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Francia, abusi, Chiesa: nessuno sa più cosa fare

Giornalista e saggista
Francia, abusi, Chiesa: nessuno sa più cosa fare

Dopo giorni di anticipazioni e indiscrezioni, ora da mezzogiorno del 5 ottobre conosciamo le cifre shock degli abusi sessuali compiuti in Francia, nella Chiesa. Ora sappiamo che sono circa 216mila le vittime di abusi sessuali da parte di preti cattolici in Francia dal 1950 ad oggi. I dati sono contenuti nel rapporto della commissione d’inchiesta voluta dai vescovi e guidata da Jean-March Sauvé. Sauvé ha parlato di un fenomeno “di natura sistemica” ed ha confermato che circa l’80% sono vittime di sesso maschile. “Le conseguenze sono molto gravi – ha detto Sauvé -. Circa il 60% degli uomini e delle donne che hanno subito abusi sessuali incontra rilevanti problemi nella vita sentimentale o sessuale”. La Chiesa non ha saputo vedere, non ha saputo sentire, non ha saputo captare i segnali e le vittime, quando parlavano, sono state criminalizzate e intimidite a loro volta.

Entra totalmente in crisi un modello di sacerdozio che riguarda sia i preti formati e ordinati prima del Concilio Vaticano II sia quelli formati dopo il 1965. Inoltre la sessualità del clero si rivela per quello che è: un problema irrisolto. E di fronte al calo delle vocazioni, è facile immaginare che le debolezze o i problemi di personalità dei candidati vengano giudicati o valutati con condiscendenza per non perdere una “vocazione” quando ce ne sono già poche. Al momento però non c’è un altro modello perché la teologia del dopo-Concilio si è essa stessa incartata – vedere il Codice di Diritto Canonico – su un modello clericale, giustificato in tutte le maniere. Riconoscere l’errore o quanto meno l’esagerazione, sarà non solo doloroso, ma foriero di tendenze scismatiche o scissioniste.

Un bel problema di fronte al quale soluzioni precostituite non esistono. Un po’ come sta accadendo per il “Sinodo” e per la “sinodalità”. Due parole magiche per dire che ci vuole una corresponsabilità e partecipazione a tutti i livelli, ma se alla fine l’ultima parola spetta ai vescovi e ai sacerdoti, non si capisce a cosa serva. Papa Francesco apre una strada, però nessuno ha ancora capito come percorrerla, con quali tempi e modi. Non cosa, si badi bene, ma “come fare” perché andrebbero scrostate tutte le incrostazioni clericali di piccolo e grande livello che impediscono la partecipazione, il parlare chiaro, le decisioni coraggiose di fronte ad una crisi di credibilità così ampia. Del resto la luce in fondo al tunnel non c’è. La formazione dei sacerdoti non è stata rinnovata, la psicologia entra nei seminari solo a piccole dosi e un eventuale altolà dello psicologo verso un candidato può venire tranquillamente superato dal parere del vescovo o del superiore religioso. E la “crisi sistemica” è destinata a proseguire.

Intanto stiamo a guardare cosa accadrà in Francia a partire da oggi. A novembre i vescovi si riuniranno in assemblea plenaria anche per discutere dei risultati della Commissione d’inchiesta. Ma un fatto è già sicuro: nessun cambiamento potrà avvenire a livello di procedure di selezione e formazione, se prima non c’è l’approvazione della Santa Sede. E abbiamo una Chiesa che gira a tre velocità: quella del Papa che pure – forse – vorrebbe se non accelerare, almeno – come dice lui – “avviare processi di cambiamento”.  I quali se pure avviati, devono fare i conti con la velocità o la sordina degli uffici della Curia romana perché le Congregazioni sono competenti su tutte le decisioni concrete da attuare (o far fallire quelle che non piacciono). E poi la terza velocità riguarda i vescovi, nominati in base a criteri a volte niente affatto chiari e comunque capaci di rallentare, ritardare, oppure accelerare. Ma in quest’ultimo caso le conferenze episcopali possono entrare in conflitto con la Curia romana, come accaduto un po’ ovunque nel mondo.

E così si ritorna al punto di partenza di un infinito gioco dell’oca.

A quanto pare ben pochi si rendono conto che tutte le soluzioni tentate non portano a risultati. La crisi è “sistemica” ma nessuno dei nostri protagonisti sembra aver mai letto von Bertalanffy (che ha studiato, appunto, la “teoria dei sistemi”) e von Glasersfeld che ha fatto toccare con mano come ci si costruisca una propria immagine della realtà (costruttivismo) e se non si usa il pensiero critico, si scambia la propria immagine o desiderio della realtà, per la realtà stessa, con conseguenze disastrose (come qui). Come uscirne senza studiare, senza decisioni coraggiose, senza un gruppo deciso a intervenire e non un papa da solo o al massimo con uno sparuto gruppo di otto consiglieri? Risposta facile: insistendo negli errori, non se ne esce!

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