Da anni il comitato si batte per avere il reparto dedicato agli adolescenti
“Bimbo morto senza avere una struttura adeguata, negata anche ad altri piccoli trapiantati”, la denuncia delle famiglie
La storia di Giovanni Castaldo ha lasciato tutti con il fiato sospeso. Il piccolo guerriero di 11 anni ha lottato contro il Covid, ma il suo cuoricino trapiantato quando aveva tre anni non ce l’ha fatta e ha ceduto. Un dolore enorme non solo per Giuseppe Castaldo e Assunta Tondi, mamma e papà di Giovanni, ma per tanti che hanno seguito la sua lotta. Soprattutto per i genitori del comitato di famiglie di utenti del Centro Trapianti di Cuore dell’Ospedale Monaldi di Napoli che si sono stretti prima nella protesta e poi nel dolore ai due giovani genitori. E ora hanno denunciato le mancanze strutturali e il numero ridotto di personale che per loro sussistono in quell’ospedale per quanto riguarda l’assistenza ai bambini trapiantati dai 10 anni in su.
“Quello che i genitori denunciano è che Giovanni, come altri bambini, non ha avuto a disposizione una terapia subintensiva pediatrica – spiega Carlo Spirito, avvocato dello sportello Federconsumatori che da anni assiste il comitato nella lotta legale – Non spetta a noi dire se questa mancanza abbia determinato il decesso del piccolo, ma certamente possiamo dire che questo bambino non ha ricevuto lo stesso trattamento, la stessa attenzione, che avrebbero avuto altri bambini che si fossero trovati nella necessità di essere traferiti in subintesiva. Questo ha distrutto una famiglia che per mesi ha vissuto con questa perenne angoscia della mancanza di qualcosa che è un loro diritto e che percepivano essere negato. Non parliamo del decesso, ma diciamo che esiste un’assistenza che non può contare su una struttura adeguata e sul numero del personale richiesto come promesso, deliberato e finanziato dalla Regione Campania”.
Mentre Giovanni lottava tra la vita e la morte, il comitato di genitori portava avanti la protesta contro la dirigenza dell’ospedale: “Le famiglie reclamano un loro diritto – ha detto Carlo Spirito, – Cioè quello di avere un reparto di terapia intensiva pediatrica di supporto, in particolare quello dedicato ai bambini dai 10 anni in su”. Quello che le famiglie hanno più volte denunciato è che manca l’assistenza, in misura di numero di infermieri e medici, e la struttura adeguata e esclusivamente dedicata a supportare i bambini, in particolare gli adolescenti. Il comitato dei genitori se la prende con la struttura e l’organizzazione ma non con i medici che invece definisce “vere eccellenze della sanità” e in tante occasioni hanno salvato al vita dei loro figli.
Mentre il gruppo di genitori saliva sul tetto dell’ospedale Monaldi per la loro ennesima protesta, riuscivano a strappare alla dirigenza la promessa di aprire immediatamente una terapia sub intensiva dove poter ospitare Giovanni nel caso ne avesse avuto bisogno e che invece era sistemato nel reparto adolescenti. “È stato promesso che ad horas avrebbero dovuto aprire una sub intensiva dedicata ma dopo la morte del piccolo Giovanni, venuta meno l’emergenza del paziente ricoverato in quel momento, di questa sub intensiva non si è saputo più nulla”, continua l’avvocato. “Ci avevano promesso anche due infermieri in più che sarebbero arrivati il 16 aprile ma non è mai successo”, ha detto Nino, papà di Ilaria, piccola trapiantata di 13 anni, attualmente ricoverata al Monaldi perché non si è sentita bene.
“I pazienti di quel reparto sono come bombe a orologeria – dice Diana Sacco, mamma di Ilaria – Un’emergenza può avvenire dall’ oggi al domani, com’è successo a mia figlia. Ma la direzione a tutt’oggi non ci garantisce assistenza e spazi adeguati adatti alla fascia d’età dai 9 anni in su”.
