Il palco più importante della destra
Atreju, il microfono acceso della politica italiana dove il potere si incontra, si ascolta (e si racconta)
Un evento che unisce leader, imprenditori e intellettuali di ogni orientamento: il focus? Le relazioni internazionali, punto forte del governo Meloni
C’era una volta la Prima Repubblica, con le sue tradizioni, i suoi riti, le sue consuetudini che tracciavano a cadenza fissa e immutabile il calendario politico della Nazione. Congressi, conferenze programmatiche, comitati centrali o assemblee nazionali, rappresentavano il motore propulsivo e rigenerativo, ma in un certo senso anche conservativo di un sistema fondato su una politica fatta di partiti forti, solidi, organizzati e capillari. Partiti che vivevano e nei quali si viveva ogni aspetto della vita nazionale.
Non c’era spazio in quel mondo per la frenesia moderna, per l’incalzante necessità di raccontare ogni piccolo particolare sui social, era una vita lenta (oggi agognata sui social), ma non meno emozionante e forse più autentica di quella in cui viviamo oggi. Era una politica partecipata, vissuta intensamente, fatta di momenti di ampia condivisione, collettiva, ma questo era anche un marchio indispensabile di quella stagione in cui le gerarchie si fondavano sulla partecipazione e condivisione degli iscritti.
Oltre alla vita ufficiale, ordinaria, amministrativa, momenti diversi codificavano la vita politica, tra cui le celeberrime feste, su tutti quella dell’Unità, festa per eccellenza del partito comunista, la festa dell’Avanti del Partito socialista e quella “dell’amicizia” targata Democrazia Cristiana, tutto finito con il crollo della Prima Repubblica, con la sola unica eccezione della festa dell’Unità che è sopravvissuta organicamente con l’omonimo quotidiano fino alla dissoluzione dei Ds, poi si è trasformata nello scheletro che appare d’estate per rianimare le speranze e le aspirazioni della sinistra. Al contrario di quello che avviene a destra, dove si celebra ormai quella che è il più importante tra gli eventi politici che mantengono ancora viva la fiamma (ça va sans dire) della politica fatta di partecipazione e militanza.
Atreju ha attraversato tutte le trasformazioni della destra italiana, passando per gli anni dell’opposizione, arrivando fino al governo oggi, con l’ulteriore alone che accompagna l’evento. Negli anni – anche quelli duri – Atreju si è caratterizzato come luogo di discussione e dialogo, e confronto. Tutti i leader avversari hanno almeno una volta vissuto l’esperienza di quello che è ad oggi il palco più importante della destra e forse della politica italiana. Tutti eccetto Elly Schlein che nell’edizione passata ha declinato l’invito (forse per timore) e quest’anno è stata snobbata. Ma è anche la kermesse di manager, giornalisti (di tutti gli orientamenti), imprenditori e uomini dello spettacolo, perché Atreju non è solo un luogo fatto per la politica, ma un luogo in cui si ospitata l’Italia a tutto tondo, e forse l’unico luogo in cui la politica di apre senza steccati ideologici, come il programma ampiamente dimostra.
Da qualche anno a questa parte Atreju è anche sinonimo di Natale, di feste, di bilancio, soprattutto quando arriverà domenica la relazione conclusiva di Giorgia Meloni. Ma Atreju è anche il luogo dei rapporti internazionali, degli incontri politici, ma fuori dai canoni dei bilaterali istituzionali. Da Orban ai leader dell’Ecr, fino a Elon Musk, che oggi – intelligenza artificiale a parte – ha un intenso feeling basato sulla stima reciproca con Giorgia Meloni e con i nuovi equilibri oltreoceano sappiamo quanto è importante questo rapporto. Ma quest’anno sarà anche la prima sul palco del Circo Massimo (sede quest’anno della kermesse che ha abbandonato il quartiere Prati alle prese con i cantieri del Giubileo) del presidente argentino Javier Milei. Anche con Milei l’intesa è forte.
Ma del resto la politica estera è il fiore all’occhiello dell’agenda meloniana e Atreju, che del melonismo è lo specchio, non poteva non essere alfiere anche nelle relazioni personali tra leader internazionali che hanno una visione, se non totalmente, almeno parzialmente comune, e che fondano sulla libertà gran parte della loro agenda. Atreju è un microcosmo che racchiude il senso profondo della destra rifondata da Giorgia Meloni, una destra che può abbracciare tante anime, ma che parte dalla consapevolezza che nella comunità è racchiuso il senso profondo di ogni forza politica fondata non su qualcuno, ma su qualcosa.
Perché in fondo Giorgia Meloni è leader di un gruppo, di un partito che è essenzialmente comunità e che ha saputo crescere senza perdere mai la consapevolezza che un partito deve per prima cosa saper raccontare il paese, e per raccontarlo bisogna capirlo e per capirlo ascoltarlo. Ecco Atreju è il luogo dell’ascolto, in cui l’Italia si racconta, e di una politica che si apre per ascoltare e per confrontarsi.
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