Apple continua ad investire su Napoli, ma la città non investe su di sé

La notizia è di quelle che lasciano ben sperare per il futuro di Napoli. Apple, il colosso americano della tecnologia, continua a investire nella Developer Academy di San Giovanni a Teduccio. I programmi della struttura, aperta in partnership con l’università Federico II, sono stati  estesi fino al 2025 e a breve sarà lanciato Alumni, un nuovo piano di risorse che garantirà agli ex studenti maggiori opportunità di sviluppo delle loro iniziative imprenditoriali.

Tradotto: più chance di formazione e lavoro in Campania, in particolare a Napoli e ancora più in particolare a Napoli Est, area protagonista di un drammatico processo di deindustrializzazione che rischia di culminare con la definitiva chiusura dello stabilimento della Whirlpool di via Argine. Il rinnovato impegno di Cupertino, dunque, è un segnale positivo soprattutto in un periodo in cui l’Italia, a cominciare dal Mezzogiorno, è chiamata a mettersi alle spalle la devastante crisi scatenata dal Covid. Chi ha un po’ di memoria storica, però, non può non ricordare quante volte certe iniziative si siano rivelate incapaci di innescare uno sviluppo economico, sociale e urbanistico nel territorio in cui sono state avviate. E questo per colpa non delle università e delle aziende che in quello stesso territorio hanno investito, ma delle amministrazioni pubbliche che si sono puntualmente rivelate incapaci di tenere il passo dell’innovazione.

Tutto ciò è evidente se si pensa al rapporto tra Napoli e le sue università, prima fra tutte la Federico II che resta quella più rappresentativa. Proprio quell’Ateneo, infatti, ha contribuito a costruire l’economia e l’identità di Napoli e dell’intero Mezzogiorno. Anzi, in alcuni casi ha plasmato il volto del territorio in cui operava e continua a operare, come testimonia l’esperienza della stessa Apple Academy di San Giovanni a Teduccio o quella di Monte Sant’Angelo. Troppo spesso, però, il Comune non è riuscito a seguire il percorso di sviluppo tracciato dai vertici dell’Università e dalle imprese. Basti pensare che il complesso di Monte Sant’Angelo è ancora privo di un collegamento ferroviario diretto e che il nuovo policlinico l’ha ottenuto circa vent’anni dopo l’apertura. E non bisogna dimenticare che, proprio a San Giovanni a Teduccio, studenti e docenti hanno dovuto fare i conti  con la sospensione del servizio tranviario legata al prolungarsi dei lavori sull’asse costiero da corso Garibaldi al Ponte dei francesi.

Senza andare troppo indietro nel tempo, non si può non cogliere un ulteriore paradosso: nel programma elettorale di Gaetano Manfredi, ex rettore della Federico II e ministro dell’Università che alle comunali guida la coalizione di centrosinistra, agli atenei sono dedicate solo poche righe. Che cosa vuol dire? Che serve un nuovo rapporto tra università, imprese e amministrazione comunale. Il caso della Apple dimostra che, nonostante i problemi che la affliggono quotidianamente e non certo da ieri o dall’altro ieri, Napoli riesce ancora ad attrarre gli investimenti di importanti multinazionali straniere. Per sfruttarne tutto il potenziale, però, occorre che la città investa innanzitutto su se stessa. Cosa che, nel corso dei decenni, non sempre è stata in grado di fare.

Ciò significa potenziare i servizi a tutti i livelli, in primis i trasporti, e avviare una radicale sburocratizzazione, d’intesa con  la Regione e il Governo nazionale. Altrimenti gli sforzi di tanti imprenditori, docenti e studenti resteranno vani e i poli culturali non saranno altro che cattedrali nel deserto. O, meglio, un monumento alla mancanza di visione e all’inconcludenza della classe politica.