Parafrasando Ennio Flaiano, il caso Pd è grave, ma non è serio. Il gioco delle tre carte in cui si sono esercitati (per la seconda volta in due mesi) i suoi europarlamentari a Strasburgo, contrari all’uso delle armi occidentali nel territorio russo, vero punto cruciale della votazione, e favorevoli all’uso delle armi occidentali nel territorio russo (avendo poi approvato l’intera risoluzione del Parlamento, e quindi il punto in questione), ricorda certi trucchetti a cui ricorrevano negli anni Settanta i compagni trotzkisti nelle sezioni del Pci, per stare dentro al partito stando però fuori.

Posso capire Lucia Annunziata, che una volta definì quello ucraino un “popolo di badanti e cameriere”, ma l’urna disertata dai cosiddetti “riformisti” dem lascia basiti. Credo che nessuna persona assennata possa invocare la libertà di coscienza (e infatti nessuno l’ha invocata) su una scelta strettamente politica. Devo quindi arguire che si è trattato solo di una condotta opportunistica, dettata esclusivamente da meschine ragioni di cucina di partito.

Se vale la motivazione ufficiale, cioè che non siamo in guerra con Putin e non vogliamo un’escalation militare, si tratta di una risibile menzogna (lasciamola ai ministri Tajani e Crosetto). Se invece vale soprattutto la preoccupazione di non inasprire i rapporti con gli alleati del “campo largo”, si tratta di una poco lungimirante forma di ipocrisia politica (“la prudenza dei pusillanimi”, la chiamava Roberto Gervaso). La verità, come recita una delle “Massime” di François de La Rochefoucauld, è che se ci abituiamo essere ipocriti con gli altri, finiamo per essere ipocriti con noi stessi.