Solo negli ultimi giorni la lista delle donne uccise per mano del marito o dell’ex compagno si è ulteriormente allungata (a Roma, un uomo ha sparato con un fucile a canne mozze alla sua ex fidanzata, a Padova, un altro ha sequestrato la ex, nel fiume Po, con affondamento dell’auto, è stato inscenato un suicidio a coprirne femminicidio) e così è partito il solito carosello di recriminazioni e negazioni. Sì perché dall’omicidio di Giulia Cecchettin in poi è seguita anche questa, la negazione, e più precisazione la negazione del patriarcato come quel fenomeno che, accentrando il potere decisorio nelle mani del pater familias, ne fa dipendere la prevaricazione maschile.
Sono state spese parole e meta-pensieri sul perimetro storico ed eziologico del patriarcato che quasi è parso scorgere un moto di orgoglio nel rivendicare la modernità di tali fatti che non vogliono essere rinchiusi nel termine “fenomeno”, bensì considerati come la somma di tanti casi isolati rimessi a precari equilibri psicologici. Non atavica sociale eredità (ed atavica responsabilità) dunque, ma piccole parti funzionali quasi inevitabili della contemporaneità. In questa parvenza di normalità dove si predica che “salva qualche eccezione, va tutto bene”, vi è una generale indifferenza dove è chiara la collusione con un sistema che silenziosamente tramanda l’abitudine di donne sottomesse, economicamente e quindi psicologicamente, ai propri uomini (oggi il 40% delle donne non lavorano e non hanno un proprio conto corrente).
E così ogni anno si stilano i consuntivi delle morti femminili ove i numeri parlano chiaro: l’unico vero dato su cui bisognerebbe interrogarsi è perché da oltre un ventennio i femminicidi non solo non sono calati, ma sono addirittura peggiorati “Non abbiamo ancora capito come arrestarne” – così, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne del 2023, il Procuratore Capo di Pordenone. Eppure, ciò nonostante, il movimento negazionista è sempre all’opera e per motivare le notizie atroci che la cronaca racconta si spinge a dettagliare quei piccoli particolari facendoli così intendere come sfortune isolate e non come parti di uno stato generale di pericolo. Ma le donne lo sanno che non è così, sono state cresciute ed educate a stare “maggiormente attente”. Vien da chiedersi allora chi è che si avvantaggia di questa ingannevole narrazione. E soprattutto perché.
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