In queste sere invernali il freddo si fa sentire e un misto di malinconia e tenerezza ci prende nel pensare che anche qui, in Italia, molte persone passeranno probabilmente la notte al freddo. Anche quella di Natale. Senza contare che nelle nostre città ci capita spesso di incontrare delle persone ai margini delle strade che chiedono l’elemosina, un piatto caldo, un caffè. I cosiddetti “senza tetto” o “senza dimora” all’ultimo censimento ISTAT erano 96.197 persone così suddivise: il 62% è italiano, il 38% straniero, la prevalenza di genere è maschile. Nella percentuale degli stranieri più della metà proviene dall’Africa. Il 50% di queste persone si concentra in 6 grandi città italiane: Roma, che la fa da padrona con il 23%, a seguire Milano, Napoli, Torino, Genova e Foggia.

Tuttavia, secondo la fio.PSD, Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Fissa Dimora, nonostante sia un grande passo avanti l’aver almeno registrato per la prima volta in un censimento queste persone, la fotografia resta comunque parziale. L’elemento di positività è rappresentato dal fatto che a questo fenomeno sia stata data finalmente visibilità e riconoscimento, oltre al fatto che è diventato più semplice accedere alla “residenza fittizia”. Questa cosa, che può sembrare banale, in realtà cela dietro di sé alcuni diritti fondamentali come quello di voto, alla salute, al welfare, al lavoro. In qualche modo la “residenza fittizia” consente, comunque, alla persona “senza dimora” di essere riconosciuto come caso dai servizi sociali. Di contro, la rilevazione del censimento viene considerata solo puramente amministrativa e, pertanto, tralascia altri aspetti di marginalità che rientrano nel disagio abitativo intrecciato, irrimediabilmente, al disagio sociale.

L’esigenza di una lettura più profonda di questi dati, infatti, porterebbe tutti quegli istituti ed enti che lavorano a contatto con questo mondo di poter incidere di più anche a livello politico e programmatico in modo da non lavorare, come sempre, sull’emergenza. In questo contesto si inserisce la storia dell’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri di Via Flero a Brescia, conosciuto come “la Locanda di San Giovanni di Dio”. È lì infatti che Fra Angelo, la Dottoressa Francesca Simonini, coordinatrice e psicologa, insieme ad uno staff qualificato accolgono tutti i giorni dell’anno i “senza dimora”. La Locanda è un vero e proprio mondo di storie, volti, mani che si mescola insieme. Sono 24 i posti letto a disposizione, anche se l’Asilo Notturno non dà semplicemente un posto dove dormire: l’aver investito su personale altamente qualificato consente di operare un vero e proprio lavoro sugli ospiti. All’Asilo vengono garantiti un pasto caldo, una doccia e dei bagni dignitosi e anche la possibilità di essere accuditi e curati in casi di necessità sanitaria temporanea.

Tantissime volte, infatti, gli Ospedali della zona compongono il numero dell’Asilo e dei suoi responsabili per chiedere ospitalità temporanea per quelle persone ricoverate che non hanno più necessità di una assistenza costante e hanno superato il momento dell’acuzie. Il personale della Locanda cerca sempre di approfondire il più possibile la conoscenza con queste persone, in prevalenza uomini, creando una interazione maggiore per cercare di cogliere i diversi aspetti che, oltre al disagio, possano far intravedere anche lo spiraglio di riscatto sociale e quindi di un percorso. Per poter far funzionare il tutto servono regole molto stringenti e, per questo, della Locanda ci si prende innanzitutto cura e si richiede una serietà nel rispetto di un patto reciproco che viene stipulato fin dall’inizio con chi chiede accoglienza. Non viene lasciato spazio e tempo all’ozio: durante la giornata vengono organizzati anche laboratori oppure momenti conviviali da passare insieme con l’obiettivo della risocializzazione in termini inclusivi.

All’interno della Locanda il lavoro sugli ospiti è costante, sia di monitoraggio sia di confronto con loro. Imparare a convivere insieme, a rispettare orari, a considerare l’altro non solo come “coinquilino” ma come persona con la quale condividere un pezzo di strada insieme sono tutte cose fondamentali nel tempo che viene trascorso all’Asilo. Molte sono le culture che si mescolano insieme, spesso e volentieri: etnie, popoli e religioni diverse tutti sotto lo stesso tetto. Una grande opera di integrazione e di intercultura. Molti, che altrimenti starebbero in stazione, nei parchi, sotto i portici, all’Asilo trovano un luogo dove stare, un porto sicuro dove approdare magari dopo tanti momenti della vita complicati e difficili. L’Asilo è anche un ammortizzatore sociale e un cuscinetto importante per la sicurezza tanto che è costante la collaborazione con le Forze dell’Ordine e la Prefettura. Questo mondo è davvero incredibile e affascinante per le sue mille sfumature che sa prendere ogni giorno: l’Asilo Notturno è uno degli esempi di come, con volontà e professionalità, si possa provare almeno a garantire un posto meno freddo dove stare nel mondo sentendosi una volta tanto non più ai margini, ma a casa.