L’Austria sta vivendo il suo “Blaues Beben”, il terremoto azzurro per la vittoria del Partito della Libertà (Fpoe), che ottenendo la maggioranza dei suffragi si è imposto come prima forza politica nelle prime attesissime elezioni nazionali dopo il voto delle europee. Anche in Austria per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, come già avvenuto in Francia e Olanda, vince un partito ascrivibile alla categoria dell’estrema destra.

Un voto che ha un valore indicativo che mostra come il vento di destra che soffia sull’Europa sia forte e lungi dall’essere fermato, nonostante i vari tentativi di imbrigliare l’esito delle urne all’interno dei processi post-elettorali. Perché questo voto è un chiaro segnale, un messaggio politico che l’Austria ha inteso proiettare nel solco delle proprie aspettative nazionali ma che ha anche un riflesso europeo importante. Non solo perché i popolari si sono confermati seconda forza nazionale, ma anche perché l’ennesima sconfitta dei socialisti rafforza l’ala destra della Commissione europea e quella fetta importante del Ppe che da anni ormai ha intrapreso una serrata alleanza a destra su quei temi ideologicamente cari alla sinistra e indigeribili per l’elettorato europeo più conservatore: green deal e immigrazione, che ha caratterizzato l’ultimo tratto della precedente legislatura e che, nonostante le apparenze, sembra riprendere forma anche in questo avvio dell’Ursula bis.

Non è una sorpresa che l’immigrazione è stato il tema centrale del voto in Austria e che la promessa di irrigidire le norme di ingresso abbia riscontrato un grande successo. Questo voto finirà per alimentare il dibattito politico e la contrapposizione tra chi ne declina l’esito come l’ennesimo pericolo per la democrazia e chi al contrario vedrà nel voto l’ennesimo schiaffo alla sinistra e ai popolari inclini alla “grande coalizione” europea e probabilmente anche a Vienna. Perché come già anticipato in campagna elettorale nessuno intende ad oggi avviare un dialogo e future alleanze con il “partito della libertà”. Questioni non nuove per il dibattito politico, già vissute in tutte le tornate precedenti a cui abbiamo assistito.

La destra “ultra nazionalista” vince ma non governa, un isolamento questo che rischia però di irrigidire ulteriormente l’elettorato che continua a chiedere un cambiamento radicale che è cristallizzato non “nelle paure”, come troppo semplicisticamente viene detto, ma nelle problematiche di ogni giorno e nella cecità di quelle forze politiche che utopisticamente si esulano dalla realtà, preferendo colpevolizzare piuttosto che capire le scelte degli elettori. Elettori che seguitano a inviare segnali chiari e difficilmente fraintendibili. Lo ha capito Ursula von der Leyen che nel formare la sua Commissione ha voluto rimarcare la posizione di forza dei Popolari, l’ingresso dei conservatori e la consapevolezza che sui temi “caldi” esiste in parlamento una maggioranza alternativa che ha già mostrato la sua consistenza.