“L’ uomo che ha portato in piazza i «gilet arancioni» disobbedendo alle regole di distanziamento sociale è un ex generale dei carabinieri. A Milano e a Roma, Antonio Pappalardo ha guidato un manipolo di sciamannati contro il governo e la «falsa emergenza della pandemia». Vuole «stampare moneta», con l’assenso di Draghi (!), e uscire dall’ Europa. Sta con i No Vax.”. Lo scrive Aldo Grasso in articolo del Corriere della Sera riportato da Dagospia.
“Dice di essere uno dei più grandi musicisti al mondo e che in Vaticano lo considerano un genio. La sua ultima battaglia è contro la bufala del Covid.”, continua Grasso.
“Si potrebbe pensare che Pappalardo abbia preso un colpo di sole. Non è così. È stato generale di brigata (con tutto il bene che vogliamo all’ Arma). È stato sottosegretario nel governo di Carlo A. Ciampi (con tutto il bene etc.). È Cavaliere della Repubblica, regnante Oscar L. Scalfaro (con tutto il bene etc.).”, continua Grasso, aggiungendo: “È stato parlamentare, sodale di Mariotto Segni, del Psdi, dei forconi, di An Sospettiamo che «pappalardo» sia un caso esemplare di deonomastica, il passaggio dal nome proprio al nome comune. Siamo circondati dai pappalardi (nessuna ironia), dai molti che la pensano come lui sotto altre insegne.
La società che tentano di abbattere ha aperto loro infiniti interstizi e occasioni per esprimersi e manifestarsi. Come avrebbero detto Fruttero & Lucentini, «per realizzarsi » “.
Confesso che anche a me, come ad Aldo Grasso, non è il signor Pappalardo che mi lascia davvero sgomento.
Mi lasciano sgomento, e non poco, i pappalardi che sono in “noi”, oltre a quelli che sono tra noi.
O meglio, in tanti italiani tra i quali io non posso assolutamente riconoscermi.
Ed è per questo che trovo poco da ridere – come fanno alcuni – dopo aver visto lo sconcertante “proclama” diffuso sui social nel quale Pappalardo – con solenne oratoria, e scandendo bene ogni parola – dice: “in nome del popolo sovrano, libero e indipendente, e dell’Arma dei Carabinieri, di cui mi onoro di far parte, mi assumo, nella mia veste di generale dei Carabinieri, la piena responsabilità, di invitare, con l’aiuto dei liberatori d’Italia i cittadini civili e militari, a salvare con tutti i mezzi legali l’Italia portando avanti i seguenti dieci punti irrinunciabili”.
I dieci punti irrinunciabili di Pappalardo, enunciati prima di concludere, “Sul mio onore, Generale Antonio Pappalardo”, sono: l’arresto del capo dello stato, del capo del governo, dei ministri tutti abusivi e dei parlamentari non convalidati; l’istituzione di un governo provvisorio per l’elezione di una assemblea costituente, che dovrà redigere la nuova carta costituzionale;
l’stituzione di una repubblica federale su sei stati federati: Padania, Tre Venezie, Etruria, Partenope, Sicilia e Sardegna; l’uscita dall’euro; la lotta senza se e senza ma alla mafia bianca, organizzazione criminale massone-giudaica che da oltre un secolo domina gli stati e la casta politica per asservire i popoli e le loro coscienze; l’abbattimento della disoccupazione, in specie dei giovani;
il controllo totale del territorio per garantire la massima sicurezza dei cittadini;
il blocco delle migrazioni con rimpatrio immediato dei migranti non regolari
riordino della giustizia e dell’amministrazione pubblica dello stato; gratuità delle prestazioni di parlamentari e governanti.
Questo proclama ed i miracoli promessi, che sembra uscito da una commedia Anni Settanta, potrebbe farci ridere, come ci fanno ridere Cetto La Qualunque, di Antonio Albanese, e ci faceva ridere il Colonnello Rambaldo Buttiglione, di Mario Marenco.
Se non fosse che il signor Pappalardo, pur non specificando nel proclama che è da tempo in pensione e fiscalmente residente in Tunisia – dove ha invitato i pensionati dipendenti civili e militari dello stato a raggiungerlo, per godersi la pensione esente da imposte italiane, e anche perché “in Tunisia le ragazze sono aperte e rispettano l’uomo” – è pure sempre un generale in congedo dell’Arma dei Carabinieri. E dovrebbe essere quindi ancora legato al giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana e, soprattutto, tenuto all’osservanza della Costituzione e delle leggi, per la salvaguardia delle libere istituzioni.
Ma la serietà sembra ormai da qualche tempo aver perso ogni cittadinanza in Italia. E sembra che i pappalardi che abbiamo già visto in toga, prima di transitare in politica, pur continuando a sentenziare e proclamare in ogni occasione da magistrati, non ci abbiano ancora insegnato nulla. Speravo non vederne altri addirittura in uniforme, seppure dismessa e alla quale non rendono certamente onore.
Va però ricordato che sono altro dai pappalardi le Forze Armate e di Polizia repubblicane. Cui mi onoro aver fatto parte, come ne ha fatto parte mio padre, e che sinora hanno rappresentato un fiore all’occhiello del nostro Paese.
Spero continuino a restarlo. Ma “nei secoli fedeli” e “usi obbedir”, alla Costituzione e alla legge. Ma anche “tacendo”. Se non altro per non perdere l’occasione di stare zitti, e non correre il rischio di infangare il nome dell’Arma del Corpo o delle Forze Armate in nome dei quali millantano indebitamente di parlare.
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