Dai terremoti alle alluvioni: la storia d’Italia è segnata da grandi calamità naturali che hanno colpito larga parte del territorio nazionale dalla Sicilia al Friuli, dalla Campania alla Liguria. Il numero di questi eventi estremi continua a crescere, aggravato dalla crisi climatica. Secondo il recente Rapporto dell’Osservatorio CittàClima 2021 di Legambiente, nel corso del biennio 2020-21, l’Italia ha patito 1.118 eventi meteorologici estremi in 602 comuni. La casistica è varia: record di caldo, piogge intense, grandinate estreme, violente trombe d’aria e alluvioni. Nel 2021, nove persone sono morte per cause climatiche, per un totale di 261 morti in quasi 11 anni.

Le aree più colpite sono 14. Tra queste, molte città importanti: Roma, Bari, Milano, Genova, Palermo, Napoli. Altre aree fortemente colpite sono il nord delle Marche, la provincia di Cuneo, la costa romagnola, la Sicilia orientale, la costa agrigentina, il Ponente ligure, il Salento, la costa nord della Toscana e la Sardegna. I danni provocati da questi eventi catastrofici hanno un enorme impatto sul piano economico. Secondo il rapporto Sigma Natural catastrophes in 2021: the flood gates are open, in Italia, le perdite economiche totali causate dai disastri naturali sono pari a 58,1 miliardi di dollari. Il problema è che le perdite assicurate ammontano a 6,3 miliardi di dollari appena. Pertanto, il gap di protezione è ancora molto alto: dal 2011 al 2021 sono 51,8 miliardi di dollari (89%). «Nonostante la sua elevata suscettibilità alle catastrofi, l’Italia ha il più grande gap di protezione di tutti i paesi europei. Il suo divario di protezione per il rischio sismico è uno dei più grandi al mondo», si legge nel rapporto.

Una situazione grave, confermata anche dalle stime dell’Ania. L’associazione delle imprese assicuratrici segnala che solo il 5% delle abitazioni italiane gode di una protezione assicurativa contro terremoti e alluvioni. Questo a fronte di un rischio ‘catastrofale’ – alto o medio-alto – che riguarda almeno il 78% degli edifici adibiti ad abitazione. L’evoluzione dei cambiamenti climatici – tra questi, il processo di tropicalizzazione del clima alla nostra latitudine – non fa che acuire il problema, aumentando la frequenza di calamità derivanti da intense e improvvise precipitazioni. Secondo l’European Severe Weather Database, «Nell’ultimo decennio, gli eventi meteorologici estremi in Italia, tra cui forti piogge, grandine e tornado, sono più che quadruplicati da 348 nel 2011 a 1.602 nel 2021. Il rapporto Sigma sottolinea che «Alluvioni e frane si verificano in Italia più frequentemente di qualsiasi altro pericolo naturale. I principali fattori di rischio di inondazione sono le inondazioni improvvise, le piene dei fiumi e le colate di fango. Le regioni italiane più esposte sono la Liguria nord-occidentale e la Pianura Padana, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Veneto. Ma il rischio alluvione riguarda praticamente tutte le regioni, Sicilia e Sardegna comprese».

Allo stesso tempo, non lascia tranquilli il rischio sismico, tipica conseguenza della costituzione morfologica del nostro paese, dove almeno il 73% del territorio nazionale è potenzialmente esposto alla minaccia di terremoti. A causa dell’elevata densità di popolazione e dell’accumulo di valori immobiliari, inclusi molti monumenti ed edifici storicamente significativi, i terremoti sono il principale pericolo per l’Italia in termini di potenziale perdita finanziaria e umana. Sempre secondo il rapporto Sigma, «fino al 70% di tutti i comuni è potenzialmente esposto a terremoti». Come si difendono gli italiani da questi rischi continui? Bisogna purtroppo ribadire qui uno dei principali motivi di ritardo della cultura nazionale: l’estrema dipendenza dall’intervento dello Stato, considerato diffusamente come il protettore unico e assoluto dei propri cittadini. Ma l’esperienza racconta una realtà molto diversa. Lo Stato rimborsa i danni subiti dai cittadini dopo troppi anni dalla data dell’evento catastrofale. E solo parzialmente. In presenza di questi fattori – forte esposizione al rischio, bassa copertura assicurativa, inaffidabilità dell’assistenza pubblica – la protezione del proprio patrimonio immobiliare diventa impossibile.

