Con la sua consueta enfasi, il Sindaco Manfredi ha annunciato l’8 giugno scorso la cancellazione di tutti i contenziosi di natura civilistica, amministrativa e ambientale tra Comune di Napoli e Fintecna, azienda di Stato, proprietaria di alcune aree da bonificare dell’ex area industriale di Bagnoli, alla quale l’amministrazione comunale avrebbe dovuto pagare 80 milioni di euro per l’acquisto di suoli. È l’ultimo atto di una complessa vicenda che da quasi trent’anni rappresenta il fallimento più grande della progettualità della classe dirigente napoletana.

È difficile capire come una grande opportunità di sviluppo si sia trasformata in una vischiosa melassa di contenziosi, sprechi e inefficienze, il tutto corredato da lunghissime e complicatissime vicende giudiziarie. Il fallimento nasce innanzitutto da una confusa e contraddittoria progettualità. Dopo la chiusura dell’Italsider nell’ottobre 1991, il primo progetto in campo per Bagnoli intende recuperare l’area installando un Parco Scientifico e Tecnologico. In questo ambito un primo pezzo di questo progetto è realizzato dalla Fondazione Idis che nel dicembre 1993 acquista un’area di 65 mila mq, in parte sul litorale, per costruire la futura Città della Scienza, recuperando gli antichi capannoni industriali (oltre 200mila metri cubi). Si potrebbe seguire questa linea, rafforzando un progetto che è considerato un esempio di successo nel recupero delle aree industriali dismesse, puntando a creare strutture che associano aspetti ricreativi, industrie leggere ad alto contenuto tecnologico, incubatore di impresa e attività legate alla ricerca.

Ma si pensa di cambiare strada e di recuperare l’antica Bagnoli, ri-naturalizzata e destinata interamente al loisir. Si tratta di una radicale svolta ambientalista che è sostenuta soprattutto dal sindaco Bassolino, folgorato sulla via di Damasco, che da operaista convinto si converte alla nuova religione ecologista. E si sa, i neofiti sono sempre i più fanatici nella nuova fede. Sorge così l’idea del grande Parco Urbano, che dovrebbe occupare circa tre quarti dell’area dismessa, includendo Nisida, destinata a riserva naturalistica, fino alle pendici di Posillipo, destinata al bosco e all’agricoltura a conduzione contadina, mentre la fascia costiera dovrebbe essere interamente recuperata (e qui sorge il problema della colmata) e si progetta la costruzione di un porto turistico.

Tutte queste idee, dopo un lunghissimo iter politico e parlamentare, finiscono nella cosiddetta Variante per la zona occidentale approvata definitivamente nel marzo 1998 e che modifica radicalmente quanto previsto dal Piano regolatore del 1972. Viene costituita una società, la Bagnoli spa, con una dotazione di capitale di 50 mld di lire. Il progetto del recupero della linea di costa coinvolge la Città della Scienza che dovrà essere delocalizzata (da qui una lunga controversia) mentre la bonifica procede a rilento. Al termine di sei anni di lavori, finanziati per un totale di 157 milioni di euro, la bonifica è solo al 35%.

A questo punto il Comune tenta di accelerare la bonifica e la ristrutturazione urbana acquisendo i suoli e affidandoli ad una nuova società direttamente controllata, la Bagnoli Futura spa, con l’incarico di portare a termine la bonifica dei suoli e la realizzazione definitiva del Parco Urbano, per un totale di 160 ettari di cui 33 di spiaggia, in pratica tre chilometri e mezzo di viali alberati, cinque ettari di prati, cinque di laghi artificiali, un’area giochi per bambini, un roseto di tre ettari, una pista ciclabile di 8,5 km e diversi giardini tematici, a cui si aggiungono un acquario tematico, Napoli Studios dedicati alla cinematografia, un Museo della Civiltà e del Lavoro, un Parco dello Sport, una Città della Musica e altri edifici destinati alla produzione di energia fotovoltaica e chi più ne ha più ne metta. Tutte meraviglie che i napoletani non vedranno mai, mentre l’unica realtà è una forte ondata di speculazione immobiliare che si abbatte sul quartiere trasformando completamente il suo tessuto sociale.

L’incertezza, del resto, è sempre compagna della speculazione e su Bagnoli cadono gli occhi attenti di imprenditori internazionali interessati a sfruttare la zona. Tra l’estate e l’autunno del 2003, Bagnoli sale alla ribalta internazionale come possibile sede della Coppa America, ancora una volta i piani originali vengono stravolti per soddisfare le richieste degli investitori, tante polemiche e nulla di fatto, Valencia ospita la competizione e Napoli resta a guardare. Bagnoli diventa così marginale in una città distratta da una nuova guerra di camorra. Nel 2013, Bagnoli Futura (a cui sono stati concessi finanziamenti per 285 milioni di euro), già in crisi, subisce il colpo definitivo con il sequestro delle aree per disastro ambientale, mentre un pezzo di Città della Scienza incendiata va in fumo. Subentra a questo punto Invitalia e il Commissario (con una dotazione di ben 442 milioni di euro).

Mentre in Europa si sono recuperate in tempi brevi e spese contenute aree portuali, insediamenti industriali e persino miniere, a Napoli ha dominato solo una confusa progettualità. Questa volta non possiamo trovare alibi nell’assenza di risorse, la responsabilità civile del fallimento cade interamente sulla classe dirigente napoletana. Eppure, ancora una volta il futuro di questa città passa per Bagnoli, così come cento anni fa per Bagnoli passò il tentativo di costruire una Napoli moderna e industriale.