La nascita è un caso, ma è un gran bel caso e un cognome può essere una grande fortuna o una grande maledizione. Se nasci figlio di un boss allora la maledizione inizia alla nascita e poco conta ciò che fai e chi sei, il marchio è indelebile. Vincenzo Polverino, figlio del boss Giuseppe Polverino, detenuto da tempo, è stato assolto dall’accusa di intestazione fittizia di beni. Lo ha deciso il giudice del tribunale Napoli nord. Per lui i pm avevano chiesto una condanna a tre anni e sei mesi di reclusione. Polverino era a processo assieme ad altri presunti esponenti dello stesso clan. Siamo a Marano e la storia è quella di Vincenzo Polverino.
È nato figlio di un boss, mica l’ha deciso lui. Ci è nato e basta. È incensurato. Decide di aprire varie attività commerciali tra Marano e la zona flegrea: pub e macellerie per la precisione. Entra nel mirino della Procura, anzi, ci è nato. Il suo cognome lo precede, nasce attenzionato dai Pm. Così nel 2020 le sue attività vengono raggiunte da interdittiva antimafia, Polverino è costretto a chiudere una macelleria e un’hamburgheria a Marano. «Lascio dopo 5 anni meravigliosi, conscio che non posso cambiare il mio stato di famiglia. Ho combattuto invano contro il pregiudizio. Lascio tanti operai con le loro famiglie senza lavoro» scriveva sul suo profilo Facebook nell’annunciare la chiusura delle attività. Già… il pregiudizio.
«Per la giustizia Vincenzo Polverino è il “figlio di” e in quanto tale è votato a condurre determinate dinamiche di vita, non è così – commenta l’avvocato Giovanni Esposito Fariello, suo legale insieme con l’avvocato Raffaele Esposito – È estraneo a qualsiasi illecito. Era ed è incensurato». Eppure, è stato imputato in un processo salvo poi essere assolto perché il fatto non sussiste. «È un paese nel quale il profilo probatorio e l’investigazione per arrivare alla prova di responsabilità è evanescente, a Vincenzo Polverino sono stati contestati due episodi di trasferimento fraudolento di beni ma non sono emerse prove in questa direzione. Qual è invece l’ipotesi delittuosa? – argomenta l’avvocato Esposito Fariello – La finalità, secondo l’accusa queste due attività erano finalizzate a eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale. Ma la verità è che in questo processo nessuno ha accertato come, quando e perché sia avvenuta questa intestazione fittizia di beni con quello scopo, quindi mancava la precondizione dell’imputazione. Questa assoluzione – conclude – dimostra che esiste ancora la giustizia perché i giudici hanno verificato l’inesistenza dei profili probatori».
La sentenza, infatti, dice: assoluzione perchè il fatto non sussiste (eh lo so che a molti sembrerà assurdo). Ma i fatti dicono anche tanto altro, raccontano di attività aperte e chiuse, di famiglie senza un lavoro e di un ragazzo che è incensurato e che ha provato a scrollarsi di dosso un cognome pesante, ingombrante, giudicante più dei giudici. Polverino sarà stato pure assolto dalla giustizia in un’aula di tribunale, ma noi saremo capaci di assolverlo mettendo da parte i pregiudizi? No. Perché siamo impregnati di giustizialismo e perché chi nasce lì e con quel cognome non potrà mai avere un’altra vita. È così o no? Sì, sarà così fino a quando si continuerà a mettere un marchio a fuoco alla nascita.
Sei figlio di, sei nipote di, sei nato lì. La bilancia è il simbolo della giustizia, ma l’ago non può essere rappresentato da un cognome. «Bisogna recuperare i fondamenti del diritto – conclude Esposito Fariello – nelle aule c’è scritto “la legge è uguale per tutti”. Bisognerebbe invertire la frase e scrivere “tutti sono uguali davanti alla legge” e per finire la frase non so se metterci un punto, un punto esclamativo o un punto interrogativo…».