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Come aiutare gli insegnanti a diventare “esperti”: l’encomiabile progetto Expert Teacher della Erickson

Insegnante, giornalista e scrittore
Come aiutare gli insegnanti a diventare “esperti”: l’encomiabile progetto Expert Teacher della Erickson

Il manuale dell’expert teacher. 16 competenze chiave per 4 nuovi profili docente, (Erickson 2019, 406 pagine, 20€) curato da Dario Ianes, Sofia Cramerotti, Laura Biancato e Heidrun Demo è uno di quei testi fondamentali sulla scuola come se ne trovano pochi, anche guardando all’editoria internazionale. Un manuale che meriterebbe un premio istituzionale da parte del MIUR, o addirittura la cooptazione dell’iniziativa di formazione, rendendola gratuita e obbligatoria per tutti i docenti, dal momento che i costi di questa formazione non appaiono bassi né alla portata di tutti (dai 990 euro in su).

Un manuale politico-propositivo

Il punto di forza di questo volume è senza dubbio nel suo carattere politico-propositivo: dal momento che uno degli atavici problemi della Scuola italiana è quello di individuare delle competenze su cui far convergere i docenti, in modo anche da rendere questo corpo professionale valutabile in modo oggettivo, i quattro curatori, coadiuvati dal settore Ricerca e Sviluppo delle Edizioni Erickson, affiancato da un Comitato scientifico e col supporto finanziario della Provincia Autonoma di Trento, hanno progettato e illustrato un Syllabus di competenze chiave del docente esperto. In questo consiste il “progetto Expert Teacher (ET)” fondato sul principio filosofico che “la qualità della scuola si fonda sulla qualità dei docenti” (11).

La formazione dei docenti? Continua.

Gli autori sottolineano quanto è importante che la formazione per i docenti sia continua, in modo che l’aggiornamento professionale diventi un modus operandi che incrementi l’apertura al cambiamento e favorisca una tensione al miglioramento continuo, per l’intera vita professionale. Gli autori ricordano che il concetto di “standard professionale” per i docenti della scuola non è un principio istituzionalizzato, anche se una cornice delle competenze si trova in molti e diversi documenti sia italiani che europei, che vengono debitamente citati (Il profilo professionale che appare nel CCLN 2018 all’art. 27; il Profilo delle competenze INDIRE per i neoassunti del 2017/18; il quadro di competenze indicato dal Piano nazionale di formazione del personale docente del DM 797 del 19 ottobre 2016; il documento MIUR del 14 aprile 2018 chiamato Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio; il Profilo dei docenti inclusivi dell’European Agency for Special Needs and Inclusive Education; il Codice deontologico della professione docente preparato nel 1999 dall’Adi, l’Associazione docenti e dirigenti italiani).

Non esiste un percorso di carriera per i proff

Lavorando su tutte queste fonti, i curatori hanno proposto un profilo di competenze che sembra essere molto convincente e parte da quella famosa lacuna che riguarda la mancanza di possibilità di carriera per i docenti: “A differenza di ciò che accade in altri Paesi” si legge, “in Italia non esiste una carriera di progressione per il docente, né ruoli intermedi (quelli che all’estero sono riconosciuti genericamente nel middle management) in termini di varianti del profilo professionale” (18). I quattro autori immaginando che alle normali mansioni di docenza, per quei docenti che lo desiderassero, si potessero aggiungere funzioni aggiuntive di direzione, in modo da dar vita a una “leadership diffusa” nei vari istituti, dando forza a quelle mansioni che negli ultimi anni si sono create (i collaboratori del Dirigente, le Funzioni strumentali, il referente d’istituto per i Bes e per i Dsa, il coordinatore per il sostegno, l’Animatore digitale, i docenti del team dell’Innovazione, il referente per il contrasto al cyberbullismo e al bulismo, i tutor per il docente neoassunto, il referente per la valutazione d’istituto e la compilazione del Rav, il tutor per l’alternanza scuola-lavoro).

Non basta conoscere la propria materia

Sostengono gli autori: “Nella maggior parte dei Paesi europei il solo possesso delle conoscenze disciplinari non è ritenuto sufficiente per un inserimento nel mondo della scuola. La capacità di programmare e progettare la didattica, la riflessione pedagogica e la capacità di utilizzare le più aggiornate strategie, metodologie e tecnologie, […] fanno del docente un vero e proprio professionista dei processi d’insegnamento e apprendimento” (21). L’obiettivo è dunque quello di promuovere “una formazione effettivamente personalizzata” che unisca a tutto ciò anche una serie di soft skill, o profili di competenza trasversali, “di carattere relazionale, di gestione della classe e dei gruppi, di progettazione, comunicativo, creativo e digitale” (22).

