La tocco piano: Ricardo Franco Levi sulla querelle “Carlo Rovelli alla Fiera del Libro di Francoforte in rappresentanza dell’Italia” per me ha sbagliato in modo grave e dovrebbe dare le dimissioni da presidente dell’Associazione italiana editori.
Se la prima decisione (poi rimangiata, con il rinnovo dell’invito) di cancellare l’invito a Carlo Rovelli fosse stata riferita alle sue dichiarazioni da querela contro il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sarebbe stata per me una decisione sbagliata. Ma sarebbe stata sbagliata anche nel caso fosse venuta per la diffusione, da persona non consapevole, di propaganda russa.
Intanto, non si censura un intellettuale “solo” perché ha dato all’intero ministero della Difesa italiana dei “piazzisti di strumenti di morte”. Poi, non lo si censura nemmeno se cita in modo peloso e parziale l’articolo 11 della Costituzione, cercando di indottrinare il pubblico di giovani del concertone del 1° maggio, mascalzoneggiando che “l’Italia ripudia la guerra” e basta, omettendo ad arte il resto dell’articolo che spiega, appunto, in quali circostanze e in che modi l’Italia può partecipare a una guerra. Vaccate come quelle di Rovelli sull’art. 11, diffuse col megafono di tutti i media italiani, danneggiano il certosino lavoro di ogni professore di Diritto Costituzionale, incluso il mio. Ma lo ribadisco: tutto questo, per me, non è sufficiente a censurare un intellettuale del calibro di Carlo Rovelli.
Il mondo della cultura italiana ha reagito all’esclusione di Rovelli in modo pronto e forte. Talmente forte che alla fine Ricardo Franco Levi è tornato sui suoi passi e ha ribadito l’invito al fisico. Una voce interessante fuori dal coro è stata quella del collega dell’Espresso e di Repubblica, Massimiliano Coccia, “Carlo Rovelli sa benissimo che la sua esclusione della Fiera di Francoforte in rappresentanza dell’Italia non è dovuta alla richiesta di censura da parte del Ministro della Difesa Guido Crosetto ma è da ricercare dalla eco profonda che le parole pronunciate dal palco del Primo Maggio hanno avuto sia in Italia che all’estero.” Cos’altro ha detto Rovelli dal palco del concertone? Coccia penso si riferisca a questo brano qui: “Volere la pace, ma dopo la vittoria, significa volere la guerra, ovviamente. Vediamo orrori commessi del nemico, veri. E gli orrori che fanno le nostre armi? Le migliaia di bombe che noi produciamo e mandiamo sui diversi teatri di guerra, devastano e ammazzano come le altre. Creano dolore come le altre.”
Quindi per Rovelli le armi, a prescindere da chi le usa e per quale fine, sono sempre e solo da condannare. Per questo ha condannato in tv l’intervento statunitense nella Seconda guerra mondiale, allineandosi al pensiero nazifascista che ancora oggi ciancia di un 25 aprile “festa dell’occupazione”. Per questo, su La7, se n’è uscito come piace al presidente del Senato, La Russa, sostenendo “non sono sicuro che la nostra [guerra dei partigiani, della Resistenza] fosse una guerra di liberazione. Eravamo alleati dei tedeschi e Verona fu bombardata dagli inglesi, non dai tedeschi”. Immagino che l’illustre fisico condanni anche la bomba che esplose in via Rasella contro le SS che il presidente del Senato ricorda amabilmente come dei poveri “musicisti in pensione”. Rovelli sulla nostra guerra di Resistenza la pensa come fascisti, nazisti e neonazisti: per quanto la cosa mi procuri il vomito, è suo diritto.
Sentiamo ancora l’interessante j’accuse di Coccia: “Legittimare de facto la reazione di Putin per fantomatici complotti della NATO e della Ue contro la Russia, equiparare aggressori ed aggrediti, chiedere un disimpegno militare non sono idee qualsiasi nel resto d’Europa e sono ritenute giustamente prodotti di disinformazione prodotti dal Cremlino e sono contrastati perché considerati attacchi alla sicurezza nazionale al pari di un attentato. Una sana informazione non è un’informazione omologata ad un pensiero ma è il libero mercato delle notizie convalidate dagli accadimenti, il resto è opinionismo che va bene sulla scadente tv italiana ma non alla Fiera di Francoforte.” Condivido il punto di Coccia, ma resto della mia idea: meglio di una censura è l’aggiunta di voci contrarie a quella di Rovelli.
In Italia abbiamo questa pratica ignobile: dare il megafono dei media a degli intellettuali che sono delle autorità in un campo (la Fisica dei buchi bianchi per Carlo Rovelli) per farli esprimere su campi di cui ostentano una ignoranza crassa, non sanno proprio nulla di nulla. Vi risulta che Rovelli abbia una pubblicazione accademica di Storia della seconda guerra mondiale, o di Diritto costituzionale, o di Geopolitica? Zero, Nicht, Nada. E allora perché farlo parlare di cose che non sa? Per usarlo come zimbello e suscitare tante polemiche, che fanno ascolti. E’ l’infame teorema Orsini-Bianca Berlinguer, per capirci.
Il filosofo americano Harry Frankfurt ha descritto molto bene questo fenomeno. Frankfurt a Rovelli gli darebbe del “bullshitter”, come ha fatto con Donald Trump. Il bullshitter non si oppone alla verità. E’ completamente indifferente alla verità: “Le stronzate sono inevitabili ogni volta che le circostanze obbligano qualcuno a parlare senza sapere di cosa sta parlando. […] Questa discrepanza è comune nella vita pubblica in cui le persone sono spinte a parlare di materie nelle quali sono ignoranti […] nella diffusa convinzione che in una democrazia ogni cittadino debba avere un’opinione su tutto o almeno su tutto ciò che attiene alla gestione della cosa pubblica.” (Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico, 2005, pp. 60-61)
Lasciate che Rovelli spari le sue “stronzate”, citando Frankfurt. Magari affiancate alla sua voce quella di chi è competente. Sia alla Fiera del Libro di Francoforte, visto che lì si rappresenta l’Italia, che dal palco del 1° maggio o da uno studio televisivo.
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