Bankitalia ottimista, Pil più alto delle attese: ma nell’ultima analisi di Visco manca quel guizzo in più

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 31-05-2019 Roma Politica Presentazione della Relazione annuale della Banca d'Italia Nella foto Il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco Photo Roberto Monaldo / LaPresse 31-05-2019 Rome (Italy) Presentation of the Bank of Italy Annual report In the pic Ignazio Visco

Come da tradizione, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco ha letto ieri le sue considerazioni finali sull’andamento economico del Paese, ma –come ben sappiamo- si tratta in questo caso delle sue ultime considerazioni: è l’ultima occasione in cui il Governatore –seguendo un consolidato corso d’azione che ricorda in particolare quello dei suoi antichi predecessori Guido Carli e Paolo Baffi– può fare il punto sulla situazione del Paese mettendo insieme la parte descrittiva e analitica su economia e finanza con la parte “normativa” (nel senso economico del termine), all’interno della quale si danno suggerimenti al governo nazionale e alle parti sociali al fine di migliorare le nostre prospettive future alla luce di queste analisi.

Nonostante i prevedibili tentativi di “tirargli la giacca” per fargli dire questo o quello, è tradizione consolidata del Governatore di Bankitalia di fornire suggerimenti all’Esecutivo, a imprese e sindacati secondo un’ottica pragmatica, mai furiosamente apocalittica o beceramente elogiativa. Se proprio vogliamo essere puntigliosi su queste ultime considerazioni di Visco, quello di cui si sente forse la mancanza è quel guizzo in più di analisi e di suggerimenti creativi, anche in ragione del fatto che si tratta(va) dell’ultima occasione per farlo.

Altri governatori hanno portato avanti questo approccio analitico e pragmatico con una forza retorica e argomentativa maggiore: sotto questo profilo, tutti dovrebbero in particolare rammentare la dichiarazioni di Guido Carli, secondo cui –al tempo della sovranità monetaria della lira- la Banca d’Italia stessa non potesse assolutamente compiere “atti sediziosi” nella forma di un rifiuto di acquistare i titoli di stato emessi e non acquistati da banche o altri investitori. Lo scopo di ciò stava per l’appunto nell’evitare il default delle finanze pubbliche del Paese, pur tenendo presente i costi di questa scelta “obbligata” sotto forma di inflazione sostenuta.

Oggi ovviamente i tempi sono diversi, e soprattutto diversa è la configurazione della sovranità monetaria che è in capo alla Banca Centrale Europea, ma resta fissamente presente –alla faccia di chi vorrebbe ogni volta inventarsi una teoria economica nuova, una “new normal”- il meccanismo di “coperta corta” che caratterizza le scelte della banca centrale, ovvero un forte aumento dell’inflazione (chi pensava all’inflazione nel 2019?) come costo e conseguenza dei massicci incrementi dell’offerta di moneta finalizzati a salvare la baracca europea dai pericoli gravi connessi alla pandemia, ai lockdown, e alla successiva emergenza geopolitica innescata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Sotto questo profilo, dentro un quadro macroeconomico globale caratterizzato da una crescita media del PIL del 3,5% (di un punto più basso rispetto alle previsioni fatte in uscita dalla pandemia, prima del febbraio 2022) USA e Unione Europea devono affrontare un’inflazione che ha caratteristiche diverse ma che comunque –nell’analisi standard esposta da Visco in questa e altre occasioni- deve essere affrontata attraverso il coordinamento virtuoso tra imprese, sindacati e governi per evitare la famigerata spirale prezzi-salari che colpì pesantemente l’Italia e altri paesi europei negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

È buona cosa che l’Italia possa affrontare questa congiuntura inflazionistica beneficiando di una crescita del PIL nel 2023 che secondo Visco sarà intorno all’1%, dopo il 3,7% del 2022. Mi si consenta tuttavia di essere leggermente più ottimisti del Governatore ipotizzando –a meno di stravolgimenti seri a livello globale o italiano- una crescita intorno all’1,5%, anche a motivo del fatto che –dopo due anni di compressione di consumi e investimenti a motivo di pandemia e lockdown nel biennio 2020-2021- non pare irragionevole pensare a un biennio successivo di recupero delle attività e dei consumi compressi per il 2022 e il 2023: due anni difficili compensati da due anni di recupero. Nel 2024 chissà, oppure Panetta ci dirà.