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Arriva hyperloop, il treno di Musk che collegherà Roma e Milano in 30 minuti

Da quando c’è la linea di alta velocità tra Roma e Milano, la tratta aerea tra Fiumicino e Linate è disertata da molti viaggiatori. Per andare dal centro di Roma al centro di Milano, si devono fare diverse tappe intermedie. Senza mezzi propri, per raggiungere Fiumicino occorre prendere un taxi, o il treno espresso dalla stazione Termini. E poi all’aeroporto c’è la liturgia del check-in e dei controlli.
«Mi dispiace, ma questo tubetto di crema ha un volume di 125 ml, superiore ai 100 ml consentiti».
«Sì, ma è quasi vuoto».
«Fa lo stesso, quello che conta è ciò che è riportato sull’etichetta».
«Mi scusi, ma il potenziale pericolo è il tubetto, o il contenuto del tubetto? Non vede che il tubetto è completamente schiacciato? Il volume riportato in etichetta è di quando era pieno, mica di adesso».
«Noi applichiamo il regolamento. Se ha delle rimostranze da fare, si rivolga alla direzione dell’aeroporto. Adesso, per favore, si tolga, che rallenta la fila…» (true story).
E poi l’attesa per il decollo, l’atterraggio, il trasferimento dalla pista all’uscita e si è a Linate. Non molto distante dal centro, ma che comunque centro non è. E allora altri mezzi pubblici di trasporto.
Il tempo di viaggio complessivo, salvo contrattempi, è ancora inferiore alle due ore e cinquanta del treno più veloce, ma la differenza è piccola. E ciò che più conta non è la quantità di tempo, ma la qualità. In tutti quei passaggi e trasferimenti, non c’è modo di fare un lavoro di concentrazione. Bisogna interrompere e riprendere spesso, in condizioni di obiettivo disagio. Sul treno veloce, invece, almeno in assenza di telefonatori compulsivi e viaggiatori diversamente rumorosi, è quasi come stare in ufficio (dove credete che stia scrivendo questo articolo?). Due ore e cinquanta dal centro di Roma al centro, o quasi, di Milano, in una situazione confortevole. Ma ecco che ti arriva la notizia della settimana scorsa. Vicino Lodi, la motrice di un treno “Frecciarossa” esce dai binari alla massima velocità, 280 km/h. Pressappoco quella di una macchina di Formula 1 sul rettilineo. Avete mai visto un incidente a quella velocità? Sono 80 metri al secondo.
In pratica, quell’edificio che vedete laggiù in fondo, lo raggiungete prima di aver contato “uno”. Oltretutto, lì non si trattava di un telaio leggero di un’auto di Formula 1. Quella era una locomotiva dal peso di diverse decine di tonnellate. Chi sa far di conto, può calcolare l’energia cinetica. Chi non si occupa di numeri sappia che, se la locomotiva avesse colpito un muro all’uscita dai binari, l’impatto avrebbe sprigionato un’energia confrontabile a quella prodotta dall’esplosione di una tonnellata di tritolo. Per avere un termine di paragone, una bomba aerea della seconda guerra mondiale ne conteneva dieci volte meno. La motrice non ha incontrato ostacoli all’uscita dei binari, per cui ha proseguito la sua corsa per qualche centinaio di metri ma, anche dopo aver percorso quella distanza, la collisione contro un edificio è stata tremenda e per i due macchinisti non c’è stato nulla da fare.
Pur nella tragedia, la fortuna è stata che è successo di primissima mattina e il treno era quasi vuoto. Inoltre, quando il locomotore ha deragliato, si è sganciato dal convoglio, evitando che tutto il treno uscisse dai binari. Si è parlato di errore umano, di malfunzionamento di uno scambio, ma le indagini sono ancora in corso. Certo, incidenti del genere non dovrebbero mai accadere, eppure, nonostante questi episodi, il treno resta il mezzo di trasporto terrestre più sicuro. La contabilità in certi casi è incresciosa, ma bisogna ricordare che in Italia i morti per incidenti stradali sono migliaia ogni anno. La sorte ha voluto che sia successo proprio alla vigilia della presentazione in Italia del progetto Hyperloop, del vulcanico imprenditore sudafricano Elon Musk, quello della Tesla, per intenderci. Non pago di aver creato questa icona della mobilità elettrica, di aver realizzato una supercentrale elettrica ecologica, di aver fondato un’agenzia spaziale privata e di aver fatto imbestialire astronomi e astrofili di tutto il mondo progettando la messa in orbita di 12mila satelliti artificiali -il doppio di quelli già presenti- per la connessione globale ad Internet (con l’effetto collaterale che i satelliti, riflettendo la luce del sole di notte, disturbano l’osservazione del cielo), se ne è inventata un’altra delle sue. I giapponesi sono stati i primi a costruire un Maglev, il treno a levitazione magnetica. Quindi non potendo essere il primo, Elon vuole essere il migliore. Un Maglev come il suo, i giapponesi se lo devono sognare!
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