Ma rapporto "rischi-benefici" è positivo
Astrazeneca e il legame con trombosi rare: “Correlazione plausibile, ideale escludere donne under 55”

Il rapporto “rischi-benefici” è positivo ma l’ideale sarebbe escludere le donne under 55 dal vaccino AstraZeneca. A sostenerlo è Armando Genazzani, professore ordinario di Farmacologia all’Università del Piemonte Orientale e rappresentante italiano nel Comitato per l’approvazione dei farmaci dell’Ema.In una intervista rilasciata al La Stampa, Genazzani ricorda che “entro mercoledì si concluderanno gli approfondimenti sui rarissimi casi di trombosi cerebrale che hanno colpito soprattutto giovani donne. È plausibile che questi eventi abbiano una correlazione con AstraZeneca”.
Ma, “come dimostra l’esperienza inglese, è più efficace del previsto, ma ha un rarissimo effetto collaterale sulle giovani donne”. Sull’uso di AstraZeneca, l’Ema – l’agenzia europea del farmaco – suggerirà di valutare in base alla situazione pandemica nazionale e alla disponibilità di vaccini”.
“Ciò non toglie – conclude Genazzani – che il rapporto rischi-benefici resti positivo e che in una situazione di scarsità si possa dare a tutti, anche se l’ideale sarebbe escludere le donne under 55”. Poi bacchetta i Paesi che hanno limitato il vaccino dell’azienda anglo-svedese senza avere a disposizione dati completi. “Si sono mossi senza tutti i dati. Solo l’Ema ha il quadro completo, compreso quello del Regno Unito, il più grande laboratorio sul tema”.
Dello stesso avviso anche l’ematologo Pier Mannuccio Mannucci, esperto dell’Aifa, che definisce “discutibile” la decisione di Olanda, Canada, Francia e Germania di sospendere le vaccinazioni con AstraZeneca sotto i 55-60 anni. “È una scelta molto discutibile” dice al Corriere della Sera. “Le trombosi venose cerebrali post vaccino sono state osservate anche in persone sopra i 60 anni, non capisco la ragione per cui bisognerebbe prevedere un limite”.
“Le trombosi – spiega Mannucci – riguardano la coagulazione del sangue. Interessano le vene profonde della gamba e dei polmoni, colpiscono in Italia 60 mila persone all’anno, con un’incidenza di un caso su 1000. Quindi una patologia cardiovascolare comune. Le trombosi venose cerebrali sono invece un fenomeno molto più raro, un caso ogni 1-2 milioni di abitanti. Non c’è nessun rapporto con ictus e infarto, che sono trombosi delle arterie”.
Su un eventuale legame tra queste trombosi rare e il vaccino, secondo Mannucci “colpisce il fatto che una forma di trombosi già rara di per sé, segnalata in persone che avevano ricevuto il vaccino, sia associata a emorragie causate dalla diminuzione di piastrine. È una circostanza che in tanti anni non avevo mai osservato. Proprio la diminuzione delle piastrine ha generato il sospetto di un possibile legame con la vaccinazione in Germania, 31 casi su 2,7 milioni. È un fenomeno nuovo da investigare. In Gran Bretagna ci sono stati 30 casi su 18 milioni di vaccinati con AstraZeneca: l’incidenza delle trombosi rare non è aumentata”. I casi italiani sono “meno di una decina”.
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