"Napolitano mi disse: 'Adesso lei ci risolve il problema della spazzatura'"
Bertolaso: “Roma umiliata e triste. Termovalorizzatore? Gualtieri chieda a de Magistris, a Napoli l’emergenza è scomparsa”
«I momenti più difficili a capo della Protezione Civile. Termovalorizzatore? Serve il gemello di Acerra. Giubileo? Tempi stretti e disagi…»
Guido Bertolaso, attualmente assessore alla Sanità della regione Lombardia, ex commissario per il Giubileo del 2000 ed ex capo della Protezione Civile.
Qual è tra questi incarichi quello che è stato più difficile e quale ti ha dato più soddisfazione?
«Ogni incarico ha avuto un suo livello di difficoltà ma anche entusiasmanti risultati. Forse i momenti più difficili sono stati quando ero capo della Protezione Civile. Il presidente Napolitano mi chiamò al Colle una mattina e mi disse: “Adesso lei va a Napoli e ci risolve il problema della spazzatura in Campania”. Era il governo Prodi, risposi: “Obbedisco”. Subito dopo mi chiamò il capo della Polizia, il mai abbastanza rimpianto Manganelli, che mi disse: “Benissimo, tu non esci da quest’ufficio senza scorta”. Il combinato disposto di doversi occupare di rifiuti in un territorio non facilissimo e di ritrovarmi blindato in una macchina con quattro ragazzi che non mi mollavano mai non è stato un inizio proprio felicissimo. È stata davvero molto dura ma ebbi un grande appoggio, anche dal Presidente della Repubblica di cui conservo ancora gelosamente biglietti e lettere che mi mandava quando avevo momenti di sconforto. Una volta in macchina, eravamo insieme lui ed io, gli mostrai un bigliettino con su scritto “jatevenne”. Lui lo guardò e mi disse di rispondergli “nun potimm”».
Stupendo…
«Poi con Berlusconi continuammo il lavoro impostato e realizzammo il termovalorizzatore di Acerra».
Tu sei favorevole ai termovalorizzatori. A Roma è in progetto ma anche nella maggioranza ci sono molte frizioni su questo.
«È la solita diatriba più ideologica che altro. Il problema della spazzatura è mondiale, ognuno ha la sua ricetta ma in qualsiasi parte si vada dove non si trova spazzatura per strada, alle spalle c’è un riciclo molto efficace. Dietro al riciclo c’è il termovalorizzatore. Punto. Il famoso slogan “rifiuti zero” chi se l’è inventato è andato a sbattere, purtroppo noi cittadini siamo andati a sbattere. Il termovalorizzatore di Roma è un must. Quando si vagheggiava l’ipotesi che potessi occuparmi di Roma lo dissi subito. Ma non nelle modalità di cui leggo».
Cioè?
«Trovo politicamente molto sbagliato individuare un terreno nel punto più lontano possibile da Roma. È un pessimo messaggio perché poi la gente inizia a sospettare sul perché si voglia metterlo così lontano; perché è dannoso? Tutti parlano di quello di Copenaghen, ci hanno fatto la pista di sci e sta al centro della città. Quello di Brescia, gemello di quello di Acerra, lo vedi dall’autostrada. Il termo di Bolzano (quello a cui si rifà Gualtieri sbagliando) è piccolissimo. A Roma serve il gemello di Acerra che brucia nelle sue tre linee 600.000 tonnellate di spazzatura all’anno».
E infatti l’emergenza rifiuti in Campania è praticamente finita.
«Scomparsa. Mi ricordo di de Magistris che era in prima fila tra quelli che manifestavano contro. Poi da sindaco di Napoli, quando ogni tanto si spegneva una di quelle tre linee per fare manutenzione, vedi come strillava».
Sei stato protagonista del Giubileo del 2000, che fu oggettivamente un successo non essendovi stati scandali né soprattutto morti nei cantieri. Sappiamo quanto fu importante preparare quell’evento mesi prima e quanto furono spesi bene i finanziamenti. Che suggerimenti dai a chi deve affrontare quello del 2025?
«Ormai siamo di fatto a un anno esatto dal momento in cui si aprirà la Porta Santa. Molto opportunamente, visti i tempi stretti, il sindaco ha deciso di fare quella che noi chiamiamo una romanella, niente di particolare al di là di quell’intervento a Piazza Pia. Ma è inevitabile perché già così i disagi della città si sentono».
