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Dieci anni della presidenza Mattarella, custode della Repubblica

Giornalista e Docente
Dieci anni della presidenza Mattarella, custode della Repubblica

Essere Presidente della Repubblica significa rappresentare l’unità nazionale; un compito che la Costituzione affida con una formula essenziale, ma che nella pratica si traduce in un esercizio costante di equilibrio, poiché l’unità non è mai un dato acquisito bensì il risultato di una mediazione continua tra forze che divergono e si contrappongono. Quando il sistema politico si inceppa e il Parlamento fatica a trovare soluzioni condivise, è il Presidente a garantire la continuità dello Stato, affinché l’instabilità non si trasformi in paralisi. Sergio Mattarella ha interpretato questo ruolo con misura e fermezza, senza mai sovrapporsi alla politica ma vigilando affinché i suoi inciampi non si traducessero in un pericolo per le istituzioni. Ha lasciato che i partiti si confrontassero e si assumessero le proprie responsabilità, pur mantenendo sempre una linea di rigore e responsabilità; e se ha accettato soluzioni imperfette, lo ha fatto perché il suo compito non è creare governi ideali, bensì garantire che la Repubblica abbia un governo.

Quando le forze politiche si sono mostrate incapaci di trovare un equilibrio, il Quirinale è diventato l’unico punto fermo, giacché la Costituzione affida al Presidente la responsabilità di nominare il Capo del Governo e di assicurare che ogni passaggio istituzionale avvenga nel rispetto della stabilità del Paese. Così è stato nel 2018, quando la politica ha prodotto una maggioranza senza precedenti, e così ancora nel 2021, quando l’emergenza pandemica ha richiesto una leadership in grado di rassicurare mercati e istituzioni internazionali. Non è stato un intervento arbitrario, bensì l’uso più rigoroso e consapevole delle prerogative costituzionali. Anche sul piano internazionale, la sua voce si è imposta come un punto di riferimento quando la politica sembrava troppo fragile per dare messaggi chiari; e quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Mattarella ha ribadito senza ambiguità che il diritto internazionale non è una materia su cui si possa negoziare. In un tempo in cui le leadership cambiano rapidamente e gli equilibri politici si ridefiniscono senza certezze, la sua coerenza ha rappresentato un elemento di stabilità, non solo per l’Italia, ma per chi dall’esterno cercava un interlocutore affidabile.

Poi vi è stata la rielezione, forse la dimostrazione più evidente della fragilità dell’attuale politica italiana incapace il più delle volte di trovare soluzioni condivise cedendo rendite  particolari  a beneficio delle istanze generali. Allora il Parlamento, incapace di individuare un successore all’altezza del ruolo, ha chiesto a Mattarella di restare, non perché non vi fossero alternative, ma perché nessuna appariva abbastanza solida da garantire la stessa credibilità. Egli, che aveva già preparato il congedo, ha accettato con lo stesso senso del dovere con cui aveva affrontato il primo mandato, poiché la Repubblica non può restare senza una guida nel momento del bisogno.

Innumerevoli i suoi moniti alla collaborazione e al buonsenso ma rimane scolpito nella nostra memoria quel suo appello “è il tempo dei costruttori”,  ripetuto a più riprese  non come un appello generico ma come un invito preciso: la stabilità di un sistema democratico non può dipendere per sempre da un solo uomo ma da una comunità tenuta insieme da valori democratici e solidali non negoziabili. 

Mattarella ha custodito la Repubblica in tanti momenti difficili: a lui va il grazie dell’intero paese. 

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