Quando, dopo le elezioni del 25 settembre, sono stati annunciati i nomi dei nuovi ministeri è scoppiata subito una polemica per l’aggiunta del sostantivo “merito” al ministero dell’istruzione, guidato da Giuseppe Valditara. In molti ci siamo chiesti perché questa parola spaventa e quali possono essere le sue interpretazioni.
Per PRIMOPIANOSCALAC di Telos A&S, ne abbiamo parlato con Fabio Lucidi, prorettore alla quarta missione ed ai rapporti con la comunità studentesca dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma. Quando si parla di “quarta missione” ci si riferisce all’abbattimento delle diseguaglianze e alla promozione della mobilità sociale, quindi di “merito”. “Il concetto di merito non rimanda dunque all’esclusione di alcuni a vantaggio di altri, ma all’opportunità di ciascuno di vedere messo in rilievo il proprio contributo, quando questo è offerto con impegno e passione. Questo corrisponde alla necessità delle istituzioni formative di dare forza alle differenze individuali, poggino esse sul genere, sullo status socio-economico, su etnia o background migratorio, su qualsiasi orientamento, evitando che si trasformino in disuguaglianze” osserva Fabio Lucidi.
Queste considerazioni ci riportano al significato della parola “merito” e alle sue differenti accezioni. Per alcuni, l’introduzione di criteri meritocratici nell’istruzione italiana è l’anticamera per le classi differenziate e il sostegno a scuole private di eccellenza, a scapito delle scuole pubbliche. Senza arrivare a questi estremi, la Fondazione Milani chiarisce le sue perplessità: “Ci saremmo aspettati che il nuovo ministero dell’Istruzione fosse denominato ‘Ministero dell’Istruzione e dell’accoglienza’ anziché ‘Ministero dell’Istruzione e del Merito’ non perché la scuola non debba riconoscere ed esaltare i meriti di tutti e di ciascuno (è implicito nelle sue funzioni), ma perché sono gli abbandoni scolastici il vero problema”.
Una realtà che trova conferma nei dati di uno studio di Save the Children “Alla ricerca del tempo perduto. Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” (settembre 2022). L’indagine evidenza che, nel nostro Paese, il 12,7% dei ragazzi non arriva al diploma, perché abbandona gli studi, con punte 21,1% in Sicilia e 17,6% in Puglia. Il problema non è solo la dispersione, ma anche la qualità dell’istruzione. Il 9,7% dei diplomati nel 2022 non ha le competenze minime per affrontare il mondo del lavoro o l’università. Ora la parola “merito” può spaventare. Ma certamente dobbiamo dare una risposta concreta ai giovani. Ricordiamoci che l’ignoranza è una bestia tutt’altro che meritocratica, perché se la prende con i più deboli.
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