Oggi finalmente sapremo quale sarà il risultato della contesa tra la lista del consiglio di amministrazione e quella di Caltagirone per l’elezione dei componenti gli organi societari delle Assicurazioni Generali, innanzitutto presidente e amministratore delegato. Quella che era stata inizialmente definita metaforicamente “ guerra” – una qualifica poi abbandonata quando si è vista la vera tragica guerra – è una “ confrontation” che si presenta per la prima volta nei 190 anni di vita della Compagnia, un tempo considerata la sola multinazionale italiana (con nascita austro-ungarica) e che oggi ha asset per oltre 700 miliardi e investe in titoli pubblici per circa 60 miliardi: in senso lato, anche un “patrimonio” del Paese. Di qui l’interesse per una vicenda che coinvolge aspetti giuridici, di governance, di mercato, del ruolo delle competenti Authority, naturalmente “di potere”, con riferimento ad assetti del passato e a spinte innovative.

Le due principali liste in competizione, oltre a quella di Assogestioni, si sono sfidate sui programmi, sulla loro composizione, sugli azionisti rispettivamente sostenitori. È stata condotta dalle parti una sorta di “campagna elettorale” nella quale la lista Caltagirone è apparsa nel ruolo classico di chi contesta le posizioni di coloro che sono in carica e lo fa sulla base di un programma che si mostra innovativo, quasi di svolta con lo slogan del risveglio del Leone di Trieste. Siamo lontani dai tempi di Enrico Cuccia, il nume di Mediobanca, principale azionista delle Generali, la quale, concorrendo anche un ordinamento di particolare favore, aveva nei confronti del Leone il potere di fare e disfare. Oggi le azioni si “contano” e non si “pesano”, come voleva Cuccia, patti di sindacato e assetti societari piramidali sono rigorosamente disciplinati, non esiste più, ed è bene che così sia, una “stanza di compensazione” del gracile capitalismo italiano e si può affermare il detto dello stesso Cuccia in una fase più avanzata della sua vita “vige il titolo quinto: chi ha i soldi ha vinto”.

Il fatto che si sia svolta la competizione e si siano potuti confrontare programmi, strategie e persone costituisce un evento di per sé positivo, che ha smosso un contesto che appare stagnante e ha bisogno della sferza della concorrenza se intende portare la Compagnia a ridurre il distacco in Europa nei confronti di Allianz, Axa, Zurich. Mediobanca avrà preso atto che i tempi non sono più quelli del grande banchiere Cuccia con tutto ciò che ne consegue, maggiormente se qualcuno arriva a considerare il Leone come una “public company” della quale, per la verità, mancano importanti presupposti. Oggi, con le votazioni effettuate con le modalità coerenti con la normativa anti-covid, siamo a un passaggio decisivo. Le voci, senza una chiara spiegazione, assegnerebbero il successo alla lista del consiglio che in tale organo sarebbe, dunque, nettamente maggioritaria – con un risultato, però, non affatto disprezzabile per l’antagonista schieramento Caltagirone che in termini di voti, da ultimo dopo l’adesione ad esso dei Benetton con circa il 4 per cento della Compagnia, non sarebbe molto lontano dai presunti vincitori.

Ma non c’è da fidarsi molto delle voci: occorre attendere oggi per verificare la conclusione di una competizione affrontata con grande impegno dalla lista dell’imprenditore romano. Ma, ammesso e non concesso che il successo sia della lista del consiglio, non è detto che non si apra una nuova fase di contrasti dal momento che la lista Caltagirone ha preannunciato nei giorni scorsi che valuterà la ricorribilità all’Autorità giudiziaria, per la cosiddetta prova di resistenza, se il successo eventuale dello schieramento avversario avrà un vantaggio inferiore al 6 per cento che rappresenta la somma dei voti relativi al prestito-titoli di oltre il 4 per cento assunto da Mediobanca, per rafforzare la sua quota di azioni a sostegno del consiglio, nonché ad azioni per oltre l’1 per cento vendute dalla De Agostini ma sulle quali avrebbe conservato il diritto di voto.

Si tratta, in effetti, di un “potere” di voto che è transitorio, dal momento che, da un lato, le azioni prese in prestito saranno restituite e, dall’altro, dovrebbe venir meno l’esercizio del voto stesso relativo ad azioni alienate, con la conseguenza anche che una successiva convocazione dell’assemblea per mettere in moto una eventuale nuova votazione registrerebbe “pesi” completamente diversi. Sarà possibile, allora, una “ pax” tra gli opposti schieramenti? Ma su quali basi? Le Generali hanno una grande storia; hanno avuto come impiegato il genio universale Franz Kafka, poi, meno noto, ma valoroso nel suo campo, il grande matematico Bruno de Finetti, quindi una serie di prestigiosi presidenti. Occorre uno scatto per essere all’altezza della migliore tradizione.

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Generali: in nuovo cda entrano 3 candidati lista Caltagirone
Nel nuovo Cda di Generali composto da 10 nomi proposti dal board uscente con Andrea Sironi presidente e Philippe Donnet ceo entrano tre candidati della lista del gruppo Caltagirone. Sono Francesco Gaetano Caltagirone, Marina Brogi e Flavio Cattaneo. Nel nuovo board di Generali per il triennio 2022-2024 dieci consiglieri su 13 sono stati candidati nella lista del cda uscente. Oltre a Sironi e Donnet ci sono Clemente Rebecchini, Diva Moriani, Luisa Torchia, Alessia Falsarone, Lorenzo Pellicioli, Clara Furse, Umberto Malesci e Antonella Mei Pochtler. Assogestioni non e’ riuscita invece ad avere un proprio rappresentante nel consiglio nominato dall’assemblea, durata nel complesso due ore e mezza, dal momento che la lista dei fondi italiani ha raccolto voti molto inferiori alla soglia di sbarramento del 5%.