Basta abusi delle correnti, votiamo per il sorteggio del Csm

Non tutti sanno che il 27-28 gennaio i membri dell’Associazione Nazionale Magistrati saranno chiamati a esprimere il proprio voto sul referendum consultivo circa l’introduzione del cosiddetto sorteggio temperato quale sistema elettorale per l’elezione dei componenti togati del Consiglio Superiore della magistratura. Per sorteggio temperato si intende quel metodo elettorale con cui si individuano i candidati a seguito di sorteggio tra tutti i magistrati, e non secondo l’indicazione dalle cosiddette correnti.

Lo scopo della modifica del sistema elettorale è quello di impedire il diretto collegamento tra correnti e membri dell’organo di autogoverno, salvaguardando l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e il corretto funzionamento dei meccanismi decisionali. Sono molteplici le critiche mosse al sorteggio dai gruppi associativi, le cosiddette correnti, critiche che, sebbene portate con nobili argomenti, fanno sorgere più di un dubbio sulla loro genuinità. E’ bene analizzarle una per una per testarne la fondatezza. Si dice che il sorteggiato, privo di struttura politica, potrebbe diventare un imbonitore che fa promesse “da marinaio”, al pari di ciò che è oggi, sigh, dove i candidati sono scelti dai gruppi. L’assunto sconta un infondato pregiudizio. Possiamo invece immaginare, su basi oggettive che, chi accetta di essere candidato, a seguito di individuazione casuale, ad assumere una responsabilità importante come far parte dell’organo di autogoverno, proprio perché non sostenuto dai gruppi acriticamente, dovrà dire qualcosa di diverso da quello che dicono i gruppi.

Dovrà parlare di sé, delle sue esperienze e competenze. Dei suoi punti di vista, dovrà rispondere a domande. Non ascolteremmo sempre la solita grancassa correntizia. E magari che le correnti, stimolate, saranno chiamate a produrre qualcosa di nuovo. Questo pensiero non spaventa, ma dà speranza. Soprattutto sul recupero della funzione dei gruppi intermedi quali centri di formazione culturale. Si dice, ancora, che il singolo, davanti al confronto col potere, senza i gruppi, sia solo, e più sensibile alle campane e alle pressioni, anche solo subendole, senza accondiscendenza. Altro timore astruso. Un consigliere togato non sarà mai solo, perché sarà là con altri colleghi, unito a loro dall’alto senso di responsabilità che impone governare l’ordine giudiziario che dà servizio a 60 milioni di persone. Finalmente non si cercheranno maggioranze trasversali basate sull’appartenenza a gruppi, ma sull’ermeneutica della legge. E credo che sarà lui a cercare nell’esperienza ultradecennale di governo dell’ordine giudiziario, costituita dalle tante circolari e dai tanti colleghi che si sono distinti nella funzione, per assolvere al meglio la sua funzione se ne dovesse avere bisogno. Anche questo conforta.

Non si dice, invece, che il sorteggio temperato contribuirebbe a stemperare la questione delle carriere parallele all’interno della magistratura. Non sfugge che all’affievolimento dell’elaborazione culturale dei gruppi è corrisposto lo sviluppo delle carriere parallele finalizzate a perseguire certi obiettivi. Perché la promessa di uno sviluppo di carriera fidelizza l’elettore. Questo modus operandi crea un evidente discrimine con chi non segue certi percorsi e, soprattutto, ha generato il circolo vizioso che ha reso inutile fidelizzare l’elettore con proposte culturali. Il sorteggio incide su questo, questa è la vera novità. Anche questo non spaventa, anzi conforta. Si parla, ancora, dei profili di costituzionalità. Credo che si sia detto molto e con autorevolezza. E mentre chi argomenta a favore propone schemi lineari, chi è contro fa sentire il rumore delle unghie sugli specchi.

Adesso possono candidarsi tutti, ma essere eletti solo i designati dalle correnti, domani potranno essere sorteggiati tutti, ed essere eletti solo costoro, che saranno comunque un numero maggiore dei designati. Si fa fatica a vedere nella sostituzione “designazione gruppi” con “sorteggio” un vulnus costituzionale. In ultimo, si dubita che il sorteggio, per la sua causalità, possa assicurare la scelta di persone idonee ad assumere l’incarico di consigliere, così complesso e gravoso. La critica ha sicuro effetto, sebbene essa non regga né l’esame con i tristi eventi di cronaca avvenuti secondo i vecchi sistemi elettorali, né l’esame delle enormi potenzialità professionali della magistratura.

Siamo, infatti, certi che irrogare o meno un ergastolo richieda meno equilibrio e temperanza che scegliere un presidente di tribunale? Siamo certi che decidere se interrompere o meno una continuità aziendale di 200-300 dipendenti sia meno complesso che valutare dei profili per verificare le idoneità ad essere giudici della Corte di Cassazione? Ed è forse facile decidere se reintegrare un lavoratore, se privare un cittadino della capacità di agire, o della potestà genitoriale, o assumere la responsabilità di far vedere un bambino al genitore agli arresti domiciliari? O forse abbiamo talmente perso il contatto con la funzione giudiziaria, al punto da aver dimenticato quali sono le ricadute pratiche dei provvedimenti giudiziari nella vita delle persone e quali sono le qualità del magistrato impegnato tutti i giorni nella sua funzione? E allora, siamo ancora convinti che un magistrato, non prescelto, che accetti la sfida di essere sorteggiato e di partecipare alla competizione successiva, che abbia un bagaglio culturale fatto di professione vera, non possa essere scelto da altri colleghi per governare con altri l’ordine giudiziario?

In fondo, il potere di autogoverno è comunque un potere amministrativo, chiamato a realizzare un interesse pubblico dettato dalla legge che vincola la discrezionalità del Consiglio. La sua aurea non può essere accresciuta di altro significato che non sia la responsabilità che assegna la Costituzione all’ordine giudiziario, di tenersi autonomo ed indipendente al proprio interno e rispetto all’esterno, per assicurare il miglior servizio ai consociati. La magistratura è assai più responsabile di ciò che si racconta, lo ricorda la storia dell’Italia repubblicana. Sì, quindi, al sorteggio.