Ieri mi è arrivato un avviso di querela da parte di un magistrato. Dico meglio: di un magistrato famoso. Lui sostiene che ho raccontato certe cose dei suoi processi senza sufficiente rispetto. Il giorno prima mi ero beccato un avvertimento feroce dell’Anm (l’associazione magistrati) la quale ritiene intollerabile che un giornalista si permetta di criticare un magistrato calabrese (anche in questo caso molto famoso) perché – dice – così si delegittima la magistratura. Criticate chi volete – sostiene l’Anm – il Presidente della repubblica, un segretario di partito, il papa e tutti i cardinali o Dio in persona, e passi. Ma un magistrato no, perché così lo delegittimate.

Di una sola cosa sono certo: che la querela del magistrato che mi è arrivata ieri (come un’altra trentina di querele di magistrati che ho in carniere), produrrà un rinvio a giudizio, anche se dovesse risultare ( e risulterà) assolutamente pretestuosa e infondata. Diciamo un semplice atto di intimidazione. In ogni caso passeranno diversi mesi prima che ciò avvenga. Invece è successo che il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha denunciato tre magistrati che gli hanno sequestrato illegittimamente la posta, violando l’articolo 68 della Costituzione che vieta categoricamente questi atti di sopraffazione nei confronti di un parlamentare, e i Pm di Genova, che erano stati incaricati di impostare l’azione penale, ieri hanno rilasciato un comunicato e hanno scritto che “dopo attenta verifica” chiedono l’archiviazione del procedimento avviato da Renzi.

Capite? Hanno scritto così: “dopo attenta verifica”. Ora dovete sapere che mediamente dal momento della denuncia al momento della richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione passano circa sei mesi. Talvolta, col sistema delle proroghe, molti di più. I Pm di Genova invece hanno risolto la questione in poco più di una settimana. Non solo, ma la hanno risolta a 48 ore esatte dal voto solenne del Parlamento che aveva confermato che nei confronti di Matteo Renzi era stato commesso un abuso. Se questo gesto fosse solo una sfida e uno schiaffo in faccia a Matteo Renzi non sarebbe una gran novità. Molto spesso le procure, e spessissimo i sostituti procuratori, spiegano al popolo che loro dei politici se ne infischiano, che possono trattarli come vogliono, trascinarli nel fango, qualcuno anche in prigione, senza bisogno di pezze d’appoggio. È loro facoltà. Loro la chiamano così: “sacra indipendenza della magistratura”. Indipendenza che vuol dire? Vuol dire potere superiore, incontrollato, discrezionale e insindacabile. Così la interpretano i Pm.

Ma stavolta la sfida della procura di Genova non è solo a Matteo Renzi. È alla Costituzione e al Parlamento. Dicevamo che due giorni fa il Parlamento ha preso a maggioranza larghissima, destra e sinistra (col voto contrario solo del partito dei Pm, cioè dei 5 Stelle) la decisione di sollevare il conflitto di competenze davanti alla Corte Costituzionale e di chiedere che la corrispondenza sequestrata illegalmente a Renzi, e distribuita con generosità ai giornali, non sia utilizzabile. Il parlamento non ha fatto altro che pretendere l’applicazione dell’articolo 68 della Costituzione, che è chiarissimo e non lascia nessun dubbio.

I Pm di Genova hanno voluto dichiarare formalmente che a loro la Costituzione non li riguarda. Sono superiori. Sono protetti dall’indipendenza. Non hanno l’obbligo di restare dentro le norme democratiche e dello stato di diritto. Qui noi, un altra volta, sommessamente, poniamo la stessa domanda al Presidente della Repubblica: non sarà il caso di intervenire? È in atto da diversi anni un atteggiamento sovversivo da parte di un settore non piccolo e molto potente della magistratura inquirente. Non sembra, a tutte le persone ragionevoli, che sia ora di fermare queste robuste frange, perché altrimenti la democrazia se ne va a quel paese?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.