Il report
Beni confiscati alla camorra, la ramanzina di Libera: “Dai Comuni serve più trasparenza, Campania maglia nera”

Su 138 Comuni campani destinatari di beni immobili confiscati 53 ancora non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, vuol dire che il 38,4% dei Comuni è ancora totalmente inadempiente. L’allarme lo lancia Libera Campania con la seconda edizione del rapporto “RimanDATI Campania”, un report sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali. La fotografia che viene fuori da questo studio è in bianco e nero: anche i Comuni campani che pubblicano l’elenco non sempre seguono modalità pienamente rispondenti alla norma. C’è ancora un bel po’ di strada da fare, dunque.
«Nonostante i significativi passi in avanti dimostrati dal confronto tra la prima e la seconda edizione – commenta Riccardo Christian Falcone, responsabile beni confiscati Libera Campania – le risultanze di RimanDATI Campania 2022 dimostrano quanto il lavoro che abbiamo davanti sia ancora lungo e difficile. Ciò che impone a tutti, istituzioni, cittadini e società civile organizzata, di assumersi meglio e di più la propria parte di responsabilità. Il nostro orizzonte resta la piena conoscibilità e fruibilità dei dati e delle informazioni sui beni confiscati come strumento di facilitazione dei processi di riutilizzo sociale. In questa prospettiva, continueremo a lavorare». Al momento i Comuni che hanno regolarmente pubblicato l’elenco dei beni confiscati sono 85, la provincia di Salerno è la più virtuosa con 19 Comuni su 26 (in pratica il 73%), seguita dalle province di Avellino (7 Comuni su 11, il 63,6%), Napoli (31 Comuni su 49, il 63,3%), Benevento (4 Comuni su 7, il 57,1%). Chiude la classifica la provincia di Caserta, con una percentuale di pubblicazione del 53,3% e 24 Comuni virtuosi su 45.
Ma quanti sono i beni confiscati alla camorra nella nostra regione? Stando ai dati del portale OpenRe.g.i.o, in Campania si contano 2.656 immobili. Il dato si riferisce agli immobili destinati, quelli cioè già trasferiti al patrimonio indisponibile dei Comuni nei quali insistono. Ovviamente il numero maggiore è nella città di Napoli (1341 particelle confiscate e destinate), a seguire la provincia di Caserta (805) e quelle di Salerno (311), Avellino (87) e Benevento (21). A questi numeri vanno aggiunti quelli relativi ai tre Enti sovraterritoriali campani destinatari di beni confiscati, vale a dire la Regione Campania con 3 beni immobili destinati, la Città metropolitana di Napoli con 82 beni immobili destinati e la Provincia di Avellino con 3 beni immobili destinati. Totale: 88 beni immobili.
Un patrimonio immenso, dunque. Se ben utilizzato potrebbe dare un grande valore aggiunto in termini di opportunità nel sociale a favore del territorio e dei cittadini. Per trasformare questi immobili, da beni confiscati a sedi di nuove iniziative, c’è bisogno di una serie di passaggi che passano anche per le iniziative delle amministrazioni locali, per la trasparenza, la tempestività e la completezza delle informazioni. Il report di Libera ha puntato la lente anche sulla qualità dei dati pubblicati dai vari Comuni: in 45 Comuni Campania, per esempio, i dati sono pubblicati in formato aperto. Più dettagliate le informazioni relative a dati catastali, tipologia e ubicazione degli immobili in questione, meno quelle relative a consistenza, destinazione, utilizzazione e assegnazione. Oltre il 75% dei Comuni non specifica la durata della concessione del bene al soggetto gestore e in generale si è mediamente accresciuta la quantità e la qualità degli elenchi nella direzione del rispetto degli obblighi di legge relativi ai contenuti e al formato di pubblicazione. Anche in questo caso – fa sapere Libera – si tratta di un passo avanti importante anche se non ancora pienamente soddisfacente.
Così come ancora non può dirsi soddisfacente il quadro emerso dall’analisi sui tre Enti sovraterritoriali monitorati in Campania: in questo caso la maglia nera va alla Regione Campania in relazione alla mancata pubblicazione dell’elenco. Nel report presentato da Libera viene fotografata, inoltre, la capacità di risposta delle amministrazioni locali alle domande di accesso civico con le quali, successivamente ad una prima ricognizione, viene richiesto agli Enti locali di pubblicare o aggiornare gli elenchi. Ebbene, dallo studio è emerso che sulle 138 domande inoltrate ai Comuni, la risposta è arrivata solo in 50 casi. Ciò significa che il 64% dei Comuni cui è stata inviata la richiesta di pubblicazione o di aggiornamento dell’elenco non ha risposto, disattendendo in questo modo ad una precisa previsione normativa, secondo la quale gli Enti della pubblica amministrazione, interrogati dai cittadini con gli strumenti previsti dalla legge, hanno l’obbligo di rispondere entro trenta giorni.
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