Lega sempre più debole
Autogol di Salvini in Polonia, la passerella pacifista finisce in figuraccia
Le immagini planano nell’aula di Montecitorio via telefonino mentre si discutono le pregiudiziali del decreto Ucraina, quello che invia le armi ai resistenti ucraini ma stanzia anche danaro per organizzare l’accoglienza e una dignità alla vita dei profughi e per sostenere le aziende italiane costrette a chiudere l’attività in Ucraina. Sono i social bellezza, e non ci si può fare nulla. Matteo Salvini dovrebbe saperlo bene. Così, appunto, mentre l’aula discute di cose serie e la Commissione Finanze è di nuovo alle prese con la delega fiscale e un emendamento che vorrebbe far fuori il famoso articolo 6 con la riforma del catasto, sugli smartphone dei vari deputati arrivano le immagini della figuraccia internazionale collezionata da Matteo Salvini al confine con la Polonia. Un video così cliccato urbi et orbi forte da mettere quasi in secondo piano le “bandierine” sulla presunta “patrimoniale” denunciata dalla Lega e del centrodestra. I deputati leghisti per ore hanno potuto verificare sui social il numero di visualizzazioni in costante crescita del video incriminato.
Matteo pacifista
Il leader della Lega, da quando Mosca ha invaso l’Ucraina e bombarda i civili, è stato colto da un improvviso afflato pacifista, caritatevole, quasi missionario. Prega davanti ai portoni delle ambasciate, invoca la pace mentre vota per mandare le armi, organizza carovane di pace e viaggi della speranza per i profughi. Vabbè, ci sta che anche un leader abbia un po’ di confusione in testa in momenti come questi. Solo che, invece di fermarsi e capire, Salvini è partito in missione. Destinazione Polonia, la frontiera dove il fiume dei profughi scorre ininterrotto. Ma vorrebbe anche andare in Ucraina. Se potesse, vorrebbe convocare lui il tavolo della mediazione. Diciamo subito che i suoi osservano gli sviluppi della missione umanitaria e pacifista con qualche dubbio e scetticismo. Che ieri, nel primo pomeriggio, è diventato un incubo. Salvini infatti prima ha fatto tappa al centro della Caritas a Rzeszów, uno dei principali snodi per lo smistamento degli aiuti verso l’Ucraina e poi è arrivato in due località al confine tra Polonia e Ucraina: Przemyśl e poi Kijowska. Tra una tappa e l’altra il leader della Lega è stato in contatto con il premier Mateus Morawiecki, colui che ha voluto Giorgia Meloni alla guida del partito europeo dei Conservatori europei. Arrivato a Przesmyl, è successo l’inimmaginabile. Ma che non è escluso, viste le modalità, che possa invece essere stato organizzato.
Il sindaco e la maglietta di Putin
Alla stazione dove arrivano i rifugiati in fuga, Salvini ha trovato il sindaco Wojciech Bakun. I due si sono salutati, si sono parlati un attimo e poi si sono messi in posa per la foto di cortesia. Dopo aver ringraziato l’Italia per gli aiuti, il sindaco Bakun ha tirato fuori una maglietta bianca e se l’è appoggiata sulla giacca. Sopra la faccia di Putin con la scritta “esercito russo” simile a quella che Salvini indossava nel 2017 davanti al Cremlino a Mosca per decantare tutta la sua stima per lo zar di Mosca. Il leader della Lega è rimasto senza parole, ha provato a replicare “sorry, siamo qui per aiutare i bambini” ma il sindaco non ha sentito ragioni e gli ha detto: “Adesso, se vuole, ha l’opportunità di venire con me dai rifugiati a condannare Putin…”. Mentre dal gruppetto dei fotografi si alzavano piccoli cori “buffone”, “pagliaccio”, Salvini ha salutato e se n’è andato.
“Un affronto” dirà, poi, il sindaco che ieri mattina, quando ha saputo della visita del leader della Lega, lo ha vissuto “come un affronto”. È stato allora che ha deciso di regalargli una maglietta con l’immagine del “suo” amico Putin. Sarà anche come dice il sindaco. Ma ci sono anche tutti gli indizi per pensare ad una imboscata bella e buona. In ogni modo, un politico locale ha postato il video che in meno di un’ora è diventato virale. “Basta aprire Instagram e si parla solo di questo…” diceva sconfortato un deputato leghista. Una figuraccia internazionale che segherebbe le gambe a chiunque. Vedremo. Di sicuro non ha aiutato il fronte del centrodestra ieri impegnato, anche se non in modo compatto, sul fronte della delega fiscale ancora ferma in Commissione dal 29 ottobre scorso quando fu approvata in Consiglio dei ministri.
