoie, perché svilita del senso di comunità”, ha esordito Pinelli. Il rapporto di fiducia con i cittadini “nasce dal rigore con il quale il magistrato esercita la funzione. I comportamenti di ciascun magistrato sono dunque decisivi, dentro e fuori l’esercizio della funzione”, ha aggiunto Pinelli, ricordando che “i comportamenti dell’un magistrato incidono sul riconoscimento sociale dell’altro magistrato”. “Il Csm è dunque chiamato ad un ruolo centrale e delicato di governo della funzione, anche nella sua dimensione deontologica: proporre un ‘modello’ di magistrato, autonomo e indipendente, calato nella logica dell’efficiente organizzazione degli uffici giudiziari”, ha quindi puntualizzato Pinelli.

Parla Nordio

Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio “quest’anno siamo chiamati a consolidare un’inversione di tendenza, proseguendo in quel profondo processo riformatore. Ora gli effetti cominciano a manifestarsi, in termini di abbattimento dell’arretrato e di riduzione dei tempi di definizione dei processi”, ha continuato, precisando poi che nel 2024 ci sarà l’opportunità “di entrare in una nuova fase in cui la giustizia è forza motrice di una rinnovata crescita del Paese”. “L’arretrato – ha ricordato Nordio – rallenta le procedure, disorienta i cittadini e allontana gli investimenti. La riforma che contiamo di attuare ci consentirà di recuperare buona parte di quel 2 percento del Pil la cui perdita è intollerabilmente gravosa per la nostra economia”. “L’elemento più significativo di questa fase di rinnovamento è la nuova cultura che chiamerei della conciliazione, per questo puntiamo sulle varie forme di mediazione in ambito civile e sulla giustizia riparativa in ambito penale. In questo settore daremo piena attuazione allo spirito del codice di procedura penale formato del mio illustre predecessore Giuliano Vassalli”, ha poi concluso il Guardasigilli.
“Va ribadito che ‘verità giudiziaria’ è solo quella raggiunta nell’osservanza del giusto processo di legge celebrato da magistrati ed avvocati.

Un esempio per tutti

Pretendere di sostituirla con improbabili indagini, abnormi plebisciti, significa distruggere le basi dello Stato di diritto e delle nostre libertà”, ha ricordato invece il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato. “Al diritto punitivo – prosegue il pg – non possono essere affidati compiti diversi da quelli propri. I fenomeni devianti vanno prevenuti anzitutto con adeguate politiche sociali e culturali. Un esempio per tutti. Il contrasto alla violenza di genere ha registrato risultati positivi grazie agli interventi del legislatore ed all’azione della magistratura, ma resta insoddisfacente”. Urge la “separazione delle carriere” ha infine sottolineato il presidente del Cnf Francesco Greco, invitando il legislatore a tenere sempre in considerazione “il diritto di difesa” costituzionalmente garantito. Anche per Greco, comunque, i tempi dei processi sono sempre troppo lunghi.