Sul blocco dei licenziamenti né dalla parte delle imprese né dalla parte dei sindacati. Né con le destre, né con le sinistre. Dalla parte, forse, dei lavoratori. Sul decreto Semplificazioni, di nuovo, né dalla parte di chi vuole liberalizzare gli appalti né con chi vuole mantenere lo stato delle cose che equivale alla paralisi di cantieri e opere. La mediazione sul “governo” del Pnrr è già stata trovata lunedì mattina a palazzo Chigi prima di volare a Bruxelles per il Consiglio europeo.
Il premier Draghi tiene dritta la barra della navigazione nella maggioranza larga e litigiosa del suo governo praticando la regola più antica del mondo: mediare tra le parti senza però penalizzare gli obiettivi previsti. E in settimana dovrebbe chiudere, nel senso approvare in Consiglio dei ministri, i provvedimenti previsti: decreto governance, decreto Semplificazioni. Via libera anche al decreto Sostegni 2 che contiene le norme sui licenziamenti. Si tratta di quella prima parte di “attrezzi” necessari per avviare tra giugno e luglio la realizzazione del Pnrr.
Nel caso del “lavoro” si tratta di gestire il paese nel passaggio doloroso e inevitabile di chi perderà il lavoro una volta messa alle spalle l’emergenza Covid. Che però è stata anche una terribile droga del mercato del lavoro. Il rischio della crisi sociale è dietro l’angolo con un milione e mezzo di persone che rischiano di perdere posto di lavoro e ammortizzatori. Persone a cui va data la speranza di un nuovo impiego anche se in settori diversi. Che vanno guidate e gestite. La parola finale di una trattativa che negli ultimi quattro giorni aveva sfiorato le dimissioni (di Orlando) e raggiunto eccessi verbali pericolosi con i sindacati (“sciopero”) e Confindustria (“tradite intese che mettono a rischio tutto l’iter delle riforme”), è arrivata ieri a fine mattinata. Draghi, impegnato a Bruxelles nella risposta diplomatica dell’Unione europea alla Bielorussia di Lukashenko, ha trovato il modo di cucire una mediazione che non tradisce gli obiettivi originari. Ovverosia, il blocco dei licenziamenti finisce il 30 giugno per i settori già ripartiti (industria, manifattura e edilizia) ma le aziende saranno incentivate a non licenziare. Come? La cassa integrazione Covid resta gratuita se l’azienda si impegna a non licenziare.
Un veloce ripasso per capire: fino al 30 giugno sono in vigore la cassa integrazione covid gratuita (Cig) e il divieto di licenziamento per tutte le aziende, sia quelle che usano la cig sia quelle che non la usano. Dal primo luglio ci sarebbe stata la libertà di licenziare. Il ministro Orlando si era speso nelle scorse settimane rassicurando i sindacati circa una nuova proroga del blocco dei licenziamenti almeno fino al 28 agosto. Ha dovuto, “amareggiato” fare marcia indietro. Non del tutto ma un po’. Così come Confindustria che chiede di avere mani libere perché le aziende per ripartire devono poter ristrutturare. La pandemia ha cambiato i modelli di business. La mediazione con i partiti della maggioranza si è conclusa ieri. Alla fine ha soddisfatto anche il Pd. «È una buona via di mezzo, avremmo dovuto pensarci noi invece di spingerci così dalla parte dei sindacati» dicono fonti parlamentari che pure comprendono l’amarezza di Orlando e gli interventi in sua difesa del segretario Letta. Non è soddisfatta Leu. E neppure i 5 Stelle che però in questo momento hanno altri problemi, tra cui il partito di Di Battista.
Nel pomeriggio Draghi può confermare da Bruxelles che «la mediazione ha retto ed è un miglioramento considerevole sia rispetto all’eliminazione pura e semplice del blocco sia di una posizione che vedeva il mantenimento tout court fino a ottobre». L’intervento previsto «è in linea con quanto accade negli altri paesi Ue: incentivi alle imprese per non licenziare». Una mediazione che «certamente scontenta quelli che avrebbero voluto continuare col blocco, ma non scontenta quelli che avrebbero voluto sbloccare tutto immediatamente. Spero che tra qualche tempo sindacati e imprese si possano ritrovare in questa mediazione che è un deciso miglioramento rispetto alla prevista conclusione del blocco dei licenziamenti già inserita nel Def». Poi il ministro Orlando era andato per la sua strada. Una deviazione non concordata e che è stata corretta. Ieri sera anche il ministro del Lavoro ha rivendicato la “mediazione Draghi” come una “norma di buon senso”. Incidente chiuso.
Ancora misteriosa la mediazione sulle Semplificazioni. Il premier ha chiarito che la norma è pronta e non è stata snaturata rispetto all’obiettivo finale: cominciare a rimuovere i colli di bottiglia che bloccano il paese. La bozza circolata venerdì era un classico pesce pilota: si fa uscire un testo scritto per misurare l’effetto che fa. «Si tratta di cambiamenti molto importanti e profondi – ha aggiunto il premier – per cui, sebbene sollecitati dalla Commissione –mi aspetto che ci sia diversità di vedute. Si tratterà di trovare un punto di incontro, senza che venga snaturato l’obiettivo principale dello sforzo: costruire un’Italia più equa e competitiva, quella che vediamo nel Pnrr». Sulle Semplificazioni, questa prima tranche, il governo potrebbe rivedere il capitolo dei subappalti e mettere comunque un tetto al massimo ribasso. Gli uffici stanno cercando la soluzione tra la rigidità di Pd e 5 Stelle (“così apriamo alle mafie”) e l’appalto libero a cui punta la Lega.
L’obiettivo è cancellare i record italiani: vent’anni per completare un’opera pubblica; due anni di permessi e autorizzazioni per aprire un cantiere; uffici tecnici dei comuni, che saranno gli enti finali attuatori dei progetti del Pnrr, non in grado di gestire un appalto di grandi dimensioni. Anche in questo caso la mediazione è pronta. «Arriviamo nei prossimi giorni, direi immediatamente – ha promesso Draghi – ad una versione definitiva che sarà condivisa in tutte le sedi politiche necessarie». Questa settimana, tra domani e venerdì. Alla faccia delle Cassandre che da giorni vaticinano ritardi e insuccessi.