“Conte, mi dispiace, non potrà risolvere [i problemi del M5S] perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione. Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi.” Era il 29 giugno 2021 e Beppe Grillo così si esprimeva sulle abilità politiche di Giuseppe Conte.
Una sfiducia fondata
A me l’avvocato di Volturara Appula ha sempre suscitato profondo sospetto, che è qualcosa di peggio della diffidenza: una sfiducia fondata, non preconcetta, lungimirante. Sarà che ho una idiosincrasia nei confronti di chi si presenta millantando nel proprio curriculm vitae.
Ero rimasto basito il 10 giugno 2018 quando avevo ascoltato la sua inane replica in Parlamento in cui non ricordava il nome di Piersanti Mattarella, già presidente della Regione Sicilia e fratello del Presidente della Repubblica, trucidato da Cosa Nostra. Fu il micidiale balbettio sul “congiunto“, ma anche la gag della “presunzione di colpevolezza” di cui parlerebbe la (sua) Costituzione, in un discorso ufficiale da premier: due topiche esiziali. Ebbi un mal di testa da ribrezzo per tanta mancanza di preparazione, di conoscenza, di statura politica, di adeguatezza alla cornice istituzionale.
Restare all’oggi
Non sto a far qui la cronologia degli spropositi, degli errori, della mancanze, delle incompletezze, delle fregnacce sesquipedali fatte proprie da Giuseppe Conte soprattutto quando lui riteneva di fare affermazioni corrette e magari financo salaci, rinnegate tosto al cambiar della brezza: prenderebbe troppo spazio. Per stare all’oggi, siamo dinanzi a un signore laureato in Legge che ha creduto di poter far astenere il suo partito su un voto di Fiducia al governo senza che questo causasse le dimissioni del premier.
Non amo infatti le dietrologie, e per quanto sia suggestiva l’ipotesi che dietro il M5S si muovano interessi di geopolitica internazionale ben più vasti e articolati di quelli dell’opposizione al termovalorizzatore di Roma (!), sono piuttosto sicuro che alla base del voto del M5S di venerdì scorso ci sia un dilettantismo politico portato a livelli titanici.
Conte, come un’anatra nella pozzanghera
In queste caldissime ore di domenica di luglio, Conte, proprio come quell’anatra nella pozzanghera di cui parlava Sciascia, non fa che starnazzare e ribaltarsi da fermo. Ci sono testimonianze sul fatto che avesse chiesto ai suoi ministri di dimettersi e abbia ricevuto dei marameo di risposta. Conte ha smentito, ma è uno di quei casi in cui la smentita fa più danni della voce. Cosa fa un leader politico dinanzi a una cosa del genere? Li espelle. In alternativa, minaccia le dimissioni e poi si dimette da segretario. Conte, no: mirando a sostituire nel vocabolario il termine di “Zelig”, si adatta a tutto. Oltre il cerchiobottismo. E’ il giuseppicontismo.
L’escamotage, il manrovescio, l’impopolarità subitanea
Quindi l’escamotage dell’astensione dalla Fiducia, ma tenendo i ministri al governo, nella convinzione di poter così esercitare una leva verso Draghi. Ricevuto il manrovescio delle dimissioni del premier e della parlamentarizzazione della crisi imposta da Mattarella, ecco da Conte un bamblinare di posizioni politiche contraddittorie e zig-zaganti. Condite da una immediata e ancora una volta non prevista impopolarità di massa, riverberatasi nei social, nella petizione da 100.000 firme di Italia Viva in favore di Draghi, nella lettera dei 1000 sindaci, nelle prese di posizione delle istituzioni europee e mondiali, come nelle piazze di Roma, Milano, Torino e Firenze.
Sullo sfondo, la voce afona dell’avvocato che convocava una Woodstock di riunioni di ogni organo più o meno dirigente del Mo Vi Mento, nelle quali si verificano i primi segni di cedimento come alle proiezioni aziendali dell’ufficio di Fantozzi: i nove punti! Il termovalorizzatore! Il superbonus! Il reddito di cittadinanza! Le telefonate contro di me del premier! Draghi che deve stigmatizzare Renzi! E… “La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia!” E dire che l’avvocato pugliese pensava di avere inventato, al posto della sfiducia costruttiva, la sfiducia positiva. Ma Draghi non ha apprezzato tanto genio.
Oltre le vette di “Sparecchiavo”
A poche ore dal dibattito alla Camera la posizione politica del cosiddetto leader del M5S nei confronti del governo Draghi raggiunge così le vette sublimi dello “Sparecchiavo” di Mela, la figlia del Conte Mascetti.
E Di Battista vien da Est
Infatti, Conte è ora davanti a un bivio in cui può solo scegliere il male minore: se tiene la barra dritta e porta i “suoi” ministri alle dimissioni – ammesso gli obbediscano – questo porterebbe a una nuova scissione del M5S da parte dei governisti e, forse, alla fine del governo Draghi. Il M5S tornerebbe su posizioni barricadere e preadolescenziali per le quali, tuttavia, il leader bello e col ciuffo non bisognoso di tinta già c’è: Alessandro Di Battista, direttamente da Mosca. Ma non penso che Conte avrà il coraggio politico di praticare questa strada.
Se invece Conte farà giurare ai “suoi” la Fiducia a Draghi, rimangiandosi i toni e i contenuti di questo fine settimana, si troverà comunque ad affrontare una nuova scissione, stavolta da parte dei rivoluzionari al coperto. In più, avrà dato al Paese il calibro della sua inadeguatezza come uomo politico, e sempre Sciascia mi perdoni per l’immeritata iperbole.
Una situazione lose-lose in cui, va detto, era difficilissimo porsi partendo dal guidare il gruppo di maggioranza relativa in Parlamento. Ma anche quello è un record ormai perduto.
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