Giorgia Meloni nomina la sorella Arianna alla guida della segreteria politica del partito. Il generale Vannacci con gli autori vari pubblicano il manifesto politico di una destra neocon/teocon. Due fatti distinti e separati che si tengono. Nella tempistica e a prescindere dalla volontà e dalla consapevolezza dei protagonisti. La prima nomina risponde all’istinto di conservazione della premier che dopo un anno di governo, finiti gli alibi, alla prova dei fatti e della prima vera legge di bilancio a sua firma, mentre inizia il cantiere della campagna elettorale per le Europee e i due vicepremier sono a duello per il secondo posto nella coalizione, ha deciso di fidarsi solo dei suoi fedelissimi. Vannacci & c. sono solamente gli ultimi apprendisti di una destra radicale delusa da una leader diventata europeista, atlantista e liberal nella gestione dei conti pubblici. Più Thatcher che vecchia missina. Un torto per molti. Una delusione per altri.

La nuova Meloni ricomincia dunque da Arianna, dalla sua sorella più grande, descritta come “timida ed introversa” ma non per questo meno potente, dicono gli insider, visto la carriera meno appariscente ma ugualmente di lungo corso partendo dalla Regione Lazio e poi in via della Scrofa, sede del partito, dove si dice che da tempo controlli tessere, ruoli e incarichi. “Una decisone nell’aria da tempo” dicono i fedelissimi da cui non trapela mezzo cenno di stizza o disappunto. Blindati anche loro nel bunker. E’ una scelta anche questa. Arriva adesso solo perché la premier deve lasciare qualche dossier più laterale – ad esempio la gestione del partito – per mettersi a testa bassa su un autunno difficile, una sessione di bilancio senza soldi, missioni all’estero ed elezioni europee. Per non parlare di “altre ed eventuali” come la ricostruzione post alluvione, l’emergenza migranti e il caro vita. Non può occuparsi anche dei Fratelli d’Italia che, proprio perché si tratta di un partito cresciuto in modo vorticoso e in meno di dieci anni, hanno invece bisogno di una guida seria, certa, presente, fedele.

La nomina di Arianna: un segno di forza o di debolezza? Di certo è una blindatura. E quando un leader si blinda nel bunker dei famigli non è mai un segnale di forza. Lo dimostra la Storia. La ripresa dopo le vacanze – ben tre settimane segnate da molte incognite e parecchi flop della squadra di governo a cominciare dal dicastero di Adolfo Urso che inciampa di continuo tra caro vita e accise della benzina – racconta della costruzione di un bunker. A tenere unite le truppe in Parlamento, per evitare proprio durante la sessione di bilancio colpi di testa di qualche parlamentare che ha fatto al territorio promesse che non può mantenere, ci dovrebbe pensare un altro fedelissimo come il sottosegretario Giovambattista Fazzolari.

Evitare colpi di testa interni in vista della formazione delle liste per le Europee, sarà il compito di Arianna. La quale, va detto, per ora almeno non è riuscita a tenere a bada i colpi di testa lessicali e non solo del cognato d’Italia, ovverosia del compagno-marito il ministro Francesco Lollobrigida.

Così come, nel suo curriculum ci sono flop come la candidatura dell’avvocato Michetti a sindaco di Roma. La storia insegna che i bunker come i cerchi magici non sono mai buoni alleati per un leader. Chiudersi è sempre un segno di debolezza. Non cura le ferite, le aggrava. Che le correnti dei Fratelli d’Italia comincino ad alzare la testa e a chiedere il congresso del partito ne è la prova. “Serve maggior coinvolgimento” ha chiesto pochi giorni fa Massimo Milano, esponente con Fabio Rampelli, della corrente dei Gabbiani.

Serve il massimo della compattezza, delle determinazione e della concertazione” ha detto ieri la premier aprendo il Consiglio dei ministri e tracciando a grandi linee l’anno che verrà: legge di bilancio, spending review, immigrazione, riforme. Un vasto e ambizioso programma. Contro tutti i Vannacci che possono comparire all’orizzonte. Quella di gestirlo dal bunker non è una buona scelta.

Claudia Fusani

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