Anche perché ti ricordi che quel pezzetto di sottopasso noi volevamo farlo già all’epoca ma la Sovrintendenza ce lo impedì dicendo che sarebbero crollati i bastioni del Lungotevere…
«Mi ricordo pure che quando facemmo proprio quel sottopasso beccammo il “collettore del Gelsomino”, un’opera fatta dagli antichi romani, l’abbiamo messo in sicurezza e siamo andati avanti. Così come per lo svincolo del famoso parcheggio del Gianicolo, dove trovammo la villa romana. Il sovrintendente La Regina ci costrinse a staccare tutti gli intonaci e portarli al museo di Roma. Bisogna comunque che ci si metta tutti intorno a un tavolo, enti e istituzioni competenti, per lavorare insieme. Ti puoi mettere in una sala di palazzo Chigi, come facemmo noi, e per due anni abbiamo lavorato giorno e notte insieme. Per cui le Conferenze dei Servizi, il parere della Sovrintendenza, la decisione del questore, il piano di sicurezza, il piano dei trasporti, i parcheggi… Era tutto studiato in tempo reale. Avevo una checklist all’alba e finché non si spuntava tutto non si usciva da quella stanza. Tutti dicevano che il 2000 sarebbe stato un incubo, un disastro. Sono partigiano ma non ricordo un anno più ordinato di quello, molti romani credo che lo riconoscano».
Raccontami l’aneddoto di quando hai portato il Papa a Tor Vergata per la festa dei giovani.
«La diocesi di Roma aveva indicato come location per la Giornata mondiale della Gioventù il Divino Amore, perché volevano stare intorno a qualcosa di simbolicamente importante dal punto di vista religioso. Andai a vedere questi terreni, sembrava di stare sulle Alpi essendo tutte colline. Dissi quindi al cardinale: “Eminenza ma da qui chi lo vede il Papa? Dovremmo mettere maxischermi dappertutto!”. Alla fine riuscimmo a convincerlo e ci trasferimmo a Tor Vergata. Poi chiamai il miglior meteorologo italiano chiedendogli le previsioni del tempo nella settimana subito dopo Ferragosto e mi disse che sarebbero state le due giornate più calde del secolo passato e del secolo venturo con 40-43 gradi. I ragazzi dovevano farsi almeno 10 km a piedi per arrivare lì. Anche a 18 anni, con quella temperatura, sarebbero arrivati un quarto dei partenti… Quindi requisii tutte le bottiglie d’acqua esistenti nel Lazio e nel centro Italia, feci queste stazioni tipo gare di maratona e nei percorsi non avemmo problemi. Poi a Tor Vergata misi in piedi un ospedale da campo con cento lettini e fisiologiche in caso qualcuno arrivasse disidratato».
E poi però doveva arrivare il Papa.
«Avevamo transennato perché il Papa aveva detto che voleva girare in mezzo ai giovani. L’area era strapiena. Per il caldo che faceva i ragazzi prendevano queste transenne, ci mettevano un telo sopra e si mettevano all’ombra, quindi in pratica non c’era più l’itinerario. Arrivarono l’allora ministro Bianco col capo della Polizia ed il questore come per dirmi “ah regazzì togliti di torno che ora gestiamo noi” ma dovettero prendere atto che l’organizzazione funzionava. Il questore mi disse che era tutto perfetto ma non c’erano più le strade e le transenne e quindi il Papa non poteva passare. Chiamai mons. Stanislao, il segretario del Papa, dicendogli che purtroppo sarebbe stato meglio arrivare in elicottero, dietro al palco, e iniziare lì la cerimonia. Ricordo che lo sentii parlare in polacco, dopodiché mi dice che il Papa sta in piscina e di richiamarlo a breve. Lo richiamo e mi riportano che il Papa dice che la Divina Provvidenza ci assiste e che quindi vuole girare in mezzo ai ragazzi. Inchinandomi di fronte al volere del Santo Padre chiesi all’autista della jeep papale di attaccarsi dietro alla mia moto e di seguirmi. Io mi orientavo con le colonne luminose, facemmo quindi questi 45 minuti entusiasmanti, con i ragazzi che salivano sul cofano della macchina e gli battevano sui vetri. È stato un delirio. Il Papa è arrivato sul palco contentissimo, gasatissimo, non stava già bene ma per lui fu un momento indimenticabile».
Anche per noi direi.
Ci fu poi la musica finale che fece storcere il naso alla Santa Sede.
«Andati via tutti, avendo noi l’impianto stereo più potente del mondo, che neanche i Beatles e i Rolling Stones, presi il cd The wall dei Pink Floyd e lo misi “a palla”, tanto ormai eravamo rimasti solo noi e i netturbini».
Come vedi Roma a 25 anni di distanza, è migliorata o peggiorata?
«La vedo molto umiliata, molto triste. Ho lavorato in giro per il mondo e ogni volta mi sono sempre orgogliosamente dichiarato civis romanus. Vederla ridotta in questo stato mi fa davvero male».
Liberalizzazione del trasporto pubblico, sei favorevole?
«Io lo farei, forse così gli autobus smettono di bruciarsi e funzionerebbero meglio».
In regione Lombardia che succede? Abbiamo letto di un po’ di turbolenze…
«Turbolenze politiche, robetta. Il meteo dice che in Lombardia il cielo è sereno e tendente anche al miglioramento, quindi non ci sono problemi».
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