Di conseguenza, la diffusione delle coperture assicurative è ancora troppo scarsa. Solo il 50% delle abitazioni civili ha una copertura contro l’incendio (a fronte del 42% del 2016) mentre solo il 5,1% delle abitazioni ha anche un’estensione contro gli eventi calamitosi. in crescita rispetto al 4,5% del 2020, al 3,2% del 2019 e soprattutto al 2% del 2016. Insomma, le cose migliorano, ma troppo lentamente. Spinte soprattutto dall’onda emotiva degli ultimi eventi calamitosi (dal 2009 a oggi oltre 40 alluvioni e diversi eventi sismici importanti a L’Aquila, in Emilia, in Centro Italia e a Venezia) invece che da un più razionale approccio preventivo. Secondo le stime dell’Ania, al 31 marzo 2021 esistevano nel mercato oltre 1,4 milioni di polizze con l’estensione alle catastrofi naturali (erano 1,2 milioni nel 2020, 826mila nel 2019, ma solo 440mila nel 2016), ottenute come somme delle polizze con la copertura del solo rischio terremoto (820mila), del solo rischio alluvione (287mila) e di entrambe le calamità (341mila).

Negli ultimi dieci anni lo Stato italiano ha speso una settantina di miliardi per ristorare – solo in parte – i danni da catastrofi naturali. Tutti erogati dall’Amministrazione pubblica, quindi dai contribuenti, e sempre dopo anni di ritardo. «È ormai evidente che è in atto da diversi decenni un trend all’aumento della frequenza e dell’intensità delle calamità naturali e crescono in misura esponenziale i danni provocati dalle catastrofi, sia nei Paesi avanzati sia in quelli in via di sviluppo. L’Italia, peraltro, è un Paese molto esposto a tali eventi e non è ancora dotata di un sistema di gestione ex-ante delle relative conseguenze dannose», ha detto la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, in occasione dell’ultimo Insurance Summit a Roma. A dispetto della crescente frequenza e intensità delle calamità naturali nel nostro Paese, non esiste ancora una legge organica che disciplini in via generale gli interventi statali quando viene dichiarato lo stato di calamità. Il finanziamento pubblico alla ricostruzione del patrimonio immobiliare non è prestabilito per legge, ma deciso ex post mediante stanziamenti non pianificati, con risultati di norma inferiori alle attese. In più l’errata convinzione dei cittadini di avere diritto a un ripristino totale a carico dello Stato, scoraggia la scelta autonoma e responsabile di assicurarsi con una copertura contro i danni da catastrofi naturali.

L’assicurazione di tipo volontario non basta più. I benefici fiscali previsti dal primo gennaio 2018 sono ormai un incentivo troppo blando per sollecitare la stipula massiva di polizze a copertura dei danni da catastrofe naturale cui vanno incontro le abitazioni private. Serve un sistema strutturato di gestione preventiva dei rischi catastrofali. La soluzione è nella mutualizzazione dei rischi. L’unica via che può garantire tempi certi e ragionevoli di risarcimento del danno, trasparenza nelle procedure, capacità di prevenzione, standard adeguati di sicurezza, opportune modalità di finanziamento della ricostruzione e ottimizzazione della gestione delle emergenze post-evento. Il sistema di prevenzione e protezione deve porsi due obiettivi. Primo: aumentare il livello di mutualità, rendendo più bassi i premi assicurativi per i cittadini (con un premio medio di circa 100 euro) anche per le abitazioni ubicate nelle zone a più elevato rischio. Secondo: sollevare le casse pubbliche da impegni economici molto ingenti.

Ecco perché è ormai maturo il tempo per proporre, contro eventi catastrofali quali terremoti ed alluvioni, uno schema nazionale di copertura assicurativa basato su una partnership organica e strutturale tra pubblico e privato. Come spiega la presidente di Ania, Maria Bianca Farina: «I modelli per realizzare questo sistema sono molti, anche se sempre basati su una collaborazione pubblico- privato. Sono disponibili progetti nelle varie modalità di applicazione della partnership e sulle varie modalità di finanziamento e adesione al sistema. Il decisore pubblico dispone quindi di ogni elemento necessario per decidere e il settore assicurativo è pienamente disponibile a supportare la scelta con modelli sui vari scenari e a farsi carico del ruolo che gli sarà assegnato».

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