Facciamo una premessa. Il contratto nazionale metalmeccanico è tra i migliori d’Italia, e supera di gran lunga i 9 euro. Rinnovato in piena pandemia dai sindacati metalmeccanici, senza governo e politici, con federmeccanica e le altre organizzazioni, con cui da sempre hanno ottime relazioni sindacali. Quello specifico Stellantis, rinnovato qualche mese fa, il primo della nuova proprietà, riguarda più di 70 mila lavoratori, con 207 euro di aumenti mensili in due anni (+11 per cento), 600 euro una tantum, incremento dei premi del 30 per cento. Un accordo storico che ha dato ragione a Marchionne che volle sfilarsi da Confindustria, “ha protetto i lavoratori dell’industria dell’auto anche nei momenti più difficili” ha detto il segretario Uilm Palombella festeggiando il rinnovo. Il rischio non sono salari bassi, ma cassa integrazione ed esuberi. Non il contratto, ma la produttività e il mercato.

Quello dell’automotive, nonostante una produzione di 700mila veicoli nel 2021 rispetto a 1,8 milioni degli anni passati, rimane il settore più grande del nostro sistema industriale e vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil. Nel solo comparto della produzione di autoveicoli operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.

Negli ultimi anni gli stabilimenti industriali delle automotive italiane hanno subito lunghi periodi di fermo e cassa integrazione per la mancanza dei semiconduttori. A Mirafiori lo stabilimento si fermerà dal 19 ottobre al 3 novembre con 2400 lavoratori in cassa integrazione per la sospensione delle produzioni di Maserati e 500 elettrica. Il motivo è uno solo: non si vendono. A gennaio 2022 Bosch ha annunciato 700 esuberi in Italia, Marelli 500. Che è stato fatto da allora? Gli incentivi. Ecco: nel 2022 erano rimasti inutilizzati 130 milioni dedicati all’elettrico, nel 2023 i fondi residui (a giugno) sono 150 milioni per l’elettrico e 210 milioni per l’ibrido plug-in. Vuol dire che gli incentivi non bastano.

Adolfo Urso si è messo in testa di produrre in Italia un milione di autovetture: “Lo scorso anno – ha detto il ministro del Made in Italy – si sono prodotte in Italia appena 450mila autovetture, a fronte di oltre un milione e 400mila immatricolazioni. Invertire la tendenza significa tornare a crescere per raggiungere nel tempo un milione di veicoli. Riusciremo a invertire una tendenza a una deindustrializzazione e a una riduzione della produzione di autovetture che procede in maniera ininterrotta da 20 anni”.

Guadagnandosi il soprannome Urss, siamo ai piani quinquennali: imponiamo per decreto il numero di auto prodotte, senza preoccuparci che poi restino invendute. A meno che non si voglia sostituire tutto il parco auto della Pa con l’elettrico. Consip ha appena attivato un nuovo contratto “pronto all’uso” per 450 veicoli elettrici: le amministrazioni possono acquisire i mezzi anche utilizzando i fondi del Pnrr. Un giorno sostituiranno anche la Flaminia del Quirinale con una 600 a benzina. Oppure mandiamo il Presidente della Repubblica a cavallo con i corazzieri, ed è ancora più green. Finché non vieteranno anche il trasporto animale. Del resto la nuova 600 elettrica costa 40 mila euro, 30 con incentivo. Potrà davvero permettersela solo il capo dello Stato. Ma in Italia costano tanto anche le auto a benzina, non se ne trovano più sotto i 14 mila euro.

È una scelta voluta: devono circolare meno auto. Altrimenti non rispettiamo i parametri europei sulle emissioni. E poi però pretendiamo che la produzione aumenti. “C’era stato l’impegno del ministro Urso a convocare un tavolo entro il 10 agosto. Abbiamo visto che in questi giorni il ministro si è molto occupato del Protocollo sul controllo dei prezzi a forse ha trascurato l’automotive” ha detto ieri il segretario generale della Uil Bombardieri “vorremmo parlare con il Governo di quali infrastrutture e di quali scelte di politiche industriali si faranno per affrontare la transizione climatica e la rivoluzione tecnologica, perché spostare di qualche anno la produzione dei motori a scoppio non risolve il problema. Ricordo che a luglio facemmo un primo incontro col ministro Urso nel quale chiedemmo un tavolo assieme a Stellantis per affrontare questi temi, siamo ancora in attesa di quel tavolo”.

Evidentemente qualcosa, nei piani di Adolfo Urss, è andato storto: “Se si restringono le possibilità di uso delle auto e la loro accessibilità, allora noi non possiamo sostenere l’obiettivo del milione di veicoli prodotti – ha detto Tavares, ad di Stellantis – “Se non si proteggono prodotti iconici come la Panda, allora non ci si può chiedere di produrre un milione di veicoli”.

Annarita Digiorgio

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