Il consiglio straordinario dei ministri dell'Interno
Aprite i porti ai migranti, la Francia striglia l’Italia ma Piantedosi minimizza: “A noi nessuna richiesta”
Tra Parigi e Roma le “acque” diplomatiche restano agitate, tendenti a burrasca. Sui migranti la crisi resta aperta. E la Francia non fa nullo per nasconderlo. “Se Roma non prende le navi e non accetta la legge del mare e del porto più sicuro, non c’è motivo che i Paesi che fanno i ricollocamenti siano Francia e Germania”, avverte il ministro degli Interni francese, Gerald Darmanin, al Consiglio straordinario dei ministri europei degli Interni tenutosi ieri a Bruxelles dedicato all’immigrazione. I Paesi come “Francia e Germania sono quelli che accolgono le navi e sono gli stessi che accolgono direttamente i migranti dall’Africa e dall’Asia”, ha ricordato Darmanin. “È anche nei 10 punti del piano della Commissione europea il fatto che dobbiamo ricordare a tutti il diritto del mare, menzionare il fatto che le Ong che sono nel Mediterraneo ovviamente sono lì per salvare le persone e ovviamente in nessun modo possono essere equiparate a organizzazioni di passaggio. E va ricordato – ha sottolineato Darmanin -che i Paesi del Sud del Mediterraneo dovrebbero aprire i loro porti alle imbarcazioni, soprattutto delle Ong, che navigano nelle loro acque territoriali, perché a volte non vengono aperti i porti”.
Per Darmanin non si può tornare al meccanismo di solidarietà, “ma vediamo se l’Italia adotterà il piano d’azione della Commissione e rispetterà le leggi e l’accordo firmato solo qualche mese fa”. “Il fatto stesso che questo vertice si tenga qualche giorno dopo l’arrivo della Ocean Viking al porto di Tolone – sottolinea – mostra che la Francia è stata ascoltata, e l’Europa ha compreso la gravità della situazione”. “Ringraziamo la Commissione inoltre, con cui abbiamo lavorato molto in questi ultimi giorni, per il suo piano d’azione presentato che riporta i nostri punti e richiama all’adesione al Patto per l’asilo e le migrazioni, all’equilibrio tra la solidarietà e la responsabilità di tutti gli Stati, che evita le partenze e richiama al diritto internazionale e al diritto del mare”, ha aggiunto. Nei rapporti tra navi ong e Paesi Ue “il ruolo della Commissione è limitato ma, come precisato nel Piano d’azione, la Commissione è pronta a riattivare il gruppo di coordinamento Sar (Search and rescue) includendo Paesi di bandiera, Paesi rivieraschi e ong per trovare il miglior coordinamento tra questi attori diversi”, dichiara la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson.
«Dobbiamo parlare di creare un meccanismo obbligatorio di solidarietà per assicurare che ogni Paese in Europa condivida in modo uguale l’onere dell’immigrazione. Non è il tempo di agire da soli, ma per soluzioni europee», incalza il ministro greco per l’Immigrazione e l’asilo, Notis Mitarachi. «Negli ultimi 7 anni abbiamo avuto oltre un milione di arrivi in Grecia. Il Paese è stato un punto caldo di arrivi per la crisi in Siria, soprattutto nel 2015 e nel 2016. Il livello degli arrivi in Grecia è aumentato in linea con l’aumento degli arrivi in Europa. In generale devo dire che il meccanismo volontario ha ricollocato solo meno dell’1% del totale degli arrivi ai 5 Paesi mediterranei quest’anno», ha ricordato. Quanto alla Germania, continua a non voler vedere troppi impedimenti al lavoro delle Ong nel Mediterraneo ma è aperta a un codice etico, come richiesto, anche se con motivazioni e finalità diverse, da Roma e Parigi. Allo stesso modo, Berlino vuole andare più spedita con i ricollocamenti previsti dal meccanismo di solidarietà a patto che Roma rispetti le norme internazionali e salvi in mare le persone (anche se sulle navi delle Ong).
E l’Italia? Al termine del vertice Piantedosi, parlando con i giornalisti, si è detto “soddisfatto delle conclusioni” e ha aggiunto: “All’Italia non sono state fatte richieste”. Prima dei lavori una fonte qualificata aveva fatto sapere che il ministro dell’Interno avrebbe esposto “la posizione italiana rispetto alle linee programmatiche contenute nel piano d’azione in 20 punti presentato dalla Commissione europea lo scorso 21 novembre. L’Italia non presenta un piano per punti”. Insomma, si è scelto il low profile. La convocazione di un consiglio straordinario e la bozza di Piano d’Azione proposta dalla Commissione Europea rappresentano, ha proseguito la fonte, “un segnale di grande attenzione per le esigenze dell’Italia. La situazione impone però di agire con tempestività e l’appuntamento di oggi (ieri per chi legge, ndr) deve rappresentare il necessario punto di partenza per assumere decisioni su un dossier complesso, che va affrontato con politiche comuni Ue”.
Tradotto dal diplomatichese: l’Italia è sotto botta, quel Piano non piace perché troppo permissivo sul fronte Ong, ma la partita è ancora aperta. “Tra il titolare del Viminale e il suo omologo francese non erano previsti incontri bilaterali. E infatti non ci sono stati. Anche se potrebbero scambiare qualche parola se «dovessero incontrarsi”, aveva messo le mani avanti una fonte diplomatica italiana. “Il che la dice lunga sullo stato dei rapporti con i francesi. Non si potevano avere due paesi come Italia e Francia ad azzannarsi fra loro, ecco perché è stato presentato il piano d’azione: per ridurre la tensione politica”, spiega un’altra autorevole fonte europea. Ora l’orizzonte è il primo trimestre del 2023, con la presidenza belga.
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