Non è un monarca ma il capo di una comunità, più sacerdote che guerriero
Berlusconi e l’allarme azzurro: il capolavoro messo in piedi dal fondatore di Forza Italia

Non appena giunge notizia che Silvio Berlusconi sta poco bene, che è ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano, scatta subito una sorta di “allarme azzurro”. Niente di politico, nulla di calcolato. E’ la paura dei figli di perdere il padre. Non per sempre, perché Silvio è immortale, ma anche per un piccolo allontanamento, che ti fa sentire la terra che frana sotto i piedi. Così da ieri mattina a mezzogiorno le parole “terapia intensiva” volano di bocca in bocca, sussurrate come se la voce bassa potesse farle sparire. Poi il primo barlume di speranza, il Presidente è “vigile”, e il termine medico si allarga nella speranza un po’ egoistica dei figli perché il padre continui subito dopo a vegliare sui suoi piccoli.
Questo è il capolavoro messo in piedi dal fondatore di Forza Italia. Non è il monarca assoluto che molti credono. Lo credono perché lo avversano e lo invidiano. No, lui è piuttosto il capo di una comunità, più sacerdote che guerriero. Credo che ciascuno di noi, “quelli del novantaquattro”, abbia aneddoti cui riferirsi, di questa lunga storia ormai trentennale. Il mio primo incontro, per esempio, quando mi ha cercata, pur se arrivavo da un’altra storia politica, per propormi un seggio, non è stato per me edificante. Mi chiamava “signora” e mi chiedeva che cosa avrei fatto per le donne. Niente, gli avevo risposto, io mi occupo di giustizia. E per dispetto lo avevo ben bene affumicato con una sigaretta accesa che lui detestava. Ma mi ha poi qualche tempo dopo asciugato le lacrime di rabbia che mi bagnavano le guance mentre mi aggiravo furiosa per il Transatlantico, non ricordo neanche più per che cosa.
Quando si dice di qualcuno che ha un grande cuore, si pensa alla generosità economica, oppure alla capacità di stare vicino a chi è malato oppure triste. Non ti viene in mente che un Presidente del Consiglio vada di corsa dalla Lombardia alla Puglia perché là c’è un barcone di disperati che arrivano dall’Albania e che chiedono asilo. E che poi prenda sotto la propria ala protettiva una intera famiglia e se la porti via, al nord e le dia una vita vera e non da disperati. Solo chi ha davvero un cuore, ogni tanto può averlo ammaccato. E quello di Silvio Berlusconi un po’ lo è, di questi tempi. Ma provvederà come sempre il professor Alberto Zangrillo con i cardiologi del San Raffaele ad aggiustarglielo.
Quelli che non si possono aggiustare, sono i lividi dell’anima di cui parlava Rosa Luxemburg nelle lettere a Leo Jogiches. Ma quelli sono stati da tempo leniti e accarezzati dalla sua compagna, “mia moglie” l’ha chiamata in un’intervista di pochi giorni fa, Marta Fascina. Un bel punto fermo della vita, saper amare e anche essere capace di accettare l’amore. Bisogna avere un cuore. Non tutti ce l’hanno. Ma lui sì. Per questo abbiamo bisogno, certamente io che gli voglio bene da tanti anni, che l’aritmia si allenti, che tutto torni a essere normale, in quella camera della terapia intensiva del San Raffaele, perché c’è una comunità che ha bisogno del suo conductor e che aspetta Silvio.
© Riproduzione riservata