Potrebbe sembrare un tecnicismo. Ma la proposta di modifica costituzionale presentata in Senato dal meloniano Alberto Balboni è la cartina di tornasole di certe convergenze ideologiche tra populisti e sovranisti. Che hanno più cose in comune di quanto si pensi. E così l’inaspettato asse tra M5S e Fratelli d’Italia si materializza di nuovo su un tema spinoso come l’inserimento in Costituzione della tutela delle vittime dei reati. Parliamo di una riga di modifica all’articolo 111 della Carta Costituzionale. Poche parole, che stanno scomponendo gli schieramenti. Eccole: “La Repubblica tutela le vittime di reato e le persone danneggiate dal reato”.

Una frase che può apparire generica, ma che in realtà apre le porte a una ridefinizione degli equilibri del processo penale. Tanto più importante perché proposta dal presidente della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. La stessa commissione dove è iniziato l’iter del disegno di legge sul premierato, di cui proprio Balboni è relatore. Una modifica costituzionale a tema giustizia, che ridiventa improvvisamente attuale e accende il dibattito, anche alla luce di un contesto in cui FdI vuole cambiare la Carta attraverso l’introduzione dell’elezione del presidente del Consiglio. Sul tema della tutela delle vittime, però, ognuno pare muoversi a titolo personale. E fioccano i distinguo anche all’interno della maggioranza. Mentre la proposta di Balboni viene accolta favorevolmente dall’ex Pm antimafia Roberto Scarpinato, eletto senatore dei Cinque Stelle in quota giustizialista e legalitaria.

Un bel cortocircuito, per una maggioranza che spesso ha incrociato polemicamente le spade proprio con le toghe. L’ultimo episodio? Le dichiarazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto su presunti complotti orditi da alcuni settori della magistratura per mettere in difficoltà il governo di Giorgia Meloni tramite inchieste giudiziarie. “La legge garantisce i diritti e le facoltà delle vittime del reato”, recita anche l’ipotesi Balboni. Che, dunque, si propone di andare oltre l’attuale tutela della parte civile all’interno del dibattito processuale penale. Un terzo attore, oltre all’accusa e alla difesa, con piena cittadinanza processuale, che potrà quindi godere di tutte le norme dettate a garanzia della persona accusata. Il tutto elevato al rango di protezione costituzionale. Perciò se ne discute in Commissione Affari Costituzionali, con il coinvolgimento della Commissione Giustizia.

Da qui arriva l’assist di Scarpinato, il soccorso grillino. “Valuto positivamente la proposta, perché recepisce le indicazioni sulla tutela delle vittime di reato, e perché valorizza l’importante ruolo svolto dalle parti civili nell’ambito del processo penale”, apre l’ex Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo. Scarpinato prende a modello il processo per la morte di Stefano Cucchi e quello sulla bomba del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Entrambi esempi, secondo l’ex magistrato, dove le parti civili “hanno favorito la possibilità di reperire di elementi probatori che altrimenti sarebbero rimasti ignoti al pubblico ministero”. E ancora Scarpinato: “L’aumento di una tutela costituzionale per le vittime di reato supererebbe altresì le limitazioni presenti nella riforma Cartabia, che reca disposizioni di natura esclusivamente risarcitoria e trascura il danno morale subito dalla vittima, che potrebbero più efficacemente essere valutate sul piano della legittimità costituzionale”.

Da Fratelli d’Italia rimangono in silenzio, ma cova sotto la cenere il dualismo tra l’ala più law and order di derivazione post-missina e gli esponenti di tradizione liberale e garantista, come il ministro della giustizia Carlo Nordio, ma anche il titolare della Difesa Crosetto. Una divaricazione tra diverse sensibilità interne a FdI che prima o poi potrebbe esplodere. Perciò Via della Scrofa ha interesse a tenere bassi i toni della polemica sulla modifica dell’art.111 della Costituzione, anche per non pregiudicare il percorso verso il premierato. Da Forza Italia, invece, esprime perplessità il capogruppo in Commissione Giustizia Pierantonio Zanettin, di professione avvocato.

Zanettin avverte sui rischi della modifica proposta dal collega di FdI: “In tempi recenti si è imposta l’idea sostenuta anche da robuste campagne mediatiche che la sentenza pronunciata dal giudice debba essere il più possibile aderente al concetto di giustizia proprio della parte offesa. Il fenomeno prende a tal punto piede che le stesse Corti di assise hanno finito per essere fortemente condizionate dall’opinione del pubblico e dalla stampa con conseguente pregiudizio delle garanzie costituzionali”.

Non a caso, una proposta simile è stata fatta alla Camera a luglio da Luana Zanella, di Alleanza Verdi e Sinistra. Dalla Lega arriva l’avvertimento di Erika Stefani: “Andrebbe attentamente valutato il rischio di arrivare a configurare il processo penale come una sostanziale composizione degli interessi contrapposti delle parti”. Per l’opposizione frena il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto: “Il processo penale non è solo una questione tra la vittima e l’autore del reato”. Scalfarotto denuncia “una pericolosa tendenza alla privatizzazione del processo penale che tende ad assecondare le emozioni legittime delle vittime e il loro apprezzamento o meno di una sentenza”. Il senatore di Iv conclude: “Il protagonista di un processo penale non è soltanto la parte lesa ma, appunto, anche il popolo italiano il nome del quale si emettono le sentenze”.