Cronaca
Bagnoli, per i giudici la colpa resta di chi ha inquinato e non di chi ha mal bonificato
«Se, come è logico ritenere la quantità complessiva dei rifiuti presenti sul sito è, al più, rimasta la stessa appare evidente che, se disastro vi è stato, esso è imputabile a chi in origine ha inquinato l’area e non certo a chi, successivamente, tale area ha mal bonificato». «Peraltro, a comprova che i problemi ambientali dell’area sono legati alle condizioni in cui si è trovato il sito a seguito delle attività industriali ivi praticate, piuttosto che a causa degli esiti della bonifica oggetto del processo, vi sono le conclusioni dei dottori De Tommaso e Comba, ricamate dallo stesso tribunale nella propria sentenza, che hanno evidenziato che i cui di tipologie tumorali nell’area, maggiori rispetto a quelli di altre aree, sono riconducibili a esposizioni avvenute negli anni Ottanta».
Eccola la conclusione dei giudici della terza sezione della Corte d’appello di Napoli che il 5 aprile scorso hanno assolto tutti gli imputati del processo sulla bonifica di Bagnoli. Parliamo di dirigenti, professionisti e politici che per oltre dodici anni sono stati sulla graticola giudiziaria, con il peso di accuse pesanti, finanche il disastro ambientale colposo. «Il fatto non sussiste», recitò la formula con cui fu decisa l’assoluzione dopo un primo processo, concluso con varie condanne, perizie e superperizie per analizzare i vari lotti dell’area industriale che la politica scellerata degli anni Settanta e Ottanta aveva consentito sorgesse sul mare di Bagnoli. «Se anche il reato di disastro fosse sussistente, esso non sarebbe certo imputabile a chi, a vario titolo, ha progettato, proposto ed approvato le modifiche, ivi compresa la scelta degli organi comunali di attribuire a determinate aree una destinazione urbanistica non residenziale», scrivono i giudici nella sentenza.
«In realtà il fallimento della bonifica, che indubbiamente vi è stato è dipeso solo da condotte tenute in fase esecutiva e cioè dall’invio al trattamento anche di rifiuti pericolosi del tipo morchie». Nel motivare la sentenza di assoluzione, i giudici della Corte d’appello non risparmiano severe considerazioni nei confronti di chi ha sostenuto l’accusa e giudicato il caso nel primo processo. La prima sentenza ci fu nel 2018, al termine di un lungo dibattimento, di anni di udienze e perizie. I giudici della Corte d’appello (presidente Giovanni Carbone, consiglieri Paola Cervo e Francesco Gesué Rizzi Ulmo) dedicano un paragrafo a ciascuno degli imputati. Sono Gianfranco Caligiuri ex direttore tecnico di Bagnolifutura, Alfonso De Nardo, dirigente Arpac, Mario Hubler, ex direttore generale della società Bagnolifutura, Giuseppe Pulli, all’epoca dei fatti coordinatore del dipartimento ambiente del Comune di Napoli, Sabatino Santangelo, ex presidente di Bagnolifutura ed ex vicesindaco di Napoli che aveva espressamente rinunciato alla prescrizione nel processo d’appello certo della sua estraneità alle accuse. Tutti assolti.
L’avvocato Riccardo Polidoro, difensore di due degli imputati tra i quali Hubler, aveva commentato, subito dopo il dispositivo della sentenza d’appello: «Altro che disastro ambientale, si è trattato di un disastro giudiziario». E su Mario Hubler, in particolare, i giudici hanno scritto nel motivare l’assoluzione. «Posta l’assoluta correttezza della fase progettuale, alla quale comunque egli non aveva partecipato, non emerge alcuna concreta ragione per la quale egli si dovesse rendere conto, alla luce della sua carica che non prevedeva una sua diretta partecipazione ai lavori, di un eventuale non corretto operato dei soggetti preposti all’esecuzione dei lavori stessi (imprese aggiudicatarie), alla loro direzione (direzione dei lavori) e alle certificazioni di avvenuta bonifica (Provincia e Arpac); né da intercettazioni in atti e altre risultanze probatorie emergono elementi dai quali desumere che vi siano state specifiche direttive da parte di Hubler per una non corretta esecuzione della bonifica».
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