E si parla di catasto…
La scorsa settimana la maggioranza si è spaccata sull’emendamento soppressivo dell’articolo 6 che riforma il catasto. Il governo non ha accettato mediazioni visto che la versione approvata in Cdm lo scorso 29 ottobre era già una mediazione nel momento in cui – si legge nel testo – “la mappatura del patrimonio immobiliare non avrà alcuna conseguenza sugli estimi catastali e quindi di tipo fiscale”. Spazzata via, così, ogni rischio di patrimoniale. Almeno fino al 2026. Allora ci penserà chi sarà al governo.
La Lega non ha votato in Cdm. Forza Italia sì. Ma la scorsa settimana, quando il Carroccio è tornato alla carica sulla scia di Fratelli d’Italia, anche Forza Italia ha votato per la soppressione dell’articolo 6. Smentendo il voto dei suoi ministri. Il sottosegretario Cecilia Guerra fu chiarissima nel minacciare la crisi: “Se passa questo emendamento il governo ne trarrà le conseguenze”. L’emendamento è stato respinto per un voto (22 a 23): a favore Fdi, Lega, Fi, Coraggio Italia; contrati Pd, M5s, Iv, Leu e Noi con l’Italia (onorevole Colucci). La frattura dentro Forza Italia è stata evidente, i ministri azzurri “contro” il capogruppo Martino. Anche nella Lega c’è stata l’ala filogovernativa che ha cercato di mediare.
Un’altra giornata di trattative
Il nodo dell’articolo 6 è tornato ieri sul tavolo con la ripresa dei lavori in Commissione. Questa volta l’emendamento soppressivo è di Alternativa c’è, gli ex 5 Stelle. Un’altra giornata di trattative, numeri sempre ballerini fino alle 20 quando la Commissione è tornata a votare. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha fatto pressing nel pomeriggio su Forza Italia (6 voti) per spingerli all’astensione. Anche Coraggio Italia (due voti) ha ragionato fino a che punto “fosse conveniente votare un emendamento di Alternativa c’è”. Ha prevalso l’ordine di scuderia della sgangherata coalizione di centrodestra. È finita come una settimana fa, un piccolo scarto a favore della maggioranza. Un altro scampato pericolo per la maggioranza Draghi. Ma quanto può durare? Il premier, impegnato in queste settimane su ben altri fronti, anche lunedì da Bruxelles aveva ribadito che “nessuno pagherà più tasse sulla casa”. Negando per l’ennesima volta l’ultimo tormentone di Fratelli d’Italia (“è una nuova patrimoniale”) a cui si sono accodati Lega e Forza Italia. Draghi va quindi a diritto forte del fatto che non solo la riforma del catasto è un’operazione di equità, giustizia e trasparenza, ma anche che in tutto il mondo occidentale il patrimonio immobiliare viene “fotografato” ogni cinque anni per verificare ampliamenti ed eventuali abusi. La riforma, poi, è una di quelle legate al Pnrr.
Un Parlamento “scollegato”?
Il Parlamento sembra non curarsi degli scenari di guerra alle porte dell’Europa, della crisi umanitaria che si sta riversando nei nostri paesi con milioni di profughi in arrivo dall’Ucraina e della crisi energetica e di materie prime figlia di decenni di politiche miopi che hanno legato mani e piedi le nostre economie alla Russia di Putin. Scollegato, non tutto, dalla realtà. Lega e Forza Italia, che sono in maggioranza, sembrano intenzionati ad alzare in continuazione bandierine su ogni provvedimento. Lo farà presto anche il Movimento 5 Stelle. Ieri la delega fiscale che continuerà a ballare anche su altri passaggi e il cui iter in seconda lettura al Senato rischia di essere ancora più accidentato per via dei numeri in Commissione. Oggi la riforma degli appalti in aula al Senato e anche qui non c’è accordo. Come non c’è sulla riforma del Csm, votato da tutti i partiti di maggioranza in Consiglio dei ministri eppure subito “riscritto” dai sub-emendamenti in Commissione Giustizia dove giovedì scadono i termini. Un conto è migliorare un testo. Anzi, auspicabile. Diverso saccheggiarlo per poi poter dire “ho vinto io-ha perso l’altro”. A questa logica Mario Draghi non ci sta. E ha avvisato tutte le forze parlamentari. Ciascuno se ne assumerà le conseguenze.
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