Fratelli d’Italia continua a salire nei sondaggi, e per molti analisti e commentatori il partito di Giorgia Meloni, l’unico all’opposizione, ha messo nel mirino gli alleati della Lega.
Tanto che, come un Dino Risi del Ventunesimo secolo, sarebbe pronta a girare il remake de «Il sorpasso», nell’ambito di un derby tutto interno alla Destra.
Ho (nuovamente) affrontato il tema con Livio Gigliuto, vicepresidente di Istituto Piepoli, con il quale abbiamo fatto il tagliando alla strategia della Meloni. Già alcuni mesi fa avevamo parlato di una visione a medio-lungo termine, vista la scelta di stare fuori dall’esecutivo. Una scelta che, evidentemente, sta portando i suoi frutti.
«Da quando è nato il governo Draghi, la tendenza è in salita. Lega intorno al 21, FdI intorno al 18-19, con un aumento di 2 punti percentuali in tre mesi. Non moltissimo, ma significativo e costante», spiega Gigliuto.
«Incassati» questi numeri, il dubbio amletico è il limite a cui Fratelli d’Italia potrà spingersi. «Facciamo un po’ di storia», aggiunge Gigliuto. «FdI sta facendo un miracolo: il risultato massimo di Alleanza Nazionale fu un 15,7% alle Politiche del 1996. Se si votasse domani mattina, il partito della Meloni supererebbe abbondantemente questa cifra, diciamo di tre o quattro punti, e questo è un elemento storico per un partito della Destra italiana. Se esploderà ai livelli del Pd del 2014, del M5S del 2018 o della Lega del 2019 è da vedere. Come lo vedremo? La soglia da tenere sotto osservazione è quella del 20%. Se superasse queste “colonne d’Ercole”, potrebbe navigare in mare aperto».
Dunque, dopo alcuni mesi si può dire che la strategia del presidente di Fratelli d’Italia sta pagando. Ma quanto il successo del partito è legato al successo del suo leader? «In un partito strutturato come Fratelli d’Italia, il leader è un booster, un acceleratore di consenso, anche se in generale un rapporto diretto tra questi due elementi non esiste. È vero che la Meloni sta aumentando la propria visibilità, da ultimo con l’uscita del suo libro. Ma è altrettanto evidente – spiega Gigliuto – che sta adottando una strategia attendista. Non ritiene sia questo il momento di alzare la voce, probabilmente perché sa che le elezioni non sono dietro l’angolo. Eppure, sta cogliendo l’imbarazzo dei partiti di Centrodestra che sono al governo, e ne sta approfittando. Si tratta di una battaglia di posizionamento, questo è chiaro».
Quello che invece sembra meno evidente di prima è quella sorta di «principio dei vasi comunicanti» che si evidenziava a ogni sondaggio tra Lega e Fratelli d’Italia. «Proprio così. Questo principio oggi è vero fino a un certo punto. Per gli italiani – è il pensiero del vicepresidente di Istituto Piepoli – FdI risulta più moderato della Lega, e nelle nostre rilevazioni anche la stessa Meloni è più affidabile di Salvini agli occhi degli elettori di Centrosinistra. Il suo partito sta comunque continuando a erodere voti al Carroccio, ma la novità è che riesce a intercettare anche i voti di elettori delusi dai partiti cosiddetti minori».
Insomma, il rischio che l’Opa non ostile nei confronti nella Lega vada a segno c’è tutto. Cosa succederà poi? «Questo è un dilemma. Quando e se arriverà a essere il primo partito, su Fratelli d’Italia e sul suo leader si accenderanno i riflettori e si concentreranno tutte le attenzioni. In positivo e in negativo».
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