L'operazione anticamorra: 27 persone coinvolte
Blitz a Napoli, arrestati Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli: i presunti affari con il clan Di Lauro, dal marchio “Corleone” alla bevanda a forma di proiettile
Una operazione anticamorra ha coinvolto 27 persone a Napoli tra cui il popolare cantante neomelodico Tony Colombo, di origini siciliane (all’anagrafe Antonino Colombo), e la moglie Tina Rispoli, vedova di un elemento apicale della criminalità organizzata, Gaetano Marino, ucciso nel 2012 in un agguato nell’ambito delle faide di Scampia tra il clan Di Lauro e gli Scissionisti.
La coppia, più volte in passato finita nel mirino della Dda partenopea e a cui viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, è stata coinvolta in una operazione condotta dai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Napoli che hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal GIP di Napoli su richiesta dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 27 indagati poiché gravemente indiziati a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata, violenza privata aggravata, associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta aggravata agevolata, associazione a delinquere aggravata dall’aver agevolato un clan mafioso e dal carattere della transnazionalità finalizzata al contrabbando dei tabacchi lavorati esteri. Contestualmente è stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 8 milioni di euro.
Tra gli arrestati anche Vincenzo Di Lauro, figlio del superboss Paolo: il 48enne era tornato in libertà nel 2015 ed era finito nel mirino della procura lo scorso aprile 2023 con i legali che ottennero la scarcerazione dopo il ricorso al Riesame. Coinvolto un autista che prestava servizio per la Direzione Distrettuale Antimafia, in passato sottoposto a una perquisizione.
Le investigazioni, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli (pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano), dirette a ricostruire l’operatività del clan Di Lauro, e dei sottoclan alleati, nell’arco di tempo tra il 2017 ed il 2021, in continuità rispetto alle indagini per la cattura del latitante Marco Di Lauro (arrestato il 2 marzo 2019), hanno documentato la ristrutturazione organizzativa dell’organizzazione pur nel rispetto delle tradizionali regole imposte dal capofamiglia Paolo Di Lauro (alias Ciruzzo ‘o Milionario detenuto al 41bis dal 2005 e non indagato), tra cui l’assunzione del comando da parte del fratello maggiore d’età non detenuto (ovvero Vincenzo Di Lauro). Le indagini hanno consentito di ricostruire, oltre alle tradizionali attività illecite quali stupefacenti, estorsioni ed altro, tra cui le minacce ai familiari di un collaboratore di giustizia, una vera e propria “svolta imprenditoriale” quale scelta di fondo del clan Di Lauro che, abbandonando quasi del tutto l’opzione militare, che ha visto la cosca soccombente rispetto agli Scissionisti nelle sanguinose faide per il controllo del territorio e delle piazze di spaccio. In questa prospettiva strategica si collocano le attività imprenditoriali e finanziarie, con ingenti investimenti nel settore delle aste giudiziarie immobiliari, in cui gli affiliati ponevano in essere condotte di turbata libertà degli incanti, attraverso minacce rivolte ad altri partecipanti per costringerli a non presentarsi, permettendo di fatto agli emissari del sodalizio di aggiudicarsi gli immobili, la cui successiva rivendita avrebbe finanziato le ulteriori attività illecite del sodalizio.
Nel contesto, veniva rilevata una sorta di joint venture, ovvero una vera e propria alleanza organica o partnership, quale forma di stretta collaborazione tra varie organizzazioni operanti in Secondigliano, come i Licciardi (alla guida dell’Alleanza di Secondiglianco insieme ai Contini e ai Mallardo) e la Vanella Grassi finalizzata al raggiungimento di comuni interessi economici come l’aggiudicazione di aste immobiliari ovvero l’intervento per la revoca di richieste estorsive rivolte a imprenditori vicini al clan Di Lauro da parte di terze organizzazioni criminali.
Gli investimenti in attività meno rischiose rispetto al passato hanno anche riguardato la costituzione di alcune società fittiziamente intestate a terzi (ora sottoposte a sequestro), attraverso cui l’organizzazione gestiva una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati nonché il settore del contrabbando dei tabacchi lavorati esteri. Infatti, in quest’ultima attività illecita è stata cristallizzata l’esistenza di un’associazione a delinquere, stabile e transnazionale, diretta dal clan, finalizzata al traffico di tabacchi, con importazioni da paesi dell’Est europeo, quali Bulgaria e Ucraina di circa 1500 Kg di sigarette, caratterizzata da un sistema di distribuzione sul mercato campano, attraverso una rete di grossisti che rifornivano, in conto vendita, i rivenditori al dettaglio e da cui, settimanalmente, venivano prelevate le somme di denaro relative al pagamento delle forniture.
Il coinvolgimento di Tony Colombo e della moglie Tina Rispoli
L’aspirazione imprenditoriale del clan Di Lauro ha riguardato anche investimenti in società di abbigliamento e, insieme a Tony Colombo – secondo quanto emerso nelle indagini che si sono avvalse delle dichiarazioni di diversi pentiti tra cui Salvatore Tamburrino, ex braccio destro di Marco Di Lauro -, l’ideazione di un brand d’abbigliamento registrato con marchio Corleone, oltre che nella realizzazione di una bevanda energetica denominata 9 mm (con la bottiglia a forma di proiettile), evocativi e quasi ammiccanti al mondo della criminalità organizzata.
Altra attività attribuita al clan e alla coppia Colombo-Rispoli era relativa a una fabbrica allestita e successivamente sequestrata. Nello specifico le indagini permettevano anche di chiarire come l’organizzazione, finanziata dal vertice del clan Di Lauro, da Colombo e Rispoli, con una somma complessiva di circa 500mila euro, avesse provveduto, dopo l’acquisito dei materiali e dei macchinari necessari, all’allestimento di una fabbrica di sigarette ad Acerra (Napoli), successivamente sequestrata, dove, importando il tabacco grezzo dall’estero, avrebbero potuto confezionare direttamente i pacchetti di sigarette da rivendere nel territorio nazionale ovvero esportare all’estero. La famiglia Rispoli era storicamente legata al clan Di Lauro nonostante la rivalità in passata tra lo storico clan di Secondigliano e la cosca dei Marino, cui apparteneva il marito di Tina Rispoli.
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