Le armi da consegnare all’Ucraina sono di nuovo al centro di una contesa feroce in Europa. Il conflitto tra Mosca e Kiev prosegue ma anche le tensioni in Unione Europea sugli aiuti militari da destinare alle truppe ucraine. L’offensiva nella regione russa di Kursk ha alimentato ancora più dubbi riguardo l’utilizzo delle armi europee nelle mani dell’esercito di Kiev. La domanda è sempre la solita: possono colpire in territorio russo o meno? Un quesito su cui i paesi Ue sono andati in ordine sparso.

Armi all’Ucraina, nuovo scontro in Ue: Borrell vuole togliere restrizioni a Kiev

A provare a richiamare all’ordine le capitali europee ci ha pensato oggi l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, in occasione del consiglio informale esteri a Bruxelles. Un vertice che ha visto la presenza anche del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Borrell è stato chiaro: “Le restrizioni all’uso delle armi date all’Ucraina devono essere revocate, ci deve poter essere pieno utilizzo per colpire obiettivi militari in Russia in linea con le regole internazionali“. Una posizione precisa, quella dell’Alto rappresentante, che ha rimarcato: “Le restrizioni devono essere rimosse per consentire agli ucraini di colpire i luoghi da cui la Russia li sta bombardando: altrimenti, l’armamento è inutile”.

Il timido e spesso incline a gaffe Borrell, proprio ora che sta per abbandonare la sua carica, sull’utilizzo delle armi all’Ucraina è invece coraggioso: “L’Ucraina chiede questo. E oggi, avere con noi il ministro Kuleba sarà un momento importante per far capire a tutti il perché. Dopo le armi viene la diplomazia. Dobbiamo essere più proattivi anche in questo campo. Avremo uno scambio di informazioni sulla nostra attività globale e sentiremo parlare del piano di pace del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quindi, il primo punto della nostra intensa riunione di oggi riguarderà l’Ucraina, il sostegno militare, il sostegno diplomatico, l’abolizione delle restrizioni e l’aumento del nostro sostegno a questo popolo coraggioso che ha sorpreso il mondo lanciando un attacco audace contro la Russia, dimostrando che la narrativa di Putin era completamente falsa”.

L’Ucraina: ritardi nelle consegne di armi, possiamo sconfiggere la Russia

Kuleba, da Bruxelles, ha cercato di spronare gli alleati europei: “Possiamo sconfiggere la Russia, lo abbiamo dimostrato una volta di più. Ma dobbiamo poter colpire gli obiettivi militari legittimi dentro la Russia, gli aeroporti da dove partono gli attacchi per l’Ucraina, se abbiamo missili sufficienti e possiamo colpire gli obiettivi, ridurremo la pressione sulla infrastrutture critiche”. Il ministro ucraino poi ha commentato sia gli sviluppi del conflitto sia le conseguenze del ritardo europeo: “Abbiamo mostrato che le linee rosse della Russia sono vuote, non c’è paura per una escalation”. “Ma ci sono troppi ritardi tra gli annunci degli aiuti militari e le consegne, sono ritardi che paghiamo con vite umane“, ha aggiunto Kuleba.

Il problema dei ritardi nella consegna delle armi all’Ucraina non è posto solo da Kiev. Anche la Lituania, infatti, ha sottolineato l’urgenza degli aiuti militari. “Da giugno l’Ucraina non riceve munizioni, i Patriots promessi non sono stati ancora consegnati. Allora io mi domando: non siamo anche noi parte del problema?”, ha affermato Gabrielius Landsbergis. Il ministro degli Esteri della Lituania ha poi rimarcato il concetto: “Sappiamo che alcuni aiuti promessi nel 2023 saranno consegnati solo nel 2027 ma intanto i titoli di giornale sono usciti: creiamo una narrativa per dire ai nostri cittadini che combattiamo per il bene ma poi quando si tratta di andare al sodo le cose cambiano. E Putin invece ha partner affidabili, come la Corea e l’Iran”.

L’Ungheria sbarra la strada

L’invito di Borrell e l’appello di Kiev sono però stati ignorati dall’Ungheria. Anzi, Budapest ha risposto criticando duramente la proposta dell’Alto rappresentante. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha parlato di “proposte sconsiderate da Bruxelles sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente. La pericolosa furia dell’Alto Rappresentante deve essere fermata. Non vogliamo altre armi in Ucraina, non vogliamo altri morti, non vogliamo un’escalation della guerra, non vogliamo un’escalation della crisi in Medio Oriente. Oggi continuiamo ad adottare una posizione pacifica e di buon senso”. L’Ungheria, ancora una volta, dice di voler fermare l’escalation della guerra. Con questa motivazione ostacola le iniziative dell’Ue a favore dell’Ucraina.

Per Szijjártó, “è brutale vedere sulle piattaforme di condivisione video i filmati di poveri ucraini che vengono portati al fronte, dove la maggior parte di loro rischia una morte quasi certa. Dobbiamo porre fine a questa follia e quindi alla guerra in Ucraina”. “Se verranno portate sempre più armi in questa regione, se verranno sferrati attacchi in profondità nel territorio russo, il pericolo di un’escalation aumenterà e questa guerra diventerà ancora più grave”, ha detto il ministro arrivando alla riunione di Bruxelles, che tra l’altro doveva proprio svolgersi a Budapest ma è stata spostata dopo i viaggi del premier Viktor Orban all’inizio della presidenza ungherese del Consiglio Ue tra Ucraina, Russia e Cina. Un’iniziativa non concordata dal resto dell’Ue.

Armi all’Ucraina da usare in Russia, l’Italia con Tajani si smarca

Se dall’Ungheria la proposta di Borrell è stata bocciata sonoramente, dall’Italia arriva un giudizio negativo ma più diplomatico. “Ogni paese è libero di decidere come è giusto utilizzare le armi inviate all’Ucraina. Noi non siamo in guerra con la Russia, anche la Nato non è in guerra con la Russia”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani arrivando a Bruxelles. Poi il leader di Forza Italia ha smarcato Roma: “Per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le proprie armi all’interno del territorio ucraino, poi gli altri Paesi decidono come gli pare”. Quindi, il governo di Giorgia Meloni continuerà a fornire le armi all’Ucraina, anche se ancora in maniera secretata, ma l’esercito di Kiev non potrà utilizzarle in territorio russo per difendersi dagli attacchi del Cremlino o per avanzare nell’offensiva di Kursk o altre regioni russe.