Berlusconi e quell’orologio di Luigi XVI rubato e passato in eredità alla famiglia: ora la Francia ci riprova

700 mila franchi francesi pagati ad un noto antiquario di Zurigo, proprietario della Galleria Ridding. Questa la cifra sborsata da Silvio Berlusconi, sotto probabile indicazione di Veronica Lario, sua moglie del tempo, per assicurarsi l’orologio astronomico di Luigi XVI nel lontano 1995.

Un pezzo unico, un prezioso oggetto – ora passato in eredità alla famiglia – adornato con immagini delle figure mitologiche delle tre Parche, e realizzato dall’orologiaio Robert Robin, artigiano innovatore, già a servizio di Maria Antonietta.

La passione del Cavaliere per l’arte non era certo un mistero: almeno 2.500 quadri comprati all’asta. Acquisti quasi compulsivi ora raccolti in un grande capannone accanto alla villa di Arcore e parte di un patrimonio artistico di circa venti milioni di euro. Ma tra tutti i beni posseduti, la storia dell’orologio di Luigi XVI è certamente la più singolare e risale alla notte tra il 28 e il 29 maggio 1991, quando ladri specializzati penetrarono nel castello di Bouges, nei pressi di Châteauroux, nel centro della Francia portando via il cimelio. Da lì iniziò un giro europeo tra collezionisti privati ricostruito in parte da Bernard Darties, gran cacciatore di opere rubate dell’Ocbc, il dipartimento specializzato in beni culturali della polizia francese.

Fu prima acquistato da un “grossista” olandese per 50 mila franchi e ancora rivenduto per 200 mila franchi a un commerciante tedesco di Brema. Poi la Ridding lo acquistò per 400 mila franchi, e da lì Berlusconi lo portò in Italia. Seguì la rivendicazione di Darties, giunto a Milano per esporre al Cavaliere i fatti: “Il castello di Bouges e tutti i suoi arredi sono un bene pubblico dello Stato, dunque inalienabili”. Tradotto: Berlusconi – dopo l’acquisto in buona fede – avrebbe dovuto restituirlo senza ricevere indietro alcun corrispettivo.

L’ex Presidente del Consiglio rifiutò l’invito, chiedendo quantomeno di recuperare la cifra spesa. Oggi, a ricordare le tappe della vicenda è La Gazette Drouot, storico settimanale tematico sul mercato d’arte che lancia un appello alla famiglia per riportare in patria l’orologio. In Francia non c’è più tempo.