Guardare il dito è discutere inutilmente del 2001 e delle responsabilità di chi fece allora la riforma dell’art.116 della Costituzione, madre legittima della legge sull’autonomia differenziata approvata l’altro ieri. (Fu la sinistra ma chi se ne frega, l’avesse fatta la destra non cambierebbe niente: siamo nell’anno di grazia 2024). Guardare il dito – e nel frattempo abbaiare alla luna – è piagnucolare per la bocciatura del referendum del 2016, che toglieva poteri alle regioni. E battere i piedi per terra come bambini, urlando che le regioni fanno schifo e andrebbero abolite. Posizione buona per farci il brodo, prendere qualche like sui social e mettersi l’anima in pace.
Guardare il dito è rassegnarsi – in via preventiva e pregiudiziale – al fatto che non ci saranno le risorse disponibili per i LEP, che non si potrà fare alcunché per rinegoziare le quote di reddito prodotte sui territori e le relative imposte raccolte, che non si potrà trattare per strappare condizioni migliori per i territori (naturalmente se le classi dirigenti locali sapranno garantire in cambio efficienza nel governo, risultati concreti, fine delle politiche clientelari, etc…).
Posare gli occhi per terra significa partire dal Sud per quello che è. Io nel Sud ci vivo, il Sud lo conosco, me lo porto addosso come una seconda pelle. Nel Sud la vita è più faticosa e scomoda che al Nord: i servizi essenziali (sanità, trasporti, infrastrutture, macchine burocratiche) non funzionano, la formazione è scadente, i livelli di reddito sono più bassi. Dal Sud quelli bravi vanno via. Ora. Senza l’autonomia differenziata.
Guardare la luna significa gettare le basi per una rivoluzione del Sud, fondata sulla responsabilità dei cittadini e dei governanti, sull’autogoverno delle sue comunità, sulla valorizzazione delle sue risorse. Senza andare con il cappello in mano ad elemosinare a Roma.
I politici, gli intellettuali e gli opinionisti che guardano il dito organizzino pure vibranti proteste e referendum, i meridionali che guardano la luna si battano per cambiare il corso delle cose, con orgoglio e dignità.