Si vogliono intimidire le ragioni umanitarie
Blitz all’associazione Linea d’ombra, come con Mimmo Lucano l’Italia perseguita i suoi eroi
L’ora è quella solita, servono i colori sgranati dell’alba, sorprendere i malviventi nella fragilità che genera il sonno. I rei sono più arrendevoli, meno reattivi nel celare gli indizi, le attitudini al crimine. È nell’alba di Trieste che la polizia arriva in casa di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, lì è pure la sede dell’associazione da loro fondata Linea d’Ombra Odv. I poliziotti sono “alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, sequestrano i telefoni personali, i libri contabili dell’associazione, materiali utili alle investigazioni.
Finita la perquisizione sono gli stessi Gian Andrea e Lorena a darne notizia, un comunicato duro: «si utilizza la Legge in modo strumentale, per colpire la solidarietà». La polizia cerca gli elementi del reato, e le parti principali del crimine, quelle che lo riformeranno in futuro, alla stessa ora stanno danzando intorno ai tronchi dei faggi nella foresta di Lipa, in Bosnia: i profughi afghani, pakistani, quelli del Bangladesh che sfuggiranno al freddo e alle guardie croate, se arriveranno a Trieste aggraveranno la posizione di Franchi e Casarin, di quelli che come loro danno assistenza ai migranti.
Gli elementi del reato, le prove che si cercano adesso, sono i disperati che hanno vinto il gelo di Velika Kladusa e aggirato lo zelo croato sono arrivati a Trieste, è l’aiuto che Linea d’Ombra porta loro che viola la Legge e induce alle perquisizioni: Lorena e Gian Andrea sono noti per questo, dedicano molto del loro tempo e delle loro risorse per sostenere i migranti che attraversano la rotta balcanica. Nelle piazze di Trieste hanno sfamato persone che non mangiavano da giorni, ne hanno curato le ferite infette. Lorena ha 68 anni, Gian Andrea ne ha 83, una psicoterapeuta e un professore di filosofia, sono andati anche oltre confine a dare aiuto, per raggiungerli prima, quei fantasmi che costituiscono gli elementi del loro reato.
La polizia italiana dà prova di efficienza, il ministero degli Interni è pronto. È capacità europea, la stessa che in Italia, con colori politici diversi, ha fatto le pulci al modello Riace e portato in giudizio il sindaco Lucano. Una propensione tutta occidentale, nel reprimere le violazioni, indifferente al fatto che se davvero si trasgredisce non lo si fa per rubare, indifferente al fatto che dovrebbero essere le ragioni umanitarie a informare la Legge, e invece viviamo in un contesto in cui al mezzo soggiace la ragione, spezza i cuori fragili di quelli incasellati nell’Altrove.
E a queste albe livide colorate dal blu dei lampeggianti dicono di opporsi senza paura i perquisiti di Trieste: «siamo indignati e sconcertati nel constatare che la solidarietà sia vista come un reato dalle forze dell’ordine», recita la nota dell’associazione Linea d’Ombra, «oggi, in Italia, regalare scarpe, vestiti e cibo a chi ne ha bisogno per sopravvivere è un’azione perseguitata più che l’apologia al fascismo, come abbiamo potuto vedere il 24 ottobre scorso sempre in Piazza Libertà, a Trieste. Condanniamo le azioni repressive nei confronti di chi è solidale, chiediamo giustizia e rispetto di quei valori di libertà, dignità ed uguaglianza, scritti nella Costituzione, che invece lo Stato tende a dimenticare. Chiediamo la solidarietà di tutta la società civile, per tutte le persone attaccate perché solidali».
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