Fa notizia, e giustamente, l’episodio negativo che riguarda giovani e giovanissimi. Fa decisamente molto meno notizia il lavoro quotidiano che tanti adulti fanno insieme ai ragazzi, nelle scuole, negli oratori, nelle associazioni. Utilizzando un “parolone”, potremmo chiamarlo “percorso educativo”, utilizzando parole più semplici potremmo dire che si accompagna i ragazzi a scoprire sé stessi, a formarsi una coscienza critica, a diventare adulti.

Ne è un esempio l’associazione Kayrós. Kayros è un termine che deriva dal greco che potremmo tradurre come “momento irripetibile”, vivere il Kayrós equivale a “lasciarsi educare da ciò che accade”. L’associazione nasce nel 2000 a Lambrate, un quartiere periferico di Milano, per iniziativa di don Claudio Burgio con persone e famiglie sensibili all’accoglienza di minori in difficoltà segnalati dal Tribunale per i Minorenni, dai Servizi Sociali e dalle forze dell’Ordine, seguendo comunità e percorsi di accoglienza con lo scopo di aiutare i ragazzi in difficoltà a guadagnare l’autonomia.

Nel tempo le comunità crescono, nascono nuove attività, tra cui i nuovi laboratori di cucina e catering, vengono organizzati eventi e incontri aperti al pubblico, i ragazzi offrono momenti di testimonianza nelle scuole e dovunque ci siano ragazzi.

Tanti sono gli adulti, i volontari, gli educatori che ogni giorno stanno con i ragazzi nei percorsi dell’associazione e ciò di cui questi giovani e giovanissimi hanno bisogno è quello che Don Claudio spiega bene in una recente intervista: “Hanno bisogno di adulti credibili, hanno bisogno di avere un rapporto serio con persone che sappiano in qualche modo incuriosire la loro coscienza e sappiano anche farla nascere, in alcuni casi. Hanno bisogno di adulti vicini credibili, che tendenzialmente siano coerenti, e non adulti che diventano come amici: questo è il vero dramma, una età adulta che si è liquefatta, non ha più autorevolezza, non sa più essere diversa dalla generazione dei figli”.
Storie diverse, per certi versi uniche, ma che hanno un comune denominatore, un punto in comune: la necessità di adulti, che accompagnino i ragazzi a scoprire il senso della vita e la bellezza. Non imponendo qualcosa ma accompagnandoli con la loro esperienza. All’entrata della sede dell’associazione campeggia una frase: “Non esistono ragazzi cattivi”. È un esplicito richiamo a noi adulti. Frase che è anche un libro di Don Claudio Burgio (Edizioni Paoline, 2010), che di fatto è il racconto testimonianza dei primi anni vissuti a fianco dei ragazzi del carcere minorile Beccaria di Milano, dove è cappellano e delle comunità Kayrós.

Ma come è possibile fare questo percorso? È proprio Don Claudio a spiegare: “Il perdono può trasformare il kronos in un kayròs, in una possibilità di cambiamento, in una occasione di ripartenza, diventando così la cifra decisiva di una dinamica che è insieme individuale e collettiva. Il perdono non ammette la dimenticanza, l’oblio; richiede invece di guardare in faccia l’errore commesso, di prenderne coscienza, di essere disposti a pagarne le conseguenze e insieme di considerarlo una tappa di un cammino che può diventare l’inizio di un’esistenza di segno diverso. Il perdono nasce dentro una logica rivoluzionaria, quella del dono, così diversa da quella sostanzialmente utilitaristica nella quale siamo immersi fino al collo. È l’unico antidoto all’irrevocabilità dell’azione, al sentirsi inchiodati in maniera irreparabile al proprio errore. E allora conta il sentirsi stimati, considerati anzitutto come persone prima che come autori di un reato, persone amate e alle quali può essere offerta una seconda possibilità”. Serve un percorso, nessuna “bacchetta magica”, serve una compagnia, servono persone che stimino i ragazzi, propongano loro una strada da fare insieme. Tutto il contrario di quanto normalmente accade.

Come raccontano da Kayros “è un cammino in salita, spesso lungo e faticoso, il perdono; ma opera un cambiamento, dà un senso compiuto all’umanità di una persona e contribuisce a rendere più umana la società tutta”. È un richiamo a tutti noi, adulti, perché il percorso educativo, di crescita spetta ai ragazzi ma ha bisogno degli adulti, di adulti che abbiano chiaro il senso della vita. Spetta a tutti noi, come una grande comunità, essere presenti con i giovani e sapere che ci sono tanti luoghi che aiutano chi ha bisogno. Tutto questo ci fa riscoprire che il percorso educativo non è semplicemente il compito della scuola, dell’oratorio, delle associazioni, ma il nostro compito e per far questo anche noi dobbiamo vivere il Kayrós e farci educare dagli avvenimenti perché è una “occasione irripetibile”.

Gabriele Toccafondi

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