Il podcast del direttore
L’autogol del governo con il redditometro, l’errore comunicativo che la destra può pagare
Oggi i titoli sono tutte per una misura che il governo sta varando dopo anni congelata, un nome evocativo, anche vagamente inquietante: il redditometro. Se non altro perché non ha una buona fame per le esperienze passate. È curioso come un tema simile possa fare capolino tra le notizie quando uno non se lo aspetta, è il bello dei meccanismi dell’informazione. Sono cose a cui chi governa e fa scelte che hanno un impatto nell’opinione pubblica dovrebbe far attenzione maggiore. Se non si fa, anche misure prese con le buone intenzioni, poi si traducono in risultati cattivi.
È il caso del redditometro, che il vice ministro Leo ha pensato di riattivare, non immaginando le reazioni che ha scatenato, innanzitutto nella stessa maggioranza. A ridosso delle elezioni, discutere di qualcosa che può mettere le mani nelle nostre tasche e che evoca il tema della tassazione certo non fa piacere. E infatti Lega e Forza Italia si sono opposte, con la Meloni ha dovuto convocare il vice ministro. Insomma, il governo sembra essersi creato un problema da solo, facendo riapparire il redditometro. Per i quotidiani è la notizia del giorno. Nei prossimi giorni probabilmente rientrerà, ma quant’anche stemperata è uno di quegli errori comunicativi che si possono pagare perché rimangono impressi nella testa delle persone.
Di notizie più importanti, a mio avviso, ce ne sarebbero. Come quella dell’accusa nei confronti del generale Mori, da due pm di Firenze, di non aver impedito le stragi del 1993. Non ho parole per descrivere la vicenda giudiziaria e umana di Mori: 85 anni e da una ventina perseguitato dalla giustizia italiana con le accuse più infamanti. Accuse dalle quali esce sempre a testa alta. E a me sembra che da stampa e pubblica opinione ci dovrebbe essere una reazione vibrante e maggiore per questo ennesimo atto persecutorio nei confronti del generale.
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