Si immagina dunque un docente esperto che non solo abbia padronanza dello specifico metodologico ed epistemologico delle conoscenze e del contenuto delle sue discipline, ma anche padronanza dei principi e delle metodologie di sviluppo, un repertorio di strategie didattiche e la capacità di applicarle in vari contesti. Non basta: ci vuole capacità di riflessione e di autocritica ed empatia, “intesa quale capacità di ascoltare e comprendere gli altri riconoscendone dignità e talenti” (23) e una competenza gestionale.

Un syllabus di 16 competenze

Alla luce di questo, è stato partorito un syllabus di 16 competenze suddiviso in 4 differenti profili di docente esperto. Le tre macro-aree immaginate sono quelle della Professione, della Didattica e della Organizzazione, viste come “un ambito irrinunciabile del profilo professionale” (26) e ogni docente dovrebbe dedicarsi nell’arco della sua carriera a migliorare le sue capacità in queste tre macro-aree. Nella prima rientrano 6 competenze chiave: “1) praticare l’etica professionale, 2) saper gestire le relazioni, 3) formarsi e innovarsi, 4) risolvere i problemi, 5) possedere competenze digitali e 6) avvalersi della lingua inglese come strumento professionalizzante” (27-8).

Nella seconda area, quella della didattica, sono incluse altre 7 competenze base: “1) progettare la didattica, 2) valorizzare i talenti e orientare, 3) organizzare le risorse educative, 4) includere, 5) gestire la classe e i gruppi, 6) osservare gli studenti e valutare il loro percorso di apprendimento, 7) valutare l’efficacia degli interventi didattici” (30-1).

Nella terza area si trovano le ultime tre competenze: “1) Collaborare, 2) progettare e valutare, 3) gestire e accompagnare” (31-2).

L’intento della Erickson

Ognuna di queste competenze ha un suo descrittore e degli indicatori che offrono un panorama di dettaglio assai utile per tutti già oggi. L’intento della Erickson è dunque quello di “creare un percorso di sviluppo e certificazione delle competenze” per far diventare gli insegnanti che lo volessero “insegnanti esperti”. Per far questo la casa editrice ha definito quattro proili di docente esperto:

  1. Esperto in didattica innovativa e inclusiva
  2. Esperto in sviluppo professionale continuo
  3. Esperto in organizzazione scolastica
  4. Esperto in orientamento formativo

E ha provveduto a delle dettagliate descrizioni del profilo per ciascun tipo. (35) La casa editrice ha dunque messo a punto quel che chiama “il radar Expert Teacher”, uno strumento di autoanalisi delle competenze professionali, attraverso un questionario di autovalutazione, automatizzato tramite algoritmo, digitale e infografica che permette di individuare le aree di forza e di debolezza dell’insegnante (43).

Un Master per insegnanti

Sostituendosi di fatto al Miur, la casa editrice, in collaborazione con IUL Università telematica degli studi, offre un master che è un percorso formativo in base al profilo e alle carenti da potenziare, attraverso un kit di materiali base, la figura del mentor di profilo, la figura del trainer di palestra, le palestre digitali e il digital badge (44), il tutto basato su quella peer education (istruzione fra pari) che si è dimostrata tanto preziosa negli ultimi anni. Al termine del progetto si consegue un digital badge che attesta le competenze acquisite, e si conclude con un colloquio valutativo in presenza.

Il resto del volume, preziossismo, è una collettanea che esamina in dettaglio cosa intenda Erickson per “professione, didattica e organizzazione” con interventi di dirigente scolastici, docenti di scuola, psicologi, pedagogisti, professori universitari, ricercatori ed esperti di formazione e Scienze dell’educazione.

Proprio perché sono del tutto in accordo con questa impostazione, sottolineo ancora una volta come non sia realistico e possibile chiedere all’attuale corpo docente, retribuito in modo scandalosamente basso, tutto questo ventaglio di nuove competenze. Se davvero la Scuola è una priorità per lo Stato italiano, occorre investire in questo settore gran parte di quei fondi europei a cui stiamo avendo accesso in queste settimane. Solo rendendo la professione docente attraente sotto il profilo retributivo si riuscirà ad attrarre a questo campo lavorativo professionisti in grado di mettersi in discussione e di ampliare continuamente le loro competenze e conoscenze nei settori pedagogico, didattici, relazionali e di gestione.

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