Diciotto mesi di una vita ‘invisibile’ quelli vissuti da Diana, la piccola morta di stenti, uccisa dalla fame e dalla sete dopo esser stata abbandonata per una settimana dalla madre Alessia Pifferi nella loro casa di Milano.
È il quadro che emerge dalle indagini sulla morte della bambina grazie alle deposizioni della stessa madre, ma anche dei racconti forniti da amici e vicini di casa della 36enne ora reclusa in carcere in regime di sorveglianza speciale e isolamento per evitare atti di autolesionismo o violenze da parte di altri detenuti.
A cominciare dalla stessa nascita di Diana. La bambina, riferisce il Corriere della Sera che cita le parole della madre, è nata nell’appartamento del compagno della donna a Leffe, in provincia di Bergamo. “Ho partorito la bambina da sola nel bagno dell’appartamento del mio compagno – le parole di Pifferi – Erano le due di pomeriggio. Appena partorito sono andata in camera da letto, ho preso il telefono e ho chiamato il mio compagno che stava lavorando al piano terra”.
Il primo mese di vita Diana lo trascorre in ospedale, poi ci ritorna due mesi dopo accudita dalla nonna, dato che la madre era a Montecarlo con il compagno, dopo la rappacificazione tra la coppia. Colpa delle febbre altissima e di una patologia ai reni legata al parto prematuro.
Diciotto mesi di bugie per nascondere una bambina non voluta, con un padre ignoto, frutto di una relazione occasionale. Bugie al compagno di Leffe, a cui diceva che la piccola era con la baby sitter o con la sorella al mare, “così io respiro”. Bugie alla madre, alle amiche: Alessia Pifferi, come raccontato da un’amica di famiglia agli investigatori, aveva anche organizzato una festa di battesimo per la piccola, senza mai celebrare il rito. Un party necessario però per ottenere regali da amici e parenti, qualche collanina o bracciale d’oro, qualche busta di banconote.
Un quadro di disaffezione e distanza dalla figlia testimoniata anche da un altro episodio raccontato di un’amica alla polizia, quando una sera lei e Alessia si erano fermate insieme a dormire a casa del compagno: “Alessia aveva tenuto Diana nel passeggino. Non l’aveva portata a letto con lei, ma lasciata lì tutta la notte“.
Restano invece ancora da chiarire con certezza le cause della morte. Martedì sarà svolta l’autopsia e i primi esami tossicologici: il medico legale che ha svolto i primi accertamenti dopo il ritrovamento della piccola Diana ha stabilito la morte almeno 24 ore prima del rinvenimento del corpo senza vita.
Sarà importante per gli inquirenti capire se Diana sia morta ‘solo’ di stenti, di fame e sete, o se la bimba sia stata sedata. Alessia Pifferi ha più volte ribadito di non aver mai somministrato calmanti o ansiolitici alla figlia, solo gocce di tachipirina per il dolore ai denti.
Ma nella casa di via Parea a Milano le forze dell’ordine hanno trovato anche una boccetta semivuota di En, un potente ansiolitico a base di benzodiazepine: secondo Pifferi sono di un uomo che avrebbe frequentato per un po’ la sua casa, ma gli investigatori della squadra mobile vogliono vederci chiaro.