Il fiocco è venuto bene. Fa esultare fino a definire “storica” la giornata e “storico” l’accordo. “L’Europa sa dare risposte concrete ai problemi” concordano le protagoniste. Tre donne: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e la commissaria per l’immigrazione Johansson. Ieri mattina a Bruxelles hanno illustrato il Nuovo Patto per l’Immigrazione e l’Asilo, l’insieme delle nuove regole europee che regolano gli ingressi in Europa.

C’è chi paragona il Patto all’accordo sui vaccini e al fondo Next generation Eu, i due passaggi recenti di questa complicata legislatura in cui l’Europa s’è fatta Stato – quasi – e ha cessato almeno per un po’ di essere somma di burocrazie tenute insieme da interessi economici. Ci sono voluti dieci anni per raggiungere l’obiettivo, dopo il tentativo fallito nella scorsa legislatura, terminata nel 2019. Il dossier è ripartito nel 2020 (a proposito di chi rivendica di averlo messo sul tavolo negli ultimi quattordici mesi). I provvedimenti più importanti hanno richiesto lunghe e intense trattative fino all’accordo raggiunto la notte scorsa, quando ormai albeggiava. “Questo patto garantirà una risposta europea efficace a questa sfida europea. Ciò significa che saranno gli europei a decidere chi verrà nell’Ue e chi potrà restarvi, non i trafficanti. Significa proteggere chi ha bisogno” ha commentato Ursula von der Leyen. Anche per la presidente Metsola “il 20 dicembre 2023 passerà alla storia” perché l’Europa contro ogni aspettativa ha concluso “probabilmente l’accordo legislativo più importante di questo mandato”. Il problema è che, a parte il fiocco, il pacco ben confezionato ha tutta l’aria di essere un paccotto per l’Italia.

Detta in due parole, è vero che ci saranno procedure di identificazione e asilo uniche per i 27 paesi membri; che la redistribuzione sarà obbligatoria (sebbene declinabile anche tramite rimborsi in euro ad un fondo europeo) e che i controlli agli arrivi saranno molto più rigorosi. Il problema è che i paesi di frontiera restano tali e dovranno comunque sopportare il peso di essere il luogo di arrivo, identificazione, smistamento e anche di trattenimento di chi non ha diritto all’asilo. Trattenimento obbligatorio in hot spot dice la norma. Con quale fondamento giuridico è da capire. In tutto questo non c’è come sempre una parola sulle espulsioni. Che sono e restano il vero problema da risolvere e che potranno essere risolti quando l’Europa si farà carico di trattare i rimpatri con i paesi di origine.

Il nuovo quadro legislativo riguarda cinque regolamenti, cinque cosiddette tessere legislative. Tra i punti principali: gli stati membri possono scegliere tra ospitare i richiedenti asilo o pagare un contributo in euro (le cifre sono fissate in base a numero abitanti e pil) ma dovranno fare una delle due cose; le domande di asilo saranno esaminate più rapidamente; miglioramento dell’identificazione all’arrivo con screening (riconoscimento facciale) obbligatorio dai 6 anni in su ed inserimento automatico delle impronte direttamente nel sistema europeo Eurodac; controlli sanitari e di sicurezza obbligatori per chi entra nella Ue in modo irregolare.

Si tratta di importanti passi avanti. Soprattutto per l’unificazione delle procedure. Ma non si supera del tutto il regolamento di Dublino, non si affronta il tema – veramente risolutivo – dell’asilo europeo e non per singolo Stato. E non viene affrontato il nodo delle espulsioni: chi, come, in base a quali accordi e dove vengano rimpatriati i non aventi diritto? Nel dettaglio ci sono procedure più rapide di asilo alle frontiere, che possono durare al massimo tre mesi. I richiedenti asilo respinti “dovrebbero” essere rinviati indietro in meno di 12 settimane. Il condizionale non è una licenza letteraria ma sostanza e fa la differenza: se non saranno rinviati, infatti, cosa succede? Restano negli hot spot italiani. Al momento ancora da costruire. Soprattutto, poiché le associazioni dei legali faranno ricorso in massa, ci saranno certamente alcuni magistrati che decideranno di disapplicare la norma. Italiana ed europea visto che il decreto Cutro aveva anticipato quando deciso ieri dall’Europa.

Un’altra novità è che vengono fissati nuovi criteri in base ai quali uno Stato membro è competente per l’esame delle domande di protezione internazionale, superando così in parte le norme del regolamento di Dublino, che obbligavano la presa in carico delle domande di asilo al paese di primo arrivo. Un criterio sarà certamente il ricongiungimento familiare. Se si crea uno stato di crisi – una pressione migratoria fuori controllo – il paese che la subisce coinvolge la Commissione che in due settimane valuterà il dà farsi. Polonia e Ungheria ostacolano soprattutto la parte dell’obbligatorietà (prendere migranti o pagare). Sul fronte del Parlamento europeo esultano tutti i gruppi di maggioranza, Ppe, S&D e Renew, mentre per La Sinistra “l’accordo segna la morte del diritto individuale di asilo nell’Ue” e “va a scapito dello smantellamento dei diritti umani in Europa.

Il Nuovo Patto è un inchino agli estremisti di destra e ai fascisti d’Europa. L’inasprimento delle leggi sull’asilo è stato adattato alle richieste dei Meloni e degli Orban”. Le organizzazioni umanitarie, da Amnesty al coordinamento delle ong, denunciano che il Patto “ridurrà i diritti delle persone in movimento” e la più ovvia conseguenza “è un aumento della sofferenza e dei morti in ogni fase del viaggio verso la Ue”. Il governo italiano plaude (lo fa il ministro dell’Interno Piantedosi) ma con giudizio. E la parte del nuovo Patto che sembra piacere di più è proprio quella in cui si spiega che “le procedure di asilo possono essere applicate alle frontiere esterne o alle zone di transito della Ue o in prossimità di esse”. Rientra per caso in queste categorie anche l’Albania? Ursula von der Leyen definì “interessante” il Protocollo Roma-Tirana, “una soluzione creativa ad un problema concreto”. Ad ogni modo palazzo Chigi non perde tempo. Se il Patto europeo avrà tempi di applicazione lunghi (come ammettono Metsola e Johansson), l’Italia si porta avanti con il patto albanese. Il disegno di legge di ratifica del protocollo sarà incardinato oggi nelle commissioni Affari costituzionali ed Esteri della Camera in sede referente. In un mese sarà tutto approvato. E pronto all’uso.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.