Aqua e tera, il nuovo romanzo di Dario Franceschini: due donne che si amano nel turbine del fascismo

Dario Franceschini ha avuto un’idea molto bella per questo suo nuovo romanzo, “Aqua e tera” (La nave di Teseo, pagg. 159): raccontare un amore omosessuale tra una ragazza ricca, Tina, e una proletaria, Lucia, sullo sfondo del ferrarese negli anni terribili delle asprezze dei nuclei socialisti e le violenze dei fascisti.

Tina è della famiglia fascista dei Barilari, Lucia invece è una Callegari, socialisti o comunisti, e dentro questo doppio “scandalo” – l’omosessualità di due donne appartenenti a mondi politicamente nemici – si sviluppa tutta la drammatica storia. Nella cornice dei primi anni Venti del secolo scorso si staglia questa “storia semplice”, sciascianamente, raccontata con andamento minimalista, forse anche troppo in contrasto con l’alto spessore morale della vicenda. Piace sottolineare che chi ama Giorgio Bassani non può non provare un brivido a leggere del corso della Giovecca e di altri luoghi di quella città dove tanti personaggi delle “Cinque storie ferraresi” sono passati, e non lontano da dove – immaginariamente – Micol Finzi Contini trascorreva le sue giornate prima che la tragedia la sommergesse. E non v’è dubbio che l’aria umida del ferrarese, con le sue valli, gli stagni, il Po, il mare, avvolga alla perfezione questa storia delicata e torbida insieme, rafforzata da elementi storici reali (Matteotti scortato dai compagni, Mussolini che parla proprio dove Lucia e Tina si baciarono la prima volta, le squadracce di Italo Balbo, la rapida raffigurazione di don Minzoni, il parroco di Argenta massacrato dalle camicie nere).

La rivolta

Vita durissima, quella delle famiglie operaie e contadine, lavoro massacrante per due soldi: non è giusto. Inizia la rivolta. Verrà stroncata. Si alimenta la passione tra Tina e Lucia, mentre parallelamente cresce la violenza dei fascisti che porta con sé la distruzione dei sentimenti. Le due ragazze vengono presto scoperte: «Lucia e Tina si guardarono negli occhi, in silenzio, perché avevano terrore di tutto quello che stava per accadere, soprattutto avevano il terrore di non rivedersi mai più. Sarebbe stato bello fuggire e correre per la campagna tenendosi per mano, ma c’erano le inferriate a impedirlo, le stesse che avrebbero trovato attorno per tutta la vita». È una bella pagina nella quale si mescolano paura e amore, come in tutto il romanzo, nel quale dentro l’ineluttabilità della sconfitta emerge la forza della passione – amorosa e politica – in un microcosmo di grande umanità espressa da tutti i personaggi minori, soprattutto da quelli femminili.

Colpevoli solo di amarsi

Franceschini, entrato in una fase della vita nella quale l’impeto delle sue origini prorompe (quanto bel dialetto, “Aqua e tera” appunto), trova nel mondo di Ferrara e nel suo retroterra ideale (l’antifascismo, don Minzoni) la base giusta sulla quale modellare – con estrema semplicità che diremmo nel solco della letteratura della Resistenza – due figure femminili indimenticabili, “colpevoli” solo di amarsi.