Avvocati, l’allarme di Massimo Di Lauro: “Non vorrei che al tavolo del Consiglio ci fossero degli affamati”

“Non vorrei che attorno a questo tavolo ci fossero degli affamati, questo da vecchio avvocato non mi piacerebbe”. E’ quanto auspica Massimo Di Lauro, civilista esperto in materia fallimentare e societaria, alla vigilia del primo Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli che venerdì 24 febbraio è chiamato a eleggere l’ufficio di presidenza dopo le elezioni delle scorse settimane dove è stata registrata una percentuale di astensione preoccupante.

Di questo e di tanti altri aspetti dell’avvocatura partenopea il Riformista ne ha parlato con uno dei legali più esperti del foro di Napoli. Di Lauro ha fatto più volte parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, svolgendo negli anni ’80 anche il ruolo di segretario durante uno dei tanti mandati di Alfredo de Marsico. “Probabilmente uno dei più grandi avvocati del Novecento” precisa Di Lauro.

Avvocato innanzitutto che idea si è fatto dopo le recenti elezioni del COA Napoli?
Il dato più sconcertante, e sul quale occorre avviare subito una profonda riflessione, è relativo all’astensione. Un collega su due non è andato a votare e questo. Non si è mai verificato un tasso di astensionismo così alto. Come numero di iscritti siamo secondi solo all’Ordine di Roma anche se negli ultimi anni in tanti decidono di cancellarsi dall’ordine.

Come mai?
In questo momento l’avvocatura attraversa una crisi economica devastante. Pensi che 500 avvocati si sono cancellati dall’ordine di Napoli, andando a iscriversi altrove. Altri, invece, appena raggiunta l’età pensionabile, hanno preferito cancellarsi dall’Albo perché la committenza è scarsa e le condizioni economiche del Mezzogiorno sono assolutamente precarie rispetto a quelle del Nord.

L’astensionismo quindi è dovuto anche a questo?
La domanda che ci dobbiamo porre è un’altra: un avvocato su due non è andato a votare per mancanza di fiducia nell’istituzione forense? Se questo fosse vero sarebbe molto grave anche perché a mio avviso l’istituzione forense deve essere credibile e questa credibilità si ottiene facendo soprattutto due cose: tutelare la categoria ma anche sanzionarla quando va fuori binario, cosa che non sempre è avvenuta nel recente passato.

Richiamare tutti dunque ai valori etici della professione…
Oggi siamo di fronte a una vera e propria sclerotizzazione dell’etica professionale. A mio avviso un professionista non deve andare alla caccia affannosa di incarichi perché così perde la propria dignità: se l’incarico lo ha bene ma non deve farsi amici gli amministratori per ottenere questo. Il COA deve sanzionare soprattutto le violazioni deontologiche che sono plurime. Gli avvocati non devono pensare alla professione come uno strumento per arricchirsi, perché così tradiscono il mandato, devono lavorare liberi, solo così possono sbarcare il lunario.

Altri obiettivi che dovrebbe perseguire il nuovo Consiglio?
Un altro compito che attende l’Ordine è il richiamo in servizio della cultura forense perché, dispiace doverlo dire, bisogna tornare a formare seriamente i giovani avvocati con corsi seguiti sul serio e non come vanno in scena oggi, dove spesso si arriva, ci si allontana per poi ritornare alla fine per firmare. I corsi di formazioni servono per arricchire la professionalità e vanno seguiti bene, va stroncato dunque questo abuso. E poi c’è dell’altro…

Prego
Va disciplinata questa lagna corporativa degli avvocati contro il bavaglio del diritto alla difesa. E’ un diritto che c’è ed è lo stesso avvocato che deve farsi valere. Se sta parlando e il giudice lo interrompe bisogna reagire e pretendere la parola perché è un diritto sancito dalla Costituzione. Perché una avvocatura forte è la garanzia di una democrazia giusta che tutela i più deboli e garantisce la parità di trattamento a tutti i cittadini.

Cosa si aspetta dal nuovo ufficio di presidenza?
Che si all’altezza di questo compito anche perché si ripartirà dalla vicenda delle quote non pagate. Sono in corso indagini che accerteranno cosa è realmente accaduto ma le quote non sono state pagate perché, così come hanno spiegato i consiglieri uscenti, molti avvocati erano in difficoltà e hanno sostenuto prima altre spese: dai dipendenti a luce, gas e fitto. Purtroppo la situazione attuale è critica e la crisi non guarda in faccia a nessuno.

Prevarrà il buonsenso e il rispetto dell’Istituzione o immagina beghe interne?
Mi auguro che non stiano preparando l’ennesimo banchetto per accaparrarsi le cariche più ambite, lo vorrei escludere perché se così fosse sarei molto deluso. Spero che trovino unità di intenti per esprimere un ufficio di presidenza all’altezza della situazione e che pensi a disegnare nuove prospettive di lavoro, a tenere alto il livello del dibattito e ad avere uno scatto di dignità e di orgoglio, altrimenti non si volta pagina.

Teme banchetti e poltrone?
Non vorrei che attorno a questo tavolo ci fossero degli affamati, questo da vecchio avvocato non mi piacerebbe. Ci vuole un ufficio di presidenza non un presidente. Ci sono tante cose da fare ma, ripeto, ci vuole uno scatto di dignità altrimenti l’avvocatura napoletana ne uscirà lacerata sia moralmente che umanamente.