L’Umanista
Cambiamento di atteggiamento
Bisogno o desiderio? Come muoversi in un’epoca dove siamo precari e il lavoro non si perde ma si cambia
La rubrica “L’umanista” di Alessandro Chelo, esperto di leadership e talento. In qualità di executive coach, ha formato centinaia di manager dei principali gruppi industriali e ha lavorato al fianco di alcuni fra i più affermati allenatori di calcio e pallavolo
Ho proposto più volte, anche in altre pillole di questa rubrica, la mia convinzione che l’epoca 4.0 sia densa di opportunità. In effetti, con l’avvento di questa nuova epoca, le garanzie sono state ridotte, ma in compenso fioccano nuove sfide e nuove prospettive. Cosa cambia? Tanto: le garanzie ci venivano date, le opportunità dobbiamo prendercele.
Cosa significa “prendersi le opportunità”? Qual è il fattore abilitante? I nostri desideri costituiscono il fattore energetico che ci muove ad agire in tal senso, perché noi spendiamo il nostro potere in ciò che davvero vogliamo. Solo se sappiamo cosa vogliamo, potremo esprimere un atto di volontà e avere il potere di realizzare i nostri desideri e solo allora scopriremo che quei desideri corrispondono a ciò che, in fondo, abbiamo sempre voluto. Realizzando ciò che in fondo abbiamo sempre voluto, realizzeremo noi stessi e potremo assomigliare un po’ di più a ciò che abbiamo intuito di essere. L’adozione di un nuovo atteggiamento, fondato sull’esercizio del nostro potere, presuppone dunque, innanzitutto, la presa di coscienza di ciò che si desidera, di ciò che si vuole.
Questo cambiamento di scenario chiama dunque ogni individuo a un cambiamento di atteggiamento: dalla richiesta di garanzie, all’esplorazione delle opportunità. Cosa significa in termini paradigmatici? Significa che il bisogno non è più un valore centrale, esso viene soppiantato dal desiderio. Il bisogno di avere delle garanzie avrà risposte sempre più blande e ciò che farà davvero la differenza sarà sempre più il desiderio di cogliere le opportunità e questo libererà energia, intelligenza e intraprendenza. Da questo punto di vista, siamo tutti più precari, ma tutti più liberi di dare una direzione alla nostra emancipazione. Un tempo il lavoro si trovava e si perdeva, oggi, semplicemente, si cambia, ma è proprio dalla molteplicità e mutevolezza delle esperienze professionalili che deriva una più consistente e potente possibilità di apprendimento continuo. Certo, i momenti di transizione da un lavoro all’altro possono comportare delle fatiche talora improbe, eppure la gran parte dei millennial non scambierebbe le opportunità di apprendimento continuo di cui gode oggi con le garanzie di sicurezza delle quali avrebbe goduto al tempo dei boomer, al tempo in cui l’obiettivo più ambito era quello di sistemarsi in banca. Anche il concetto di precarietà può essere quindi osservato con sguardo nuovo.
Il tema del desiderio come evoluzione del tema del bisogno, è per nulla scontato e rappresenta una delle nuove frontiere della narrazione degli innovatori del nostro tempo. Non è così facile perché l’equivoco è dietro l’angolo e talora diciamo desiderio, ma intendiamo bisogno. In effetti bisogno e desiderio appartengono a piani diversi e presuppongono differenti posizioni esistenziali. Vediamo le sostanziali differenze:
• il bisogno si muove sul piano di ciò che è necessario, sul piano del “devo”, il desiderio si muove sul piano di ciò che è ambìto, sul piano del voglio;
• soddisfacendo i propri bisogni, ci si protegge, realizzando i propri desideri ci si promuove;
• I bisogni riguardano il presente, i desideri riguardano il futuro;
• soddisfare i bisogni corrisponde a colmare le carenze, realizzare i desideri corrisponde a potenziare i fattori di successo;
• la richiesta di soddisfazione dei bisogni genera relazioni di tipo paternalistico, la ricerca della via per realizzare i propri desideri genera relazioni di interscambio e spessore.
Bisogna dunque rinascere oltre le vecchie abitudini, i vecchi vizi e i vecchi pregiudizi, mettendo in discussione i nostri tabù, scardinando i vecchi steccati.
C’è bisogno di affermare un nuovo archetipo di cittadino, un cittadino che sappia mettere il suo senso di responsabilità individuale a disposizione della società; che sappia guardare alle proprie aspirazioni, prima che ai propri bisogni; che superi la tentazione di lasciarsi andare a vuote recriminazioni, nella consapevolezza che siamo tutti in transizione e tutti precari, ma tutti in crescita e sperimentazione; un archetipo di cittadino che guardi alla propria emancipazione come dovere verso se stesso e verso la comunità, facendosi così più protagonista del proprio percorso di vita, senza alibi, senza ricorrere a un nemico su cui scaricare ogni colpa.
Anche il tema del desiderio pone la questione della necessità di un nuovo linguaggio: senza nuove parole il cambiamento non ha gambe.
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