“Tutto è iniziato nel 2016 quando le famiglie si rivolgono a Federconsumatori perché molto preoccupate da una serie di decessi che si erano verificate nell’ambito dell’attività trapiantologica tra il 2014 e il 2016.Ci fu una iniziale risposta da parte dell’Azienda: si stabilì che si dovesse procedere con l’attività trapiantologica in un’ottica unitaria e di collaborazione tra reparti. All’improvviso arriva un’Audit che ribalta totalmente le cose: l’attività trapiantologica andava sospesa per una non meglio definita relazione conflittuale. Era il gennaio 2017. Qui i genitori denunciano la prima volta”.
“I bambini, dalla pediatria finivano nei percorsi adulti, in box a loro riservati ma che non erano aree pensate per i bambini, una incredibile crudeltà perpetrata nell’insensibilità delle istituzioni. Dopo poco fu aperto un reparto destinato ai bambini. A questo punto è emersa una nuova criticità che i genitori hanno appena denunciato: la terapia intensiva pediatrica continua a essere chiusa alla fascia di utenza dai 10 anni in su. Non si comprende per quale motivo non possano avervi accesso. Il risultato è che queste famiglie quando hanno un momento di acuto, vivono il ricovero con assoluta angoscia e trepidazione perché sanno che non c’è una terapia intensiva o sub intensiva ad hoc ma verrà ricavato un box nella terapia intensiva adulti. Questa non è assistenza accettabile per un percorso prestabilito di un’attività assistenziale seria”.
Con la sensazione di non poter accedere a qualcosa di cui hanno diritto, tra l’altro in momenti molto delicati della vita, le famiglie hanno deciso di denunciare le carenze di questi percorsi: “L’attività trapiantologica era stata autorizzata sulla base di un provvedimento provvisorio da parte del ministero della salute, al quale doveva seguire un’autorizzazione della regione Campania che non è stata rinnovata sino al 2019. Intanto sono venuti meno i principali referenti del programma (come i dottori Cutrufo, Vosa, Caianiello). E contemporaneamente le morti dopo i trapianti raggiungevano numeri elevati: su 20 trapianti c’erano stati 11 decessi nel 2014 e nel 2015. Dopo l’intervento delle famiglie cambia qualcosa, quindi qualcosa era successo. Un principio di responsabilità nella pubblica amministrazione non esiste? La cosa incredibile è che in quegli stessi anni in cui si verificava un eccesso di mortalità sono stati finanziati per circa un milione di euro all’anno”.
“Federconsumatori chiese un nuovo audit per verificare questa situazione. Con accesso civico al comune di Napoli abbiamo fatto una verifica presso il comune di Napoli, che è il soggetto che dovrebbe dare l’autorizzazione sanitaria di base per lo svolgimento dell’attività trapiantologica, abbiamo scoperto che l’ente non è a conoscenza minimamente dell’esistenza di un centro trapianti. Quindi questo centro trapianti che utilizza letti di vari reparti di quest’ospedale, non è conosciuto dal Comune di Napoli che avrebbe dovuto autorizzare l’esistenza di un reparto con posti letto autonomi e non in appoggio ad altre unità operative”.
Intanto nella denuncia presentata dai genitori si legge che “fino al 2019 ai nostri figli sono state precluse tutte le porte dei reparti pediatrici e ricoverati in reparti adulti con non poche sofferenze di carattere psicologico. E non ci risulta che qualche legge autorizzi a trattare bambini come adulti nelle cure. Una terribile crudeltà”.
“Da ammalato quello che più mi fa soffrire è che cose che ci dovrebbero appartenere di diritto ci vengono puntualmente negate. Puntualmente mi trovo nella posizione di dover combattere, a venire qui a protestare per qualcosa di cui ho diritto”, dice Nunzio. Lui, invece, a 48 anni è stato incluso nel percorso degli adolescenti. “Sul percorso cuore e del reparto unico non si sa nulla. Su tutte queste criticità abbiamo chiesto più volte un tavolo tecnico al dottor Corcione, coordinatore del centro Regionale il quale non ci risponde nemmeno”.
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