Il nastro segreto
Audio su Emanuela Orlandi, parla Lupacchini: “Chi parla è legato ai servizi, riemerge pista degli abusi”
«Conosco bene questa voce, è quella di un signore che potremmo chiamare Lucio Domizio Enobarbo: mi scuserà se maschero la sua reale identità dietro quella di un personaggio dell’Impero romano. Una sorta di spia “alla francese”, costui: un individuo compromesso con la Banda della Magliana con la vocazione del delatore. Dunque trait d’union fra il sodalizio delinquentesco e i Servizi». Otello Lupacchini è il giudice italiano che conosce meglio d’ogni altro la mafia romana e i suoi mille tentacoli perché li ha arrestati tutti: “operazione Colosseo”, così venne chiamata la retata che portò la Banda della Magliana dietro le sbarre e poi a processo.
Quando venerdì scorso il Riformista ha pubblicato brani di una lunga intervista nella quale un esponente della banda, già socio del boss Renato De Pedis, svelava l’ultima incredibile trama sul movente della sparizione di Emanuela Orlandi, il giudice aveva già identificato l’autore e ha chiesto del tempo per valutare l’attendibilità di ciò che si affermava.
L’ultima incredibile versione che arriva dagli interna corporis della Banda sostiene che la scomparsa della giovane adolescente romana andrebbe ricondotta a un sexgate che si sarebbe consumato nelle stanze di Papa Wojtyla. Ecco il movente per il quale De Pedis, su richiesta del vertice del governo Vaticano di allora (il nome che viene fatto è quello del cardinale Agostino Casaroli) avrebbe rapito Emanuela Orlandi per mettere fine “ad una situazione insostenibile”.
Sostiene ancora l’ex-sodale del boss che di tutto questo lui stesso avrebbe informato i piani alti degli apparati di sicurezza italiani senza alcun risultato perché “è una verità che non interessa a nessuno”.
Giudice Lupacchini, che ne pensa? Cosa è credibile e cosa non torna in questa storia che il giornalista Alessandro Ambrosini ha raccolto nel 2009 e rivelato solo pochi giorni fa?
Partiamo da chi parla e scegliamo ovviamente di celare il suo vero nome: chiamiamolo Lucio Domizio Enobarbo. È una spia alla francese come lo definiva Maurizio Abbatino, boss della Magliana e poi collaboratore di giustizia.
Ovvero?
Lucio Domizio era una sorta di passe-partout: faceva soldi con De Pedis e Carminati e poi andava a raccontare tutto ai servizi e ad alti dirigenti della Polizia. Tutto questo per lucrare impunità.
Se oggi lei dovesse indagare sulla vicenda da dove partirebbe?
Cercare conferme a quanto si afferma è impossibile, né gli apparati né ovviamente il Vaticano ci sarebbero di aiuto. Io partirei da quelle testimonianze che affermano che la Orlandi subì molestie da alti prelati. Una di queste testimonianze si sostiene provenga da un vecchia amica della stessa Orlandi. Per riaprire le indagini bisognerebbe partire da testimonianze come quella che le ho accennato, solo così sarebbe possibile capire se la storia narrata da Lucio Domizio abbia un senso.
Quale credibilità può avere il “magliaro”?
Le racconto un fatto: si dice che fosse proprio Lucio Domizio ad aver avvertito di un progetto di attentato nei confronti miei e dei colleghi Guido Salvini e Leonardo Grassi di Bologna, attentato che sarebbe dovuto avvenire a Campobasso dove ci recavamo ad ascoltare Maurizio Abbatino per raccoglierne le confessioni. Stabilire se avesse riferito un fatto “vero” fu impossibile: per tanto fortunate quanto rocabolesche e incredibili circostanze, Abbatino fu trasferito in fretta e furia da Campobasso, prima che il paventato evento potesse realizzarsi… ma questa è un’altra storia.
Cosa vuole intendere?
L’Enobarbo rilascia questo racconto nel 2009, bisogna partire da questo dato e capire quale fosse il suo scopo. È convinto che ciò che dirà sarà subito reso pubblico ma ciò non avviene perché l’autore dell’intervista, Alessandro Ambrosini, prova a cercare riscontri che in quel momento non trova.
Proviamo a sondare allora il contesto, cosa avveniva nel 2009?
La sua testimonianza si sarebbe inserita prepotentemente nelle indagini di quel periodo che vedevano l’ex amante di De Pedis, Sabrina Minardi, e altri, raccontare del coinvolgimento del cardinale Paul Marcinkus nel rapimento.
La pista del ricatto al Vaticano per ottenere indietro enormi cifre finite a S.Pietro che appartenevano alla Magliana?
Può darsi. La Minardi aveva anche riferito cose palesemente false. La testimonianza forse aveva lo scopo di far deflagrare le indagini e spostare l’attenzione. Ho conosciuto bene il personaggio per poter dire che è uno che agisce con metodi di intelligence. Bisogna sciogliere l’ambiguità della persona che per le sue capacità mimetiche era di certo in grado di percepire notizie più o meno attendibili.
Lui dice che avrebbe raccontato tutto a uomini dei servizi. Dovrebbe essercene traccia di questo contatto, non crede?
Il problema è dove trovarla questa traccia. Per quanto immagino che ci deve essere un bel fascicolo ai Servizi su di lui.
Da dove partirebbe lei per provare a sciogliere questo enigma?
Un possibile riscontro sembra provenire da una testimonianza, se non sbaglio coeva a quella di Lucio, circa le molestie alla Orlandi. Chi testimonia è ancora vivo? La sua versione è credibile? S’intreccia ad altre testimonianze? Mi chiedo anche se in quello stesso periodo, il 2009, vi fu chi accennò a responsabilità di Karol Wojtyla, così da escludere che Enobarbo attinga a fonti aperte o anche di intelligence. Magari con l’intenzione di fornire una pista senza apparire direttamente.
Lucio Domizio Enobarbo, come lo chiama Lei, sembra che voglia fare intendere che la sorte della Orlandi era segnata, concorda?
Dobbiamo chiederci qual era l’obiettivo del sequestro: far scomparire chi poteva raccontare una verità scomoda, e cosa poteva raccontare la Orlandi, oppure ricattare il Vaticano, metterlo sotto pressione, e per cosa.
Nelle trattative iniziali, confuse e strane quanto vuole, nessuno chiede le prove d’esistenza in vita della rapita? Questa prova per esempio nel sequestro Grazioli, proprio i sequestratori della Magliana la diedero. E di certo in quel rapimento non c’erano di mezzo Stati Esteri, il Papato e i misteri degli anni di piombo dell’alta finanza. Parlare di De Pedis è come evocare i demoni nascosti del Potere.
Impossibile da scandagliare fino in fondo?
C’è un’opacità di fondo non penetrabile. Il mistero diventa spesso ricatto, ecco il motivo di tanti silenzi. Il nostro presente è frutto di quel